Paolo Graldi
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Monopattini in città, l'inciviltà stradale tollerata per interesse

Monopattini in città, l'inciviltà stradale tollerata per interesse
di Paolo Graldi
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Domenica 13 Settembre 2020, 07:24
Monopattini che passione. Che bella idea: molto con poco. Due ruotine, una batteria, una scheda per il noleggio e via, liberi e giocondi. Così si pensava, con superficiale distacco, all'inizio dell'invasione. La quale dilaga, incontenibile. Adesso il paragone è con le cavallette africane. Monopattini che incubo: ovunque, sempre, senza regole. Un rodeo infinito, pericoloso, inaccettabile.

Anzi, con regole da matti scriteriati come la possibilità di circolare, assieme alle biciclette, contro mano su piste ricavate alla meglio, quasi mai a norma, comunque assolutamente insufficienti. Diventano i marciapiedi le piste ciclabili nel centro storico. Tra i passanti, in un guizzare e gareggiare sfoggiando abilità acrobatiche. Basta così. Se il loro uso è fuori dalle regole elementari della sicurezza la sicurezza dovrà imporsi su tutto il resto, convenienze di propaganda comprese. Il Campidoglio dovrà armarsi e bene per questa campagna, prima che i guai superino i vantaggi e i rischi annientino le comodità.

Monopattini da ricondurre alla ragione, dunque. Ci piaceva l'idea degli eco-scooter: agili, arrendevoli e perfino utili per svelenire il traffico dei mezzi pubblici nella Capitale, e lasciamo stare il fenomeno dei bus che prendono fuoco. 180 guasti meccanici al giorno stoppano i grandi mezzi e le officine dei ricambi sono paralizzate per mancanza di materiali con cui sostituire i rottami. Insomma, bici e monopattini, assistiti da generosi eco-bonus già esauriti, rilanciati al calor bianco nell'agone della polemica politica, si sono presentanti come novità da affinare senza ostilità, di buon senso. Macché. Si è agitata la bandiera della convenienza a fronte di carenze strutturali del trasporto pubblico sulle quali non basterebbero indagini penali, senza tuttavia dare armonia al settore, per esempio evitando con regole affrettate che lo stesso Quirinale nel licenziare la legge del Decreto Semplificazioni ha severamente stigmatizzato come incongrue, estranee e non attinenti alla materia del Decreto stesso.

Si è ragionato per argomenti tappabuchi. Con l'arma opaca della furbizia e dell'incantamento. L'Atac non regge, si sa, si vede, si paga ogni giorno il disagio di un trasporto a ruote sgonfie. Grave, doloroso, specie in tempi di Covid-19, di scuole riaperte e di distanziamento obbligatorio, risulta a tutti il peso di un servizio già massacrato da un parco auto rarefatto. Un parco che ha già dato tutto quel che poteva dare e ora con innesti di mezzi a sgocciolo, nonostante si gorgheggi dalle parti del sindaco Raggi di nuovi, massicci acquisti di fiammanti superbus.

Il cavallino elettrico, ecco la soluzione, pensavano. Evviva gli eco-green, si esaltavano. La realtà è che il poco diffuso senso civico, bisogna prenderne atto, coniugato con l'assenza di regole o peggio di regole ammesse come il contromano sulle piste ciclabili e la velocità imposta a 30 chilometri all'ora, come su certi tratti accerchiati dalle voragini, rende la materia un accidente di percorso assai serio e foriero di guai. Domare i cavalli elettrici e sfidare gli utenti alla prudenza ragionata: si sa che l'uso produce confidenza temeraria e la confidenza si trasforma in abuso. Anche perché, sia detto per ultimo ma non per ultimo, i controlli risultano inesistenti, random, un tanto al chilo. Per adesso la regola non è amica del meglio, ma del peggio.
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