Luca Diotallevi
Luca Diotallevi

Zone d'ombra / La cortina di fumo che impedisce di fare le riforme

di Luca Diotallevi
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Martedì 31 Gennaio 2023, 23:54

Siamo su Marte oppure qualcuno “ci marcia”? La domanda si impone ascoltando la maggior parte di coloro che vorrebbero che di presidenzialismo neppure si parlasse. Dicono: «Introdurre il presidenzialismo in Italia equivarrebbe a …»; e giù i più feroci giudizi e le più tetre previsioni. Del tipo: il presidenzialismo «può mettere addirittura a rischio la stessa democrazia».
Alcuni timidamente provano a rispondere: ma che forse i regimi presidenziali, come quello statunitense, non sono democratici? Altri provano a precisare: per la verità la attuale presidente del Consiglio alle Camere ha proposto il semi-presidenzialismo francese come punto di partenza per il confronto, che forse la Francia non è democratica? Forse qualcuno si è dimenticato quante voci del centrosinistra dalla fine degli anni ’70 hanno avanzato la stessa proposta.
L’impressione di non essere affatto su Marte, ma che qualcuno invece “ci marci” diventa più forte quando, scorrendo la più recente letteratura scientifica internazionale, si scopre che il sistema politico italiano viene già annoverato tra quelli “presidenziali”. Tra gli altri, e con un simpatico eufemismo, Lauvax e Le Divellec hanno definito il caso italiano come «forma di governo parlamentare a correttivo presidenziale». 
Del resto, anche senza essere esperti, basta tornare con la memoria ai mandati di Scalfaro e di Napolitano (si potrebbe risalire a Pertini) per vedere anche a occhio nudo la quantità e la straordinaria portata politica delle decisioni prese dal Quirinale proprio mentre si alimentavano i riti ed i miti secondo i quali al Quirinale risiederebbe niente di più che un arbitro neutrale, un puro e semplice notaio della Costituzione.
Insomma, se torniamo da Marte, non facciamo fatica a renderci conto che in Italia un bel po’ di presidenzialismo già c’è e che, dunque, in discussione non è affatto se introdurre il presidenzialismo, ma se continuare con questo presidenzialismo “solo di fatto” oppure cercare qualcosa di meglio.
Per proseguire servono un paio di precisazioni. In primo luogo, chi ha esercitato sinora questo presidenzialismo “solo di fatto” non ha violato alcuna norma. Semmai, nel perfetto rispetto della legalità, ha semplicemente portato alla luce e sfruttato una possibilità che la legge non escludeva e che, al momento della redazione della carta costituzionale, alcune condizioni di fatto (quali ad esempio la presenza di grandi e coesi partiti politici) non aveva posto in piena luce. In secondo luogo, non è assolutamente realistico pensare di poter sulla carta definire e limitare alcun potere politico in modo preciso ed una volta per tutte. Le circostanze politiche cambiano e quasi sempre in modo e con effetti imprevedibili; qualcosa che sembrava chiaro cessa di esserlo e qualcosa che non si era considerato realistico diventa praticabile. È proprio per queste due ragioni che in democrazia si fanno le riforme, ed è proprio per queste due ragioni che la nostra Costituzione prevede esplicitamente che questa materia sia tra quelle suscettibili di riforma.
Insomma, il fuoco di sbarramento alzato contro il presidenzialismo è più fumo che sostanza. Non può sbarrare, ma può avvelenare. Questo fumo di sbarramento è una cortina che si può e si deve superare perché è solo al di là di essa che si trovano le questioni serie, quelle di cui si può e si deve discutere senza pregiudizi. Prima tra tutte: vogliamo rimanere in un presidenzialismo “solo di fatto” o vogliamo passare ad un regime in cui i poteri siano più e meglio bilanciati, il loro esercizio sia reso più responsabile, i limiti siano tracciati per quanto possibile in modo più trasparente ed efficace?
Un volta superata, al di là di quella cortina fumogena diventerebbero meglio visibili un paio di cose molto interessanti. Chi si oppone a presidenzialismo (Usa) e semipresidenzialismo (Francia), in genere si oppone anche a cancellierato (Germania) e premierato (Gran Bretagna) o simili. Chi alza la cortina fumogena contro il presidenzialismo si oppone a tutto quanto restituirebbe lo “scettro al principe”, si oppone a tutto quanto restituirebbe agli elettori il potere di scegliere il governo. I difensori di un presidenzialismo “solo di fatto” è questo che vogliono evitare: che maggioranze e governi siano scelti dagli elettori. Al contrario, presidenzialismo, semipresidenzialismo, cancellierato, premierato (e simili) è questo che garantiscono: che maggioranze e governi siano scelti dagli elettori. 
I margini di una discussione seria ed aperta ci sono, ma stanno oltre la cortina fumogena alzata a priori contro il presidenzialismo, ovvero alzata a difesa di un presidenzialismo “solo di fatto”. Il nostro è già un Paese segmentato territorialmente ed il centralismo ha aumentato la forbice, non l’ha affatto ridotta. Semmai il centralismo ha foraggiato i parassiti della intermediazione politica (don Luigi Sturzo riteneva che il federalismo servisse ancor più al Mezzogiorno d’Italia che al Nord del Paese).
Allo stesso modo, anche in Italia la azione penale è già tutt’altro che obbligatoria. È infatti inevitabile che le risorse di un pubblico ministero siano limitate, a partire dalla risorsa tempo. Uno o anche mille pubblici ministeri potrebbero forse perseguire simultaneamente e con le stesse risorse tutte le notitiae criminis di cui si venisse a conoscenza? No. Inevitabilmente, dunque, e giustamente i pubblici ministeri debbono scegliere, debbono adottare priorità. Però, è solo se si supera la cortina fumogena alzata a difesa della pura e semplice obbligatorietà della azione penale che appare la questione vera: esiste un posto al mondo nel quale la inevitabile scelta di ordinare per priorità la azione penale da parte dei Pm non è sottoposta a responsabilità? 
E, di conseguenza: è adeguato ed efficace il modo con cui la azione inevitabilmente discrezionale del pubblico ministero è sottoposta a responsabilità nel caso italiano? Ancora una volta, solo dopo aver superato la cortina fumogena alzata a difesa del mito della obbligatorietà della azione penale si scopre che il problema è reale e che le buone soluzioni a disposizione sono tante, ma – ancora una volta – tutte indigeste a chi alimenta la cortina fumogena.
Se superiamo queste ed altre cortine fumogene, il discorso sulle riforme diviene ampio, serio e utile, e buone riforme divengono finalmente possibili. Altrimenti gli spazi in ombra delle nostre istituzioni continuano ad essere troppo più ampi rispetto a quelli illuminati.
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