Paolo Balduzzi
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Test per ripartire/ Il banco di prova della legge di Bilancio

di Paolo Balduzzi
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Venerdì 9 Dicembre 2022, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 22:29

Sarà stata la mattinata passata in Bocconi tra i migliori economisti del paese; o forse il risotto con l’ossobuco, gustoso piatto tipico milanese che avrà probabilmente condiviso a pranzo con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella; o forse, ancora, l’emozione per l’attesa della prima alla Scala; o, più in generale, il clima di festa che si respirava a Milano il giorno del santo patrono.

Sarà stato, infine, anche il credito che Giorgia Meloni si sta guadagnando a livello europeo. Ma finalmente, dopo troppi giorni di attesa, è arrivato il sì di Ursula von der Leyen alla correzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’apertura del Presidente della Commissione europea, in visita l’altro ieri nel capoluogo lombardo, era necessaria per sbloccare una situazione che stava diventando complicata. Inutilmente complicata, bisognerebbe precisare. Perché non sempre ciò che sembra ovvio a ogni persona dotata di buon senso appare tale a certi politici e certi burocrati. Nello specifico: gli investimenti programmati e inclusi nel Pnrr furono calcolati prima che in Europa (e nel mondo) s’impennassero i prezzi dei beni energetici e di altre materie prime. In breve: se cambiano le condizioni, bisogna adeguare anche i programmi.


Una buona notizia, ovviamente, e non solo per il nostro paese. Resta immutato l’impegno, invece, sulle riforme strutturali: il fisco, la burocrazia, i ritardi della giustizia civile, la lotta all’evasione.
Un grandissimo impegno per il governo italiano, su cui, a scommettere, sono innanzitutto proprio il Presidente della Repubblica e quello della Commissione europea. Un’apertura di credito di questo tipo non era scontata, sebbene negli ultimi tempi molto è stato fatto da esponenti dell’esecutivo per ottenere credito a Bruxelles. Dunque, anche per questa ragione l’occasione non può essere sprecata. Il premier Meloni lo sa bene e sa anche che è nella posizione di essere il presidente del Consiglio che ha realizzato il Pnrr e rilanciato il Paese dopo la pandemia, la crisi economica e la guerra. 


Certo, non si tratta di un compito semplice. Anche perché la maggioranza in Parlamento è fatta di persone che hanno opinioni diverse e non sempre coerenti con gli obiettivi delle riforme. Semplici dinamiche di maggioranza, secondo i più ottimisti; pericolose divisioni interne, secondo l’opposizione, che potrebbero rallentare il percorso del governo fino addirittura a minarne la sopravvivenza.

 
Come sarebbe bello, dunque, poter fare una prova sulla sua tenuta, un test sulla leadership del suo capo e sulla capacità degli alleati di dialogare e trovare una posizione comune. Fortunatamente, e nemmeno a farlo apposta, questo test è disponibile e il suo risultato sarà chiaro in poco più di tre settimane.

Stiamo parlando del disegno di Legge di Bilancio, ormai instradato lungo l’iter parlamentare e che, come giustamente sempre accade, ha già ricevuto numerose richieste di modifica. “Emendamenti” si chiamano, in gergo tecnico. Sono oltre tremila, per l’esattezza. 


Forse non un record; ma agli appassionati di queste statistiche va ricordato che i parlamentari, nella XIX legislatura, sono solo i due terzi di quelli presenti in passato. Di questi tremila emendamenti, circa il 20% arrivano dalla stessa maggioranza. Anche qui, nulla di nuovo. È il classico assedio alla diligenza, come in maniera efficace e divertente i giornali descrivono il tentativo di ogni parlamentare di raggranellare qualcosa per il proprio collegio elettorale. Finirà come è sempre finita: con un cosiddetto maxiemendamento concordato tra il governo e la propria maggioranza e su cui il primo chiederà la fiducia. Quale sarà il test, allora, se non sta succedendo nulla di nuovo? In realtà, sono due le novità. Innanzitutto, a differenza che in passato, non per demerito suo il governo non ha dieci settimane di tempo per trovare un accordo bensì, come poco sopra ricordato, scarsamente tre. Non che la Costituzione vieti l’esercizio provvisorio, sia chiaro. Certo. Ma, appunto, il primo test di verifica della leadership passa attraverso la capacità del premier Meloni di assicurare al paese un bilancio aggiornato, approvato e pronto per le innumerevoli sfide che lo attendono nel 2023 entro la fine dell’anno.

 
Seconda novità: il governo chiederà probabilmente di nuovo la fiducia al Parlamento a poche settimane dalla sua entrata in carica. Sarà quindi interessante verificare, e questo sarà il secondo test, se il sostegno osservato qualche settimana fa sarà confermato oppure no. Può darsi, infatti, che i voti a favore saranno inferiori: il che potrebbe essere tanto un semplice incidente di percorso quanto, al contrario, un segnale per il futuro. Al contrario, il 31 dicembre il governo potrebbe ritrovarsi sia con una legge di bilancio già approvata sia con una maggioranza addirittura più ampia di quella ottenuta a ottobre.


In questo caso, il test sarebbe ampiamente superato. Il che non assicura nulla rispetto al futuro, sia chiaro, ma almeno, dal punto di vista politico, ci farebbe entrare nel nuovo anno con il giusto passo. Ci saranno un Pnrr da riscrivere prima e realizzare poi, riforme strutturali su cui non si può più tergiversare, e un nuovo Patto di stabilità e crescita da concordare. 
Se Giorgia Meloni festeggerà il Capodanno dopo avere centrato l’obbiettivo, guadagnerà ulteriore autorevolezza: non solo in Italia ma in tutta Europa.

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