Carlo Nordio
Carlo Nordio

Variabile procura/ I timori che frenano il lavoro dei medici

di Carlo Nordio
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Giovedì 11 Marzo 2021, 00:32

In un rispettoso appello al generale Francesco Paolo Figliuolo - nuovo commissario Covid e più o meno plenipotenziario nella distribuzione dei vaccini - il professor Roberto Burioni, noto virologo, ha rievocato la ritirata di Dunkerque, quando Churchill impiegò tutti i battelli disponibili, dagli yacht più lussuosi alle bagnarole più malridotte, per rimpatriare le sue truppe ingabbiate dalle divisioni tedesche.

L’operazione, anche per merito dell’ammiraglio Ramsay, riuscì al di là delle aspettative, e il corpo britannico fu quasi totalmente rimpatriato. Winston parlò di un miracolo, anche se, ammonì prudentemente, «wars are not won by evacuations»: le guerre non si vincono con le ritirate. In realtà fu proprio una sua vittoria, senza la quale il grande statista sarebbe forse stato allontanato, e il pacifista Lord Halifax avrebbe convinto gli inglesi alla negoziazione, cioè alla resa. 

Orbene, il concetto sacrosanto espresso dal professor Burioni, è che nei momenti di emergenza bisogna usare tutti i mezzi disponibili, anche a costo di allentare le regole. Per conto nostro potremmo aggiungere che quando, nel settembre del 1914, i tedeschi arrivarono alle porte di una Parigi quasi sguarnita, la capitale fu salvata (anche) dai tassisti della Marna, che con i loro trabiccoli portarono al fronte interi battaglioni.

Perché questi due esempi calzano perfettamente ai nostri giorni? Perché il problema dell’ approvvigionamento dei vaccini - che dipende (ahinoi) dall’Europa - si coniuga con quello della somministrazione, che invece dipende dallo Stato, sul quale grava la cappa asfissiante di un’inestricabile proliferazione legislativa.

Su questa distribuzione il precedente governo ha creato dei pasticci incredibili, aggravati dal germogliare di idee stravaganti come le “primule”, dal mancato coordinamento con le Regioni, e dalle solite furbate degli abusivi intrufolatisi nelle liste, scavalcando le persone più anziane e più fragili. Ma questo era prevedibile. 

Ora, l’autorevolezza e la capacità del premier Draghi e della troika tecnica (Gabrielli- Figliuolo-Curcio) ci danno adeguate garanzie di efficienza e imparzialità. E tuttavia neanche loro possono fare miracoli, perché si trovano di fronte - tanto per restare in campo bellico – l’impenetrabile Maginot del burocratichese. 

Il risultato è che, come ha scritto Ilaria Capua, mentre servono due minuti per l’inoculazione di un vaccino, spesso ne servono venti per la redazione, la lettura, la spiegazione e la firma dei moduli. E così il processo rallenta, e talvolta si inceppa.

A questa maledizione si associa la cosiddetta medicina difensiva. E insieme fanno danni incalcolabili. 

Cos’è la medicina difensiva? È quella tendenza di medici e operatori sanitari a cautelarsi il più possibile contro le aggressioni giudiziarie che in questi ultimi decenni li hanno tormentati, umiliati e offesi. Migliaia di indagini penali e di cause civili sono state instaurate senza nessun fondamento, solo per lucrare denaro da parte dei pazienti o dei loro familiari, interpretando il concetto di “diritto alla salute ” come pretesa di vivere sani e a lungo, nella tradizione dei patriarchi Mahalalel e Matusalemme che morirono quasi millenari. 

Mentre la stessa Costituzione non garantisce affatto il diritto a star bene, circostanza che dipende in parte da noi e in parte dal caso, ma semplicemente a proteggerci da interferenze ostili e a godere di cure adeguate.

Resta il fatto che in base a questo equivoco, anche i chirurghi sono costretti a usare la penna e i moduli più del bisturi e degli strumenti, sottraendo tempo a interventi urgenti e delicati. Superfluo aggiungere che, sempre in funzione cautelativa, vengono spesso prescritti esami inutili e invasivi, talvolta rischiosi per il paziente, e sempre costosi per le esauste finanze pubbliche. E poiché varie associazioni, assistite da agguerriti legali, sono pronte e intervenire per lamentare danni e chiedere risarcimenti, è naturale che per molti camici bianchi, al timore di difendersi dal Covid, subentri quello di doversi difendere in tribunale. 

La vaccinazione in atto può essere un’occasione per correggere questa situazione demenziale. Occorre eliminare i riti e i tempi superflui che ritardano la somministrazione delle dosi, perché questo può salvare migliaia di vite. Occorre rivedere la legge Gelli sulla responsabilità dei sanitari, e magari attribuire loro le stesse garanzie che sono conferite a noi magistrati davanti alle aggressioni giudiziarie. 

Occorre in definitiva stracciare gran parte di quelle cartacce inutili e dannose, sostituendole con le fiale e le siringhe, e convertire la minaccia di querele e citazioni in confidente affidamento verso la scienza e coscienza dei professionisti. Questo non sarebbe un ritorno al passato delle baronìe impunite, ma un balzo verso una sanità più snella ed efficiente, e anche più sicura. Perché il medico intimorito è un pessimo medico, come il magistrato prevenuto è un pessimo giudice. E il pericolo di finire nelle mani dell’uno o dell’altro deve ispirarci un salutare terrore. 

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