È da salutare positivamente il tentativo dell’opposizione di trovare un accordo per sfidare il governo sul problema della Sanità: così si può fare dialettica politica e non uno spettacolo deprimente di scontro sugli slogan e sugli stereotipi. Che la situazione del nostro sistema sanitario sia problematica non lo nega nessuno e già questo significa che il governo e la sua maggioranza hanno tutto l’interesse a rispondere a questa sfida.
Non significa purtroppo che il confronto approfondito sui problemi sia garantito. Da una parte e dall’altra si può finire sul solito ritornello dell’aumentare gli stanziamenti per la sanità, aumentare il numero e le retribuzioni di medici ed infermieri, accorciare quantomeno le liste d’attesa per esami ed interventi. Non che si tratti di aspetti di scarsa importanza: è che non si risolverà molto se non si inseriscono questi e altri in un quadro che è molto complesso.
Il primo punto è che a gestire i fondi della Sanità sono le regioni, non tutte specchi di efficienza e di buona managerialità in questo settore. Si ventila l’ipotesi di controlli sull’effettivo e efficace utilizzo dei nuovi fondi (in parte possono venire anche dal Pnrr), ma non si può fingere di non sapere che si tocca uno dei gangli delicati del potere politico: non di una parte politica, ma più o meno di tutte. Mettere mano non ad una astratta razionalizzazione della spesa, ma ad un suo efficientamento solleva un mare di contenziosi: da quelli campanilistici dei piccoli ospedali a quelli ben più pesanti degli interessi corporativi e commerciali che sollevano gli investimenti in infrastrutture complesse.
La questione dell’aumento delle retribuzioni a medici e infermieri è anch’essa tutt’altro che banale. Intanto perché gli infermieri sono in una posizione senz’altro più penalizzata dei medici, che in molti casi hanno la possibilità di esercitare in parte in libera professione nelle strutture ospedaliere il che integra i loro stipendi, cosa che è difficile possano fare gli infermieri. In secondo luogo perché ci sono differenze nei carichi, anche psicologici, che ci sono a seconda dei vari settori di impiego. Tutto questo come si può facilmente immaginare implica che qualsiasi intervento in questi campi comporta trattative sindacali e corporative piuttosto ardue, sempre per tacere delle differenze che ci sono nelle varie “sanità regionali”. Terreni minati per l’intervento dei partiti.
Non andrebbe poi sottovalutato il tema della medicina di base e di territorio, che è più che problematica. Anche qui ci sono questioni di numeri per coprire i posti, che andrebbero anche aumentati (difficile che un medico possa prestare assistenza domiciliare ai più fragili con migliaia di pazienti), questioni enormi legate per esempio alle dislocazioni territoriali, ma soprattutto si riscontra la carenza di quelle che si definiscono a volte case della salute di comunità, cioè qualcosa che non è un ospedale nel senso normale del termine, ma è di più dello studio di un singolo dottore dotato di pochissime strutture.
Infine ci permettiamo di segnalare un tema che ci pare abbia scarsa attenzione: il ruolo di educatore che un buon medico dovrebbe poter esercitare istruendo i suoi pazienti ad avere cura della salute, a tenere comportamenti salutari e via dicendo. Si tratta di un compito che richiede la possibilità per il medico, ma vorrei dire anche per un buon infermiere il cui ruolo non va svalutato, di intrattenere relazioni distese con i suoi pazienti, cosa possibile solo in contesti in cui i rapporti numerici fra personale medico e pazienti sono tali da consentirli e in cui il lavoro dei primi non è tale da stressarli oltre i limiti tollerabili. Dopo di che anche un po’ di formazione di medici e infermieri al rapporto di sostegno ai pazienti andrebbe messo nel conto. Un tempo ciò avveniva nell’esercizio quotidiano delle attività con le prassi di trasmissione dei saperi e delle esperienze, ma anche questo richiede condizioni di impiego e culture che oggi sembrano scarseggiare.
Insomma il compito davanti a cui, se davvero si riuscirà ad aprire un confronto sul tema della sanità, si trovano le opposizioni e il governo con la sua maggioranza non è di quelli da politica-spettacolo. Tutti devono sapere che la gente (e davvero è opportuno usare questo termine) si aspetta molto su questo terreno dove le problematiche sono molte e avvertite: per ragioni facilmente intuibili da una popolazione anziana in crescita, ma anche dal resto della popolazione, vuoi perché di quella componente si deve far carico, ma vuoi anche perché la fruizione di una buona salute in contesti come quelli attuali non è una cosa che arriva da sé e che si può dare per scontata neppure per le fasce d’età giovane e media.
La classe politica e i partiti devono acquisire la massima consapevolezza in queste materie e sfuggire alla tentazione di usare un tema sentito dalla gente per fare un po’ di populismo a buon mercato. È il classico terreno dove la serietà e l’impegno premiano tutti quelli che li esercitano, si trovino al governo o all’opposizione. Nelle urne i buoni propositi sulla Salute portano più voti di tutte le bandierine che si possono sventolare, a patto di non trasformare in una di quelle anche la riorganizzazione del sistema sanitario.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Paolo Pombeni
Il cantiere aperto / La sfida sulla Sanità decisiva nelle urne
di Paolo Pombeni
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 13 Settembre 2023, 23:53
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout