Vittorio E. Parsi
Vittorio E. Parsi

I rischi diversi/ La lotta al virus e l'eccesso di cautele

di Vittorio E. Parsi
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Mercoledì 14 Aprile 2021, 00:08

Un danno enorme per l’Italia, per l’Europa e, più in generale per la lotta globale contro la pandemia, che continua ad incespicare in una serie clamorosa di malintesi, assenza di coordinamento e miopia strategica.
Nonostante tutto l’abbondante ricorso alla retorica di guerra, di cui in ultima analisi anche la benemerita nomina del generale Figliuolo a commissario straordinario rappresenta un esempio, continuiamo a restare tutti impastoiati dalla logica dei tempi ordinari. L’emergenza e lo stato di necessità, che si invocano a sproposito in tante altre materie, sembrano latitare proprio nella logica complessiva che presiede alla lotta al virus. La Food and Drug Administration ha deciso di sospendere in via precauzionale la distribuzione del vaccino Johnson & Johnson dopo aver individuato 6 (sei) casi sospetti di trombosi (di cui uno associato alla morte della vaccinata) associabili alla somministrazione del vaccino. 

6 casi su quasi 7 milioni di somministrazioni avvenute. Meno di uno per milione. Un’ecografia con liquido di contrasto – ricordava ieri il professor Galli – ha un rischio di mortalità cinque volte superiore. La probabilità di essere colpiti da un fulmine è 1 su 81.701…

Il piano vaccinale italiano subirà un nuovo ulteriore ritardo, dopo quello dovuto alla sistematica violazione degli impegni assunti contrattualmente da parte delle aziende farmaceutiche (Astra-Zeneca su tutte, ma anche Pfizer), fornirà alibi a chi pensa di poter disobbedire impunemente alle disposizioni del governo centrale, alimenterà la corsa disordinata dei governi dell’Unione europea all’illusione che esistano soluzioni individuali, favorirà la campagna di chi contrappone le ragioni della sicurezza a quelle della ripresa economica, gonfierà le vele di chi non crede nella scienza e preferisce affidarsi a santini, santoni e intrugli. Potrebbe aggravare le conseguenze sanitarie ed economiche della pandemia e persino pregiudicare la tenuta del governo e della sua maggioranza arlecchino.

Gli Stati Uniti – dall’alto di una panoplia di vaccini disponibili – stanno effettuando una campagna vaccinale dall’efficacia invidiabile: nonostante una classe politica non certo qualitativamente migliore delle nostre (diciamocelo con franchezza), alle prese con porzioni cospicue di elettorato che credono ai complotti e al creazionismo, iperpolarizzati politicamente e con un assetto federale al cui confronto il nostro regionalismo è niente. Ma noi italiani (ed europei) rischiamo di pagare un prezzo enorme all’evidenza che una pandemia globale non può essere combattuta, e men che meno vinta, in assenza di coordinamento. A tutti i livelli: a cominciare da quello nazionale (altro che De Luca e Fontana), passando per quello europeo (che ha dimostrato infinite debolezze) e per quello occidentale (cioè dei Paesi ricchi e democratici).

A cosa servono i vertici tra leader europei allargati al presidente Biden, a cosa serve il G7 se non a dotarsi di un minimo di coordinamento tra Paesi amici ed alleati? Non sto sostenendo che le informazioni andassero taciute all’opinione pubblica. Ma affermo che accettare la logica ordinaria della massima precauzione come se non fossimo “in stato di guerra” contro la pandemia non ha alcun senso. Mentre c’è chi invoca la condizione di emergenza per allentare i controlli antimafia nel Paese che ha “inventato” l’una e gli altri, come europei e occidentali assistiamo al desolante spettacolo di una politica incapace di assumersi le proprie doverose responsabilità: quella di stabilire qual è – tra due rischi – il rischio minore, il più accettabile, nella lotta alla pandemia. Un rischio che per l’Italia e l’Europa è oggettivamente diverso che per gli Stati Uniti.

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