Paolo Balduzzi
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L’ipotesi Consulta/ La scommessa necessaria sull’obbligo di vaccino

di Paolo Balduzzi
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Venerdì 23 Luglio 2021, 00:10

Non ci sono dubbi sul fatto che il prossimo autunno sarà il più importante degli ultimi anni, forse decenni. Se finalmente, grazie all’impatto dei vaccini, la pandemia sarà finalmente domata, allora potremo definitivamente metterci questa drammatica pagina della nostra storia alle spalle. Al contrario se, nonostante tutto, gli ospedali torneranno a riempirsi, saremo probabilmente messi di fronte alla fine della nostra economia.

Il tono è catastrofico, vero: ma non si tratta di semplice retorica. Anche solo a livello psicologico, chi di noi sarebbe pronto a nuove restrizioni di movimento come quelle dello scorso marzo? E, guardando all’economia, come poter sostenere nuove chiusure di attività? Il problema riguarda sia alcuni settori industriali e di servizi sia specifiche categorie di lavoratori, in particolare le partite Iva, che finora hanno pagato il prezzo più alto, in termini economici, della pandemia. Non foss’altro che per dare una prospettiva di vita a questi lavoratori e alle loro famiglie, non c’è che da augurarsi un grande successo della campagna vaccinale. Tuttavia, non è solo l’efficacia, chiamiamola “intensiva”, dei vaccini a essere sotto esame. Su questo, bisogna solo affidarsi alla scienza. Che certo non è infallibile: ma la reputazione della medicina tradizionale sull’allungamento della vita media e sull’annullamento della mortalità infantile è fuori discussione. Per il successo della campagna vaccinale è cruciale anche la sua efficacia “estensiva”: se il vaccino non viene somministrato a un numero sufficiente di persone, allora non ottiene l’effetto desiderato.

Vale la pena di affrontare questo secondo punto. La libertà di scelta, caposaldo delle costituzioni e delle società moderne, si scontra con la necessità di tutelare la salute pubblica. Il dibattito arriva presto a un vicolo cieco. Per quanto sia triste ammetterlo, non saranno certo le statistiche più accurate a convincere gli scettici. Innanzitutto, perché spesso i numeri sono difficili da comprendere. Non è certo un punto di vista arrogante, bensì una semplice constatazione: se in un Paese alcune competenze sono poche diffuse, si farà più fatica a capire. In secondo luogo, perché le posizioni sul tema sono sempre troppo ideologiche. Anche di fronte alle statistiche più accurate ed evidenti, il non vaccinato ideologico sarà sempre convinto che certi numeri siano creati ad hoc e quindi totalmente inutili. Appunto: un vicolo cieco. Per questa ragione potrebbe essere più utile arrivare a un chiarimento costituzionale sui confini delle libertà individuali e sociali; in altri termini, a definire se leggi che incentivano la vaccinazione siano costituzionali o meno.

Questi incentivi possono avere diversi livelli di cogenza.

All’apice c’è naturalmente l’obbligo vaccinale, mai davvero considerato dal legislatore, se non esclusivamente a livello infantile e, anche in questo caso, più sulla carta che nella sostanza. A un secondo livello si posiziona l’approccio “punitivo” nei confronti dei non vaccinati. Il green pass approvato ieri dal governo italiano - e già introdotto in Francia qualche settimana fa con buoni risultati - ne è un esempio chiaro. 

Di fatto, si limitano alcune libertà di movimento dei non vaccinati, che così si sentono (e di fatto sono) discriminati. Infine, ci sono misure che la letteratura economica definirebbe di “spinta gentile” (“nudge”): semplici e piccoli incentivi che invogliano le persone ad assumere il comportamento auspicato dal legislatore. Quando si parla di cure mediche, forse la soluzione migliore sarebbe proprio quest’ultima. Tanto a livello sostanziale quanto a livello meramente comunicativo: aggiungere un nuovo diritto a qualcuno è ben diverso che toglierne uno già esistente a qualcun altro. Ma che tipo di incentivi prevedere? Sgravi fiscali? Crediti d’imposta? Il Messaggero di ieri ne ha presentato una divertente antologia: dalle lotterie alle birre gratis, dai fucili alle bottiglie d’olio, dalle uova alla pizza, la reale efficacia di queste misure è ancora tutta da dimostrare. 

In assenza di idee migliori, non resta quindi che forzare un po’ di più la mano. Prendiamo il caso specifico del green pass. La sua introduzione non solo servirà per migliorare la campagna vaccinale ma anche per attendere che qualcuno, sentendosi discriminato, sollevi la questione di fronte a un giudice. 

Quest’ultimo, per via incidentale, potrebbe poi chiedere alla Corte costituzionale di esprimersi. A quel punto, se la Corte confermerà la costituzionalità della norma e dello strumento, nessuno potrà più accusare il legislatore di essere liberticida. Ovviamente, non è una scommessa senza pericoli, ove la Consulta dovesse decidere al rovescio di come ci si aspetta. L’orientamento recente della Corte, in particolare espresso in occasione della sentenza sull’obbligo vaccinale dei minori di anni 16 (sentenza n. 5 del 2018), va decisamente nella direzione dell’ammissibilità. E in questo Governo lo sa molto bene Marta Cartabia, oggi ministro della giustizia e ai tempi membro della Corte. Anche per questa ragione, ma soprattutto per dimostrare che lo Stato tiene alla tenuta psicologica ed economica del Paese, questa scommessa è oggi da accettare senza dubbi.

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