Schlein, Bonaccini o la variabile Ricci: cosa succede al Pd dopo l'addio di Letta? Nomi e scenari

Il congresso sarà a marzo e al Nazareno è già partita la ricerca del nuovo segretario che possa risollevare le quotazioni del partito

Schlein, Bonaccini o la variabile Ricci: cosa succede al Pd dopo l'addio di Letta? Nomi e scenari
di Fausto Caruso
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Lunedì 26 Settembre 2022, 17:27 - Ultimo aggiornamento: 27 Settembre, 00:33

«Per spirito di servizio assicurerò la guida del partito fino al congresso, ma la mia leadership finisce lì. Non mi ricandiderò». Esce di scena a fari spenti Enrico Letta, dopo una sconfitta annunciata ma arrivata con proporzioni superiori a quelle che ci si aspettava nelle stanze del Nazareno. Dopo i proclami sulla necessità di sfilare a Fratelli d’Italia almeno il titolo di primo partito, il 19,1% che i risultati ormai quasi definitivi assegnano al Partito Democratico rende necessaria una scossa. Nella conferenza stampa in cui ha riconosciuto la sconfitta, l’ex premier ha detto che ora «serve un congresso di profonda riflessione» e che una «una nuova generazione» prenda la guida del Pd. La domanda che tutti si fanno è chi sarà il volto di questo nuovo corso.

Pd «un partito da rifondare», Enrico Letta già sulla graticola. E al Nazareno parte il processo

Elly Schlein

Incoronata dal Guardian «stella nascente della politica italiana», Elly Schlein, vicepresidente della regione Emilia-Romagna, è da giorni in tendenza sui social.

In Piazza del Popolo, durante il comizio conclusivo della campagna del Pd, era stata la più cercata per selfie e strette di mano e aveva anche pronunciato un discorso che faceva il verso all’ormai famoso “Io sono Giorgia” di Meloni: «Amo una donna, non sono una madre, ma non per questo sono meno donna», aveva gridato dal palco per poi rincarare la dose: «C’è una bella differenza tra leadership femminile e femminista».

Italoa-americana, attenta ai temi ambientali e sociali considerata la Alexadria Ocasio-Cortez d’Italia, il profilo della Schlein potrebbe corrispondere a quella nuova generazione a cui alludeva Letta nel suo discorso, in grado di dare una svolta in senso progressista al partito. Il paradosso è che una delle candidate di punta alla segreteria del Pd è un’esponente che il Pd aveva deciso di lasciarlo nel 2015, in disaccordo con la segreteria Renzi, per fondare un partito indipendente risultato poi decisivo per la vittoria del centrosinistra alle ultime regionali dell’Emilia-Romagna. L’obiettivo di Schlein è quello di rimettere la sinistra in contatto con sindacati e lavoratori, da cui ritiene il Pd si sia troppo allontanato. La domanda su di lei e se abbia già le spalle larghe per puntare alla segreteria oppure rischi di bruciarsi troppo presto.

Stefano Bonaccini

Il secondo candidato è appena un gradino più alto di Schlein nella giunta emiliana. Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna, è stato uno dei personaggi più in vista durante la pandemia in quanto presidente della conferenza Stato Regioni. Accreditato già da prima delle elezioni come successore di Letta, il nodo principale che dovrebbe affrontare sarebbe l’eventuale ricucitura delle alleanze di centrosinistra, soprattutto quella con i Cinquestelle. «Il problema non è stato il campo largo, ma non averlo avuto», ha dichiarato in proposito l’ex segretario e governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, portando il tema al centro del dibattito. Il rapporto di Bonaccini con i grillini è sempre stato altalenante: nella giunta regionale da lui guidata sono all’opposizione e dopo la caduta del governo Draghi, il governatore era stato tra i primi a dire che sarebbe stato «impossibile allearsi come se nulla fosse», salvo poi aprire a un nuovo dialogo dopo le elezioni.

 

Dopo i risultati delle urne, Bonaccini è stato tra i primi a congratularsi con la vincitrice Giorgia Meloni su Twitter, senza lasciarsi a troppi commenti: «L'affermazione della destra è chiara. Complimenti a Giorgia Meloni». Saprà imporre la propria personalità su quella più travolgente della propria vice? In Emilia il Pd ha un risultato molto più consistente rispetto al dato nazionale: il 28% lo mette davanti al 25% ottenuto da FdI, ma la coalizione è comunque dietro a quella di centrodestra, segno che la spinta dell’Emilia non è più quella di una roccaforte rossa.

Matteo Ricci

Anche il terzo “candidato” alla segreteria viene dal territorio, dal cosiddetto partito dei sindaci: Matteo Ricci, primo cittadino di Pesaro, vicepresidente dell’Anci e coordinatore dei sindaci del Pd. Anche nella circoscrizione di Pesaro il Pd ha fatto meglio del dato nazionale, ma il 21,5% molto dietro al 27% di FdI. Rispetto agli altri due profili si tratta di un outsider, ma nel tweet che ammette la sconfitta del Pd, Ricci sembra però avere le idee ben chiare: «Sconfitta dolorosa e pesante. In bocca al lupo a Giorgia Meloni. Dovremo fare un’opposizione dura, ricostruire e ripensare tutto dal basso. Due cose già da dire: il problema non era il campo largo, ma non essere riusciti a farlo. Ripartiamo dai sindaci progressisti e riformisti».

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