Carlo Nordio
Carlo Nordio

Riforma Cartabia/ Il passo avanti sulla giustizia e la fermezza del governo

di Carlo Nordio
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Lunedì 8 Novembre 2021, 00:06

Con un Decreto Legislativo di pochi giorni fa, il Governo ha dato attuazione alla Legge del 22 Aprile scorso che, recependo una direttiva europea, mira a rendere più effettiva la presunzione di innocenza prevista dalla nostra Costituzione. Per realizzare lo scopo, è prevista una limitazione da parte dei Pm e della Polizia Giudiziaria nella divulgazione degli atti dell’inchiesta, ed è imposta una particolare attenzione nell’uso delle parole quando si riferiscono alla persona che ne è oggetto. Badate - dice in sostanza la legge - a non chiamare colpevole chi non sia stato definitivamente condannato. Nel Consiglio Superiore della Magistratura, investito di un parere preventivo, è intervenuta una novità. Due membri si sono opposti suonando il consueto mandolino piagnucoloso del bavaglio agli inquirenti e alla stampa libera. Ma la novità non sta in quello che hanno detto loro. Sta in quello che hanno detto, o non hanno detto, gli altri componenti. Salvo il rilievo di qualche criticità tecnica, tre si sono astenuti e tutti gli altri hanno votato a favore. Un miracolo.

A prima vista, di questa Legge si potrebbe dire quello che si disse in altre più importanti circostanze: ciò che vi è di buono non è nuovo, e ciò che vi è di nuovo non è buono. In effetti, i saggi princìpi in essa enunciati a tutela dell’indagato erano già consacrati in precedenza: nella Costituzione, con il citato artico 27; nell’ordinamento giudiziario, che devolve al solo Procuratore Capo - o a un suo delegato - il potere di interloquire con la stampa; e infine dai codici penale e procedurale che definiscono il segreto istruttorio e ne sanzionano le violazioni. La legge in questione ha inteso ribadire e integrare queste clausole per la semplice ragione che erano sempre state trasgredite. Vedremo se funzionerà. Quanto alle novità non buone, esse consistono nel sovraccarico di lavoro per gli uffici giudiziari, essendo previsti vari tipi di ricorso, senza risorse aggiuntive. La norma di chiusura finanziaria dice infatti sostanzialmente: arrangiatevi con quello che avete. 

Ma le cose non stanno proprio così. Anche questa normativa, come la precedente riforma Cartabia, è un piccolo passo per la tutela della dignità del cittadino ma un balzo gigantesco sotto il profilo giuridico e politico. E’ un piccolo passo, perché gli investigatori, e i Pm in particolare, continueranno a disporre di mezzi ben più aggressivi delle conferenze stampa per delegittimare o - come disse una volta autorevolmente l’on. D’Alema - “sputtanare” i cittadini.

Usando, ad esempio l’arma insidiosa delle intercettazioni (telefoniche, ambientali, direzionali e ora anche con il trojan) potranno selezionare conversazioni compromettenti e bersagli opportuni. E questo potrà avvenire sia in modo anomalo, non vigilando sulla loro custodia e consentendone di fatto la consegna a terzi, sia nella più perfetta legittimità: sarà sufficiente che nelle richieste di custodia cautelare - o in quelle di altro tipo - vengano trascritti i brogliacci della polizia giudiziaria nella parte che fa comodo, ed entro poche ore finiranno sui giornali. E poiché la demenziale e vergognosa disciplina attuale delle intercettazioni non è stata riformata, tutto resterà più o meno come prima. 

Ma perché allora è un grande balzo? Perché dimostra, anche qui per la prima volta, una coraggiosa iniziativa della politica nei confronti di una magistratura che nell’ultimo quarto di secolo ne ha usucapito l’autorità, con una pressione continua, ininterrotta e pubblica, anche se non sempre pacifica. Una pressione subita, e talvolta assecondata, da una classe dirigente intimidita e codarda. 

Orbene, una legge simile avrebbe trovato fino a ieri nel Csm un’opposizione feroce, come fu quella riservata al ministro Castelli quando riformò timidamente l’ordinamento giudiziario. E qui sorge la domanda: l’adesione del Csm è avvenuta perché la politica è diventata più forte, o perché la magistratura è diventata più debole? Risposta: per entrambe le ragioni. Da una lato l’autorevolezza, e l’intangibilità, del binomio Draghi-Cartabia, hanno confermato il “prendre ou laisser” che contrassegna quasi tutti i recenti provvedimenti. E dall’altro la magistratura, o meglio la parte più vociferante di essa, è così decaduta nella stima popolare e divisa al suo interno che la sua forza interdittiva è quasi azzerata. Il Csm, che dopo lo scandalo Palamara ha rischiato di finire come la sinfonia degli addii di Haydn, dove poco a poco se ne vanno tutti, deve risolvere scottanti questioni: al proprio interno, con il caso Ardita-Davigo, e all’esterno con la Procura di Milano. Di conseguenza, non può permettersi di entrare in conflitto con un governo tanto autorevole quanto determinato, e quindi ha votato quasi all’unanimità una legge un tempo invisa. Ed è questo è il grande balzo della politica verso la riappropriazione delle proprie funzioni. Speriamo solo che sia il primo, e non l’unico. 

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