Non sono più Giochi da ragazzi, o da ragazz* per scriverlo con la grafia del degenere del genere. Era uno dei mantra di Tokyo 2020, il cui palinsesto era stato imbottito di sport che facevano l’occhietto alla Generazione Z che abbandonava il telecomando e lo zapping.
Sono arrivate discipline accattivanti, come lo skateboard, il cui podio finale “puzzava di latte” come si dice a Roma, con la sua somma d’età che non faceva 40 anni; discipline antiche rigenerate dal far competere insieme maschi e femmine, messaggio di pari opportunità e di gender equality.
E Parigi 2024 avrà la breakdance, e Birmingham 2022, Giochi del Commonwealth, gli e-sports. Ma in questa modernizzazione, ecco spuntare i “mali” che stanno dilagando, per via pandemica ma forse non solo, nella gioventù di questo periodo: la salute mentale, la depressione generata dalle troppe pressioni, il bullismo.
I campioni che possono diventare loro malgrado modelli e guardati come divinità, in fondo sono ragazzi, spesso adolescenti o poco più. Prima valeva la tutela fisica: l’età degli olimpici veniva alzata in molte discipline per difendere la naturalità della crescita; spaventava la bambina Fu Mingxia, tuffatrice cinese, che a meno di 14 anni si tuffava da 10 metri con lo sfondo della Sagrada Familia a Barcellona ’92, le piccole ginnaste rumene venivano, si diceva, frenate nel loro esplodere naturale per mantenerle scriccioli di donna.
Sfuggivano altre discipline.
Il “Me Too” raccontava le sue vittime di abusi, come del resto il “Black Lives Matter” perché lo sport non è un’isola felice, semmai è un apripista di problemi e soluzioni. Adesso, a Pechino, s’è vista anche questa quindicenne Kamila, forse costretta a un doping inconsapevole, di certo bullizzata dal suo entourage per essersi piazzata “solo quarta”. Il presidente del Cio, Thomas Bach, è subito intervenuto: alzeremo l’età degli atleti. Sostenibilità ambientale, economica, ma anche umana. Lo sa Federica Pellegrini, che ha dovuto combattere con questi fantasmi. E li ha sconfitti, come ha fatto con quattro o cinque generazioni di avversarie
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