Riccardo Sessa

Oltre la Nato/ Il messaggio per Putin inviato dall’Europa

di Riccardo Sessa
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Sabato 9 Aprile 2022, 00:12

«Sarà una guerra lunga e dovremo rafforzare le sanzioni, accrescere la nostra difesa e aiutare l’Ucraina a difendersi». Il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg, costretto dalla crisi a rinviare di un anno la più tranquilla poltrona di Governatore della Banca centrale norvegese, non poteva riassumere in maniera più efficace la pesante atmosfera che regnava giovedì a Bruxelles alla riunione dei Ministri degli Esteri della Nato. 
La valutazione prevalente tra i partecipanti è che effettivamente la guerra potrebbe durare ancora a lungo e che non appaiono del tutto chiari i più recenti movimenti delle forze russe, con obiettivi che non si capisce se finalizzati ad occupare territori in vista dell’inizio di un più serio negoziato diplomatico, o solo per riorganizzarsi per una nuova offensiva probabilmente nel Donbass. Evento, quello di giovedì a Bruxelles, che, per la drammaticità della circostanza («La più seria minaccia alla sicurezza euro-atlantica degli ultimi decenni») e per la necessità di una consultazione la più ampia possibile, ha consentito ai Ministri degli Esteri della Nato di allargare la consultazione all’Unione Europea e, oltre alla stessa Ucraina, a altri Paesi europei non membri, ma partner dell’Alleanza, come Svezia, Finlandia e Georgia, e altri dell’area Asia-Pacifico come Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud. A conferma della dimensione globale non solo della guerra, ma della risposta di una parte importante della comunità internazionale. Risposta di cui a Bruxelles, nelle riunioni formali, nei colloqui nei corridoi e già la sera prima nella cena di lavoro dei soli Ministri degli Esteri ed i rispettivi Ambasciatori, si è percepita un’accresciuta determinazione nella solidarietà all’Ucraina in tutte le sue articolazioni dopo le atroci immagini dei crimini di guerra ai danni della popolazione civile ucraina di cui ogni giorno si scoprono ulteriori inequivocabili evidenze. 

I diversi formati della consultazione (prima una riunione dei soli membri, poi una allargata ai non membri essendo intervenuto in presenza il ministro ucraino Kulebal) non sono inusuali in quanto da anni l’Alleanza ha introdotto forme di partenariato e di collaborazione con Paesi non membri, tra i quali, ricordiamolo, figurava anche la Russia, con la quale era stato firmato il 25 maggio del 1997 un protocollo definito “fondamentale”, rafforzato poi al vertice di Pratica di mare il 29 maggio del 2002, che fece illudere che fosse terminata definitivamente la “guerra fredda”. 

A conferma di come le situazioni cambino, a Bruxelles gli alleati, nell’appoggiare tutte le indagini, comprese quelle dell’Onu e della Corte Penale Internazionale, hanno qualificato senza mezzi termini come crimini di guerra le atrocità compiute in zone che fino a poco prima erano sotto il controllo delle forze russe e dichiarato che i responsabili dovranno essere tradotti in giustizia. I Paesi dell’Alleanza hanno poi ribadito che sosterranno tutti gli sforzi per favorire una soluzione diplomatica, inclusi i colloqui a Istanbul, anche se appare ancora lontana una reale volontà da parte russa di giungere a una soluzione politica, privilegiando invece sviluppi sul piano militare, ovviamente strumentali al negoziato. Non poteva essere diversamente, non solo per la credibilità dell’Alleanza, quanto per dare una risposta politica al ministro Kulebal che, insistendo nella richiesta di aiuti militari («Armi, armi e armi») ha detto esplicitamente che quello è l’unico modo per salvare vite umane e centri abitati. 

La Nato è da tempo impegnata in attività di sostegno alle forze armate ucraine alla pari di quanto è stato fatto e viene fatto con altri Paesi che non sono membri.

Oggi esiste una realtà diversa e un argomento politico in più: l’Ucraina, alcuni stentano ancora ad ammetterlo, è stata attaccata e invasa in violazione dei più elementari principi del diritto internazionale e di precisi accordi sottoscritti con la Russia come già abbiamo ricordato su queste colonne (il Memorandum di Budapest del dicembre 1994). L’Ucraina, è stato ricordato in sede Nato, ha il diritto di difendersi come riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite e gli Alleati ed i loro partner continueranno ad aiutare l’Ucraina – su base individuale, per ovvi motivi - per affermare quel diritto. Si è parlato anche di Russia e di quel “Atto Fondamentale” del 1997 più volte violato come nell’invasione della Georgia, nell’annessione illegale della Crimea e ora con l’aggressione all’Ucraina, ribadendo la disponibilità degli alleati e dell’Alleanza a mantenere aperti i canali di comunicazione sul piano diplomatico per arrivare alla cessazione delle operazioni militari. Non si poteva non parlare anche di Cina, invitata a astenersi dal fornire sostegno economico e militare alla Russia e a usare la propria influenza per una soluzione pacifica del conflitto. Questi gli impegni principali ribaditi dall’Alleanza atlantica e dai vari paesi coinvolti. E allora non si può non riconoscere che l’Alleanza ha dato ancora prova di una vitalità che molti avevano messo in discussione, la stessa vitalità che sta dimostrando l’Unione Europea. 

E questo ci porta a ribadire nuovamente che la risposta all’aggressione russa dell’Alleanza atlantica e dell’Unione Europea e di un numero importante di altri Paesi sui piani, collegati tra di loro, delle sanzioni nei confronti della Russia e degli aiuti militari all’Ucraina sta a dimostrare che quelle organizzazioni, quando esiste una forte volontà politica, funzionano. E questa sì che è una vittoria di Putin! E allora appare pretestuosa la tesi di coloro che sostengono che quelle due organizzazioni erano morenti e le modalità con le quali stanno reagendo all’attuale crisi ne hanno decretato la morte definitiva. 

Queste considerazioni ci portano ad un’altra organizzazione, la “madre” di tutte le altre, le Nazioni Unite, attaccate senza mezzi termini dal Presidente ucraino Zelensky, con accuse che aprono un problema non da poco e, soprattutto, non semplice da affrontare e da gestire. Che le Nazioni Unite, nate nel 1945 con determinate premesse, dopo una lunga guerra che aveva visto un genocidio e delle atrocità come mai in precedenza, e con degli obiettivi ambiziosi non siano state in grado di assicurare e mantenere la pace e la sicurezza in questi 77 anni è come sparare sulla Croce Rossa. Non solo perché non è vero, ma perché le organizzazioni internazionali sono e fanno quello che gli stati membri decidono che esse siano e facciano. Prova ne è che la Russia è stata messa fuori dal Consiglio dell’Onu per i diritti umani. I segnali allo zar di Mosca sono chiari: non gli verrà consentito di vincere in Ucraina. E’ una grossa sfida, ma è l’impegno, in soccorso di un paese e di una popolazione che stanno soffrendo atrocità indescrivibili e ingiustificate, al quale non ci può sottrarre. Putin finirà per rendersene conto. Ora però la diplomazia si deve affiancare alle armi seriamente e in maniera raccordata
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