I nostri sistemi democratici riconoscono il diritto del profugo ad essere assistito, oltre che accolto. Tutti i giuridicismi che si basano su una cattiva redazione, ed una peggiore lettura, dei Trattati, in base ai quali si nega che a raccogliere sono in realtà tutti i Paesi di cui è partner quello che costituisce il naturale primo approdo, sono semplicemente la tomba della superiorità della nostra civiltà. La civiltà democratica dell’Unione Europea, nata da una storia durissima della quale fanno parte i Rinascimenti nazionali e le folgorazioni venute dall’Illuminismo, possono cadere di fronte al fatto di negare che ai poveri che fuggono, ai deboli che chiedono protezione, si neghi ciò cui hanno diritto.
Comprendo che i rischi di una posizione di questo genere sono nella difficoltà di portarla avanti. Ma francamente mi pare più utile ragionare sui rischi enormi che stanno dietro al suo rifiuto. L’Europa in questo momento si sta giocando la propria unità culturale. Sta mettendo a rischio la indubbia superiorità politica che, anche per questo, ne fa il punto di approdo dei disperati.
La Storia è complicata. Non attende che l’inflazione cali, che il mercato trovi l’assetto nel quale le forze che lo compongono possano riuscire a trovare gli equilibri essenziali, né che la pace prevalga sulla guerra. Questo non accade nella vita che ci tocca di vivere. Ma la realtà dei poveri, dei deboli, degli ultimi, che hanno bisogno della forza dei più forti, resta. E questo è un carattere della stessa vicenda umana nella quale queste vicende si immergono. Pare perciò riduttivo affrontare lo spettacolo della polizia costretta a far fronte in modo energico alle proteste dei migranti, in modo meccanicamente formale. Quella Polizia supplisce al nostro ritardo. Perché la Storia ci sta mettendo di fronte alla sua ineluttabilità. Il problema è questo e va affrontato oggi, nel contesto della guerra in Ucraina e di un mercato profondamente turbato, e pertanto a fronte di una economia che mostra segni di debolezza. E deve essere risolto secondo i nostri principi. Non può essere rimandato. Soprattutto non può servire e a lotte politiche di cortile.
Mi piacerebbe che questo modo di pensare innanzitutto fosse diffuso presso chi in questo momento rimprovera ai Governanti atteggiamenti politici tenuti quando la composizione della maggioranza era diversa. Ovvio che governare non è fare opposizione. Ovvio però anche che fare opposizione deve tener conto della difficoltà del governare e di quanto sia sciocco e poco lungimirante non farlo. La disunità nazionale non aiuterebbe il Paese a confrontarsi in modo credibile con l’Europa. Perché l’Europa deve fare la sua parte. Nessuno può attendersi miracoli. Ma l’Italia, tutta, deve pretenderlo, e può farlo, se sul ragionamento da proporre ai partners europei appare composta .
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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