Alessandro Orsini

Leader al tavolo/ Le ipotesi di accordo per uscire dalla crisi

di Alessandro Orsini
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Lunedì 28 Febbraio 2022, 00:16

La guerra in Ucraina investe gli interessi nazionali dell’Italia e il suo futuro. Un evento così tragico impone di sviluppare un’analisi realista che includa la dimensione strategica del problema e quella umanitaria. Iniziando da quest’ultima, chiariamo subito che la guerra è persa perché la Russia ha continuità territoriale con l’Ucraina. Putin non trova ostacoli nel trasferimento dei soldati verso Kiev. Se anche Kiev dovesse resistere, Putin potrebbe inviare fino a 180.000 soldati, quelli già schierati lungo i confini. Giorno dopo giorno, escalation dopo escalation, Kiev verrebbe coventrizzata giacché la Russia ha utilizzato soltanto l’uno per cento del suo potenziale bellico. Non abbiamo visto ancora niente. Questo non è lo sbarco anfibio americano ad Okinawa nella seconda guerra mondiale. La geografia conta. Nel trasferirsi dalla Russia in Ucraina, i soldati di Putin non fronteggiano alcun nemico. Non devono sparare contro i soldati francesi, inglesi o americani; devono soltanto avanzare pressoché indisturbati. La sproporzione di forze è troppo grande e crescerà con il passare dei giorni. Certi entusiasmi per la resistenza momentanea degli ucraini sono ingiustificati e persino pericolosi perché alimentano fantasie di vittoria prive di realismo. D’altra parte, Biden ha giustamente affermato che l’alternativa alle sanzioni sarebbe la terza guerra mondiale, ma noi sappiamo che le sanzioni che l’Europa applicherà contro la Russia si ritorceranno contro l’Europa stessa e, più in particolare, contro la Germania e l’Italia.

Come possiamo uscire da questa guerra prima che la popolazione di Kiev sia decimata dalle terribili bombe a vuoto che uccidono per implosione? Ecco la risposta: occorre assicurare a Putin che l’Ucraina verrà demilitarizzata e che non entrerà nella Nato. In cambio, bisogna ottenere da Putin l’assicurazione che l’Ucraina sia libera di entrare nell’Unione Europea. Una simile soluzione offrirebbe all’Ucraina e all’Italia vantaggi di breve e di lungo periodo. Nel breve periodo, molti ucraini avrebbero la vita salva, che è la questione più importante; nello stesso tempo, l’Italia vedrebbe nascere, nel cuore dell’Europa, una nuova potenza pacifista e senza armi, la nuova Ucraina, con cui costruire un asse strategico.

L’Italia non può partecipare alle guerre direttamente, per via della sua Costituzione, e nemmeno indirettamente, per via di una legge del 1990 che le proibisce di vendere armi ai Paesi in stato di conflitto armato.

Mentre la Francia e l’Inghilterra potrebbero fare profitti con una guerra in Europa, l’Italia non potrebbe compensare le perdite causate dalla crisi energetica con i guadagni dell’industria militare. In sintesi, a causa della struttura delle relazioni internazionali forgiata dalla seconda guerra mondiale, l’Italia, a differenza di Stati Uniti, Francia e Inghilterra, può soltanto avere danni dalle guerre. Ne consegue che l’Italia ha un interesse strategico alla nascita di un’Ucraina demilitarizzata e al di fuori della Nato, ma che, nello stesso tempo, sia parte dell’Unione Europea affinché l’economia italiana della pace prenda il sopravvento sull’economia della guerra. A differenza di quel che molti credono, la preoccupazione principale di Putin non è l’orientamento ideologico dell’Ucraina.

A Putin non interessa che l’Ucraina sia democratica o autoritaria. Gli interessa che la Nato non piazzi le proprie armi al confine con la Russia. Questa logica è tipica delle grandi potenze, le quali proibiscono ai Paesi confinanti di rappresentare una minaccia alla propria sicurezza nazionale. Putin sta facendo con l’Ucraina nel 2022 ciò che Kennedy ha fatto con Cuba nel 1962. Kennedy impedì a Castro di ospitare i missili sovietici; Putin impedisce a Zelensky di ospitare i missili americani. La logica delle grandi potenze è meno ideologica di quanto non si creda. Gli Stati Uniti sono ottimi amici di Stati autoritari purché questi abbiano una linea di politica estera favorevole agli interessi americani. Allo stesso modo, la Russia è alleata dell’Armenia, che è un Paese democratico o, comunque, sulla via della democrazia. Russia e Armenia fanno addirittura parte della stessa alleanza militare, il Collective Security Treaty Organization (Csto), senza considerare che l’attuale primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, è giunto al potere con una protesta popolare democratica nel 2018 o “velvet revolution”. Putin può convivere con un’Ucraina democratica, ma non può convivere con una Ucraina nella Nato. Avanzi l’Italia; avanzi la pace. 


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