Pio d’Emilia
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Quella Nato asiatica che irrita la Cina

di Pio d’Emilia
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Lunedì 15 Marzo 2021, 11:35

Per essere il primo vertice, per di più online, il bottino non è poco. Accordo sulle terre rare, il petrolio del futuro, e impegno per la produzione - e distribuzione - di un miliardo di vaccini americani in India, finanziati da Usa e Giappone e con il supporto (non meglio specificato) dell'Australia.

Tra la disattenzione generale dei media europei per non parlare di quelli italiani si è aperto e concluso il primo, ancora presto per definire storico, vertice del Quad, acronimo di cui nel prossimo futuro potremmo sentire sempre più parlare e che sta per Quadrilateral Security Dialogue. Una sorta di Nato del Pacifico, anche se nessuno dei quattro (per ora) Paesi partecipanti, Usa, Australia, Giappone e India lo definisce pubblicamente in questo modo, sottolineandone il carattere di alleanza strategica globale, quindi culturale, economica, commerciale, e non specificatamente militare.

Ma l'obiettivo finale, quanto meno da parte degli Stati Uniti che da oltre dieci anni cercano di darle una struttura istituzionale, è questo: contenere la cosiddetta minaccia cinese, far capire a Pechino che gli Stati Uniti ci sono ancora e che assieme ai suoi alleati (per la verità su posizioni ancora molto lontane tra loro) non lasceranno il campo libero alle mire egemoniche cinesi.

In effetti, per quel che ci è dato sapere, venerdì scorso, 11 marzo, nel corso del primo vertice (online) dei quattro leader, di tutto si è parlato fuorché di alleanza militare. «La parola minaccia non è mai uscita fuori assicura una fonte giapponese piuttosto, i leader si sono concentrati sulla parte economica, finanziaria e commerciale». Settori in cui la Cina, nonostante il Covid, non rappresenta più una più o meno concreta minaccia, ma, piaccia o no, una sempre più pressante realtà. Basti pensare al fatto che la Cina, che fino a pochi anni fa percepiva ancora aiuti internazionali allo sviluppo, è diventata oggi, con oltre 5 mila miliardi di dollari immessi sul mercato (poco meno del 10% del Pil planetario), il più grande creditore del mondo, superando di gran lunga il Fondo Monetario, la Banca Mondiale e gli Stati Uniti. Di questi, quasi 2 mila miliardi sono frutto di prestiti diretti a 138 Paesi. Una situazione obiettiva destinata a contare molto di più, nei prossimi anni, di qualsiasi minaccia militare, reale o percepita.

Uno dei settori che più preoccupa i Paesi della Quadrilaterale è quello della produzione e approvvigionamento delle cosiddette terre rare, un gruppo di elementi chimici dai nomi complicati, un po' fiabeschi, (scandio, ittrio, lamtanio, neodimio, gadolinio, disprosio, indispensabile per produrre le batterie che alimentano i veicoli elettrici) di cui la Cina detiene pressoché il monopolio, anche se recentemente Brasile, Sudafrica, Canada e gli stessi Stati Uniti hanno scoperto e cercano di sfruttare loro giacimenti.

Monopolio che non si limita all'estrazione, ma soprattutto alla separazione/purificazione, un processo complicato e altamente inquinante, che in altri Paesi diventerebbe difficile e costosissimo realizzare.

Stati Uniti e Canada, ad esempio, esportano l'80% della loro produzione locale di terre rare in Cina, per poi re-importarla debitamente separata nei vari elementi indispensabili per vari, strategici, settori: superconduttori, magneti, catalizzatori, fibre ottiche e soprattutto veicoli ibridi/elettrici, la vera sfida del secolo. Per non parlare dell'industria bellica: oggi non c'è un mezzo militare, un'arma che non adotti tecnologie realizzate con terre rare.

Una posizione di forza che la Cina ha già dimostrato di sapere e voler usare come arma di contrattazione politica. Una decina di anni fa, quando il Giappone risollevò la vecchia questione delle Senkaku, un gruppo di isolette che i cinesi chiamano invece Daoiyu e considerano parte integrante del loro territorio, Pechino prima bloccò e poi contingentò a lungo le esportazioni, creando il panico nelle industrie locali.

Abbiamo già detto del sostanziale disinteresse europeo per la nascita della Quadrilaterale. Ma Pechino? Ci sono state reazioni al vertice del Paese che ha appena siglato lo storico accordo di collaborazione commerciale Rcep, una zona di libero scambio che riunisce 15 Paesi che rappresentano oltre un terzo dell'interscambio commerciale e della popolazione mondiale?

Poche, misurate e persino ironiche. «Quando i grandi si incontrano dovrebbero discutere di progetti, non limitarsi a parlar male degli assenti», è stato il commento di un portavoce del ministero degli Esteri. Ma la prossima settimana si ricomincia a fare sul serio, con l'incontro in Alaska tra i capi della diplomazia Usa e cinese: Anthony Blinken e Wang Li. Il primo, dopo l'arrivo di Biden alla Casa Bianca.
 

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