Covid 19, quando finirà? Lo scienziato Silvestri: tregua in estate, solo allora batteremo il virus

Lo scienziato Silvestri: «La tregua arriverà in estate, solo allora batteremo il virus»
di Mauro Evangelisti
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Giovedì 9 Aprile 2020, 00:55 - Ultimo aggiornamento: 13:10

«Sars-CoV-2 tra i virus non è nemmeno nella lista dei peggiori, lo sconfiggeremo. Dobbiamo aspettarci una tregua nell'aggressività del contagio durante la stagione estiva, ma la vera risposta decisiva non sta arrivando dal clima, ma dalla scienza che mai nella storia ha avuto uno spiegamento di forze così imponente».

Il professor Guido Silvestri, è ordinario e capo dipartimento di Patologia alla Emory University di Atlanta e direttore della Divisione di Microbiologia e Immunologia allo Yerkes National Primate Research Center e membro dell'Emory Vaccine Center. Marchigiano, 58 anni, ormai trapiantato in Georgia, in prima linea tra l'altro nella ricerca sull'Hiv, l'altro giorno su Facebook ha scritto a proposito dell'andamento del contagio nel nostro Paese: «La triplice alleanza di isolamento, immunità naturale ed arrivo della bella stagione sta iniziando a fare effetto in modo significativo in Italia. Poi naturalmente non bisognerà cantare vittoria e mettersi a fare la cicale, ma si dovrà definire la migliore strategia per gestire la transizione pandemia».

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Via mail, da Atlanta, risponde alle domande del Messaggero, partendo da un altro post che ha scritto sulla sua pagina Facebook, in cui semina speranza: «Se è purtroppo inevitabile che Covid-19 farà ancora molti morti nelle prossime settimane e forse mesi, è ancora più chiaro che sarà presto sconfitto dalla nostra capacità di studiarlo e neutralizzarlo».

Professor Silvestri, lei dice che la scienza è mobilitata come non mai per contrastare Covid-19, ma non rischiamo di essere penalizzati dal fattore tempo?
«I progressi della scienza richiedono tempo, su questo non c'è dubbio. Ma siamo nel 2020, e non nel 1918 della influenza Spagnola o nel 1348 della Morte Nera, ed abbiamo a disposizione un armamentario scientifico e tecnologico senza precedenti che abbiamo scatenato contro questo virus. Ci vorrà del tempo, sicuramente, ma molto meno di quello che sarebbe servito in ogni altra epoca della storia umana.

Perché il virus contro cui stiamo combattendo non ha speranze?
«Perché è un virus, non è una entità sovrannaturale o un cavaliere dell'Apocalisse. E, tra i virus, parlando fuori dai denti, non è nemmeno tra i peggiori. Infatti non è capace di nascondersi nel nostro Dna, come invece fa HIV, né è capace di mutare rapidamente per evadere la nostra risposta immunitaria».

Però ha causato decine di migliaia di vittime e bloccato il pianeta. 
«Sta facendo molti danni adesso, perché è nuovo e ci ha trovati biologicamente impreparati, ma nel lungo termine è senza speranza». 

Ci sono progressi importanti della scienza in corso che, come lei osserva, non sempre è facile riportare all'opinione pubblica. Quali sono però i risultati più importanti che ci stanno avvicinando al traguardo, vale a dire la sconfitta del coronavirus?
«Stiamo sviluppando e sperimentando farmaci capaci di inibire direttamente la replicazione del virus e farmaci capaci di ridurre gli effetti collaterali della reazione infiammatoria dell'ospite, che è coinvolta nella patogenesi dei casi più severi. Stiamo anche testando nel modello animale e presto anche in fase clinica una serie di nuovi vaccini contro Covid-19. Al contempo stiamo imparando sempre meglio come trattare i malati, e come gestire i focolai epidemici, grazie agli sforzi dei nostri colleghi medici di terapia intensiva ed epidemiologi. I progressi ci sono, e molto sostanziali».

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L'evolversi dell'epidemia nel pianeta fa pensare che l'innalzamento delle temperature ci aiuterà nei prossimi mesi?
«Direi proprio di sì, ed infatti si moltiplicano i segnali secondo cui Covid-19 è meno contagiosa ed anche meno letale dove fa più caldo. Ai dati di Sud-Est Asiatico, Africa, Paesi del Golfo, America Centrale e Caraibi fa riscontro il marcato gradiente di mortalità Nord-Sud che si riscontra in Italia, in Spagna e qui in America, dove l'80 per cento dei morti si contano negli stati più a Nord (dove però vive solo il 40 per cento degli americani). Ricordiamo che i coronavirus hanno da sempre un andamento stagionale. Infatti, quando ho chiesto al mio amico Ralph Baric professore alla University of North Carolina e scienziato che sta a questi virus come Maradona sta al calcio se il caldo ci aiuterà, la sua risposta è stata: There is no doubt about it, non ci sono dubbi su questo».
 

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