Ruben Razzante
Ruben Razzante

Sforzo necessario/ No alle fake news per uscire dalla pandemia

di Ruben Razzante
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 26 Gennaio 2022, 00:30 - Ultimo aggiornamento: 00:31

Nelle ultime settimane il tema della qualità dell’informazione è tornato al centro del dibattito politico e culturale. Per la prima volta nella storia della pandemia si sono messi in discussione da più parti i criteri di calcolo dei casi di Covid, dei ricoveri e dei decessi ed è stata auspicata una comunicazione istituzionale e giornalistica diversa da quella delle prime due ondate, quando non c’erano ancora i vaccini e le incertezze sull’evoluzione del virus erano maggiori. Ai cittadini arrivano sovente informazioni confuse e contraddittorie e, soprattutto, la comunicazione di pubblica utilità risulta spesso carente nell’illustrazione delle argomentazioni a supporto dei provvedimenti assunti dalle istituzioni. Il che genera caos e destabilizza soggetti fragili emotivamente e già duramente provati dalla lunga stagione della pandemia, rendendoli particolarmente sensibili alle sirene di chi contesta e protesta.

Il vocabolo “infodemia” resta tristemente d’attualità, perché la circolazione incontrollata di teorie complottiste e tesi antiscientifiche, soprattutto nel web e sui social, continua a rallentare l’uscita dalla pandemia e ad alimentare scetticismo verso le scelte di politica sanitaria compiute dai governi. 

Si è creato un fronte contrario ai vaccini e alle misure adottate dalle autorità nazionali per contenere la diffusione del virus ed è indubbio che dietro questa opposizione alla narrazione ufficiale della pandemia si celano interessi di varia natura, che rappresentano il collante tra le diverse componenti della cosiddetta galassia No vax. Una sorta di lobby trasversale che include docenti universitari, giornalisti, avvocati, medici, professionisti di vari settori, anche politici di forze estremamente minoritarie convinti della necessità di contestare il cosiddetto “regime sanitario” e di affermare un nuovo ordine fondato sulle libertà individuali e su nuovi rimedi contro il Covid.

Sul piano strettamente legato alla circolazione delle notizie nello spazio virtuale, il popolo No vax veicola link di dubbia autenticità, quasi mai riconducibili a fonti istituzionali, ma ben apparecchiati, seducenti e spesso persuasivi nel fornire chiavi di lettura di aspetti specifici della pandemia. 

La diffusione di tali link cosiddetti “acchiappaclick” genera guadagni inimmaginabili per chi li produce e veicola, lucrando sul traffico in Rete, e alimenta in maniera perversa il circuito della disinformazione, ispirando visioni fuorvianti e comportamenti negligenti sul piano dell’osservanza delle misure di contenimento e distanziamento dettate a protezione della salute delle persone. Nell’ultimo report del dicembre 2021 di NewsGuard, organizzazione che monitora la disinformazione online e che su questo versante collabora con l’Organizzazione mondiale della sanità, si evidenzia la pericolosità di numerose pagine Facebook e alcuni profili Instagram che fungono da super-diffusori di disinformazione sullo sviluppo dei vaccini anti Covid.

I gestori delle piattaforme non sono sempre intervenuti in modo tempestivo segnalando post falsi o inattendibili o indirizzando gli utenti verso fonti istituzionali, e in questo modo si sono resi involontariamente amplificatori di queste fake news.

Tuttavia, sarebbe riduttivo circoscrivere ai social l’area di tossicità delle informazioni sul Covid. Esistono, infatti, molti siti e canali online italiani che fomentano l’odio dei No vax nei riguardi delle istituzioni e danno una visibilità spropositata a finte scoperte sulle cure contro il virus, tentando di smontare in ogni modo la narrazione ufficiale della pandemia e di costruirne una parallela fatta di sospetti, apparenti coincidenze, presunte trame oscure.

E’ storicamente provato che una parte di opinione pubblica tenda a dare credito a chiavi di lettura simili, soprattutto quando sembra vacillare la spiegazione più gettonata di un fenomeno.

E’ lì però che dovrebbe entrare in gioco una “Santa alleanza” tra i diversi attori istituzionali e del mondo dei media, chiamati ad avere a cuore la salute di tutti ma anche a valorizzare un’informazione matura, responsabile, affidabile, equilibrata.

Per contrastare il proliferare di fake news sul Covid, nell’agosto scorso l’Istituto superiore di sanità ha pubblicato un vademecum con le false notizie più diffuse e insidiose, per esempio quelle sugli effetti avversi dei vaccini, sulla loro presunta pericolosità e spiccata attitudine a produrre nuove varianti del virus, a causare trombosi e miocarditi, perfino a modificare il nostro Dna.

L’informazione professionale è chiamata più che mai a un supplemento di impegno e di ancoraggio alla deontologia giornalistica, per rendere sempre più riconoscibile il suo valore aggiunto rispetto alla profluvie di informazioni raccogliticce alle quali anche alcuni giornalisti danno un credito incomprensibile. Contrastare l’infodemia vuol dire rafforzare la credibilità del giornalismo, favorire la corretta osservanza delle norme anti-Covid, rendere sempre più marginali quei contenuti che, ad una lettura più attenta, si indeboliscono da soli per la loro palese inaffidabilità. Meno telerisse tra virologi e più spazio all’approfondimento delle evidenze scientifiche, peraltro corroborate dai dati sui vaccinati: questo suggeriscono il buon senso e impongono le norme deontologiche. Ma i giornalisti non possono vincere da soli questa battaglia. La sensibilità degli editori e dei colossi del web appare più che mai indispensabile per depurare l’ecosistema informativo dalle scorie della superficialità e, nel caso di molti No vax, della malafede, dell’ignoranza e della stupidità.

*Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma

© RIPRODUZIONE RISERVATA