Paolo Balduzzi
Paolo Balduzzi

Sussidi e riforme/ La doppia velocità contro la crisi

di Paolo Balduzzi
5 Minuti di Lettura
Venerdì 18 Marzo 2022, 00:06

Diciamo la verità: affrontare una pandemia e, durante quella pandemia, dover gestire anche una guerra tra le più inaspettate, proprio alle porte dell’Europa, non è un compito facile. Di certo, paragoni nella storia recente del nostro paese non se ne possono fare. Tuttavia, si tratta di eventi che stanno interessando tutto il mondo e, in particolare, tutti gli altri paesi europei: Germania, Francia, Spagna, per esempio, ma anche la Gran Bretagna che, pur non essendo più un membro dell’Unione monetaria, non smette di essere un importante paese di riferimento nell’orizzonte continentale. Tutti i governi di questi Paesi stanno combattendo per affrontare dei pericoli globali e per assicurare, ai propri cittadini e alle proprie imprese, un clima il più possibile sereno e, soprattutto, di speranza. Una speranza che però, a leggere l’intervista di ieri sul “Messaggero” a Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, nel nostro paese si è ridotta al lumicino. E in maniera giustificata. Non c’è nulla di più sconfortante che assaporare una ripresa economica e poi accorgersi che questa si allontana ancora. Sembra Achille che tenta di raggiungere, senza successo, la tartaruga che lo precede. O, più romanticamente, di cercare dove nasce un arcobaleno.

Certo, la colpa dell’ennesimo stop non la si può ascrivere ai nostri politici: ma le modalità di reazione appaiono di certo criticabili. Avrà anche le sue ragioni il ministro Cingolani a protestare contro gli aumenti del prezzo del carburante; ma, ad oggi, se c’è qualcuno che sta davvero speculando sull’inflazione e sul caro benzina, questo è piuttosto lo Stato italiano. “Stabilizzatore automatico” si chiama, in gergo tecnico. “Farci la cresta”, invece, in alcune parti d’Italia: i prezzi salgono, le imposte calcolate sul valore delle merci anche. Di ciò, naturalmente, non ha alcuna responsabilità il governo Draghi: sono dinamiche introdotte un’era fa. Il problema è che durante una crisi sanitaria, economica e diplomatica come quella che stiamo vivendo, un qualche correttivo andrebbe introdotto. Di fronte al gettito aggiuntivo ricevuto dallo Stato, che qualcuno ha calcolato in centinaia di milioni di euro al mese, la proposta di uno sconto di qualche centesimo di euro sul prezzo del carburante, attraverso la sospensione delle accise, non sembra però adeguata. Peraltro, non certo in sintonia con l’enfasi data al Piano nazionale di ripresa e resilienza e alle riforme collegate che, si ricorderà, ruotava proprio intorno al superamento della politica dei bonus: figli, bonus energetici, bonus televisione, bonus decoder, bonus cultura, bonus occhiali, bonus sport, e così via. Tutte misure che davano – e danno – l’idea di mancanza di un vero e proprio progetto di sviluppo ma solo di interventi per tamponare qualche crepa, il cui solo effetto è quello di rinviare quel problema al futuro quando, probabilmente, si ripresenterà anche con maggior gravità.

Nessuno pensa che a una situazione straordinaria non si possa rispondere con misure straordinarie: se alcuni prezzi sono fuori controllo, è ammissibile un intervento temporaneo di contenimento dei prezzi stessi.

Ma quando l’emergenza diventa motivo, più o meno esplicito, per rimandare le riforme davvero necessarie, qualche dubbio s’insinua nel cittadino. Al momento, l’unico vero passo in avanti sul riordino della politica dei bonus tanto criticata anche nel recente passato è l’introduzione dell’assegno unico universale per figli; ma nel frattempo sono restate al palo la riforma dell’Irpef, di cui è stato fornito un assaggio con la legge di bilancio ma la cui delega è impantanata in Parlamento da mesi; la riforma della giustizia, legata a sua volta all’esito dei prossimi referendum; la transizione energetica ed ecologica; la riforma della burocrazia, vero scoglio dello sviluppo economico e origine di tutti i mali. Che cosa ferma, infatti, la diffusione di parchi solari nel Paese del sole, la costruzione di pale eoliche off shore, gli impianti di estrazione e rigassificazione nel mar Adriatico? Se per realizzare ogni opera progettata serve il permesso di dieci enti diversi e ognuno di questi ha di fatto un potere di veto, si fa davvero prima a chiedersi se ci conviene di più perseguire qualche forma di autonomia energetica o se non sia più semplice comprarsi il petrolio estratto dall’altra parte del mondo. «Per fare le riforme ci vuole tempo»: è un’affermazione sentita tantissime volte.

Ed è un’affermazione corretta, indiscutibile. Soprattutto quando i partiti giocano di rimando. Il problema è quando questa affermazione assume il sapore della scusa, come se concentrarsi su una riforma strutturale sia alternativo alle politiche congiunturali, ai bonus e ai ristori straordinari. È incredibile l’evidente incapacità di alcuni partiti di ragionare a due velocità: quella del breve periodo, che dia il giusto conforto immediato alla cittadinanza e al sistema economico, e quella di lungo periodo, che invece getterà le basi per vivere, lavorare, investire in condizioni migliori nel futuro. Naturalmente è facile prendersela con il governo, ma che dire del Parlamento, organo che questa visione lunga dovrebbe avercela per definizione? Ma, si sa, a un certo personale politico manca il tempo di concentrarsi sul lungo periodo, troppo impegnato tra una elezione e l’altra e a ripetere che «per fare le riforme ci vuole tempo». Ma questo tempo è ormai diventato come la pazienza di famiglie e imprese: due beni sempre più scarsi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA