Vittorio E. Parsi
Vittorio E. Parsi

L'analisi/ Non cedere al ricatto può fermarlo prima del baratro

di Vittorio E. Parsi
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Giovedì 22 Settembre 2022, 00:03

A fronte dei suoi fallimenti militari e politici, Vladimir Putin non trova di meglio da fare che prendersi ancora più gioco dei principi e delle istituzioni che regolano la vita della comunità internazionale, alzando il livello della minaccia fino a ventilare l’impiego dell’arma nucleare per “proteggere” i territori ucraini che vorrebbe annettersi con la forza. Lo fa mentre è in pieno svolgimento la sessione plenaria dell’Assemblea generale dell’Onu, che proprio della sua guerra in Ucraina sta discutendo, a dimostrare il disprezzo che nutre per quella istituzione nel cui Consiglio di sicurezza la Russia siede come membro permanente. Attraverso l’indizione di plebisciti convocati nel bel mezzo di un conflitto e dall’esito tanto scontato quanto legalmente nullo, Putin vorrebbe trasformare magicamente il bottino di una rapina a mano armata in una legittima proprietà, per difendere la quale si proclama disposto ad impiegare anche l’arma nucleare. L’ennesima distorsione consapevole della realtà e l’ennesimo uso deliberato della menzogna, per “salvare” la sua operazione militare speciale dalla più umiliante delle debacle.

È tragico dover constatare come una grande potenza si comporti come l’ultimo degli Stati-canaglia, infliggendo un colpo durissimo alle regole della convivenza internazionale. La sua Russia si dichiara “fuorilegge” e completa l’opera di autoisolamento che è in corso da oltre sei mesi. A chi si chiede quali sono le condizioni che Putin potrebbe accettare per tornare al tavolo delle trattative occorre opporre un punto incontrovertibile. Ovvero chiarire qual è la condizione per noi inaccettabile: la reiterazione e l’aggravamento della minaccia è esattamente ciò che non possiamo accettare. Guai se ci facessimo intimorire, sarebbe la fine di ogni prospettiva di un mondo non in preda alla barbarie e al delirio di onnipotenza.

La premessa da cui partire è dunque questa: non possiamo cedere di fronte al ricatto. Ed è su questa base che dobbiamo chiederci quanto sia credibile la minaccia di Putin, ovvero quanto siamo disposti a rischiare per andare a vedere se bluffa o meno e quanto possiamo fare per dissuaderlo.

La domanda è semplice e terribile: potrebbe Putin dare corso davvero all’impiego di armi nucleari per impedire agli ucraini di riprendere ciò che appartiene loro?

Ebbene, dipende da due fattori. Il primo è di carattere interno. Quel comando troverebbe obbedienza lungo tutta la catena di esecuzione? Nel suo entourage sarebbero disposti a macchiarsi di un crimine senza precedenti? A vedere compromessa per sempre la reputazione della Russia? A fare della Russia di Putin un equivalente contemporaneo della Germania di Hitler? Per quanto avvelenata dalla sua disinformazione, l’opinione pubblica russa lo sosterrebbe in una simile scellerata scelta?

Il secondo è di carattere esterno, e dipende dalla corretta comprensione delle conseguenze che deriverebbero alla Russia se davvero compisse un simile crimine contro l’umanità. L’Occidente dovrebbe chiarire che metterebbe in atto ogni azione possibile per intercettare eventuali ordigni nucleari, che se questi dovessero comunque colpire dei bersagli la reazione occidentale sarebbe dura e concreta: colpendo gli interessi economici russi ovunque nel mondo, isolando la Russia dal resto della comunità internazionale, abbattendo qualunque vettore ostile che da quel momento in poi sorvolasse i cieli dell’Ucraina. È difficile immaginare che anche paesi fin qui più bendisposti verso Mosca come la Cina o l’India potrebbero continuare nel loro atteggiamento di benevola condiscendenza passiva di fronte al verificarsi di una simile eventualità.

Noi non siamo in grado di intervenire molto efficacemente sul primo fattore dissuasivo (quello interno), ma lo siamo eccome sul secondo (quello esterno), per evitare di mandare a Putin il segnale sbagliato, quello della cedevolezza, invece di quello giusto: ovvero dimostrare fermezza, non piegarci al ricatto. Questo è il solo modo per ricostruire le ragioni profonde della pace, per fermare Putin un passo prima del baratro, per convincerlo che non può vincere, ma è ancora in grado di ridurre la magnitudine della sconfitta.

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