Bruno Vespa

Progetto analcolico. Il nostro vino, un’eccellenza che va tutelata

di Bruno Vespa
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Domenica 9 Maggio 2021, 00:00

Un vino senza alcol è come un corpo senz’anima. Da appassionato di vino, e ovviamente anche da produttore, considero l’idea stessa una blasfemìa inaccettabile. Gli italiani stanno imparando sempre di più a bere poco, ma bene. E la bevuta di un vino analcolico che bevuta è? La filosofia, come usa dire, del mio enologo Riccardo Cotarella e mia è di produrre vini sani e bevibili, anche con una gradazione non sempre bassa.

Quando ho cominciato a mettere il vino sul mercato ho detto ai miei agenti: dite ai vostri clienti che se hanno un mal di testa dopo aver bevuto un nostro vino li rimborsiamo. La globalizzazione porta stranezze, per non dire di peggio. Capisco che nei Paesi asiatici ci sia richiesta di vini a bassa gradazione, anche se il nostro Primitivo di Manduria – che ha un bel corpo – è apprezzato da Whuan a Singapore, da Saigon a Rangoon.

Ma guai ad annacquarli. 

Capisco che l’Organizzazione internazionale della vigna e del vino voglia tenerli all’interno della famiglia vinicola per evitare che diventino appannaggio di categorie merceologiche equivoche. Ma oltre un certo limite non si può andare. Il successo mondiale del Prosecco dipende anche dalla bassa gradazione. Ma fermiamoci. Facciamo conoscere le nostre eccellenze, che hanno ancora molto cammino da compiere. Tanta gente che non ha mai bevuto un buon bicchiere ne resta affascinata. Mi auguro che Italia, Francia e Spagna sappiano vigilare su un patrimonio ineguagliabile. Ma guai a parlare, dopo la birra analcolica, di vino analcolico.

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