Giovanni Castellaneta

La trattativa/ Il ruolo strategico che l’Europa deve ricoprire

di Giovanni Castellaneta
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Lunedì 14 Marzo 2022, 00:30

Sono già passate più di due settimane dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina e la situazione non sta prendendo una bella piega: tutti i tentativi diplomatici messi in campo fino ad ora sono falliti mentre l’azione militare continua inesorabile mietendo sempre più vittime tra i civili. È evidente che il divario tra le due parti è ancora troppo ampio e che, ad oggi, manca un terreno comune per poter intavolare un negoziato genuino. In questa fase, disinformazione, hacker, malafede e propaganda stanno contribuendo ad esacerbare il conflitto rischiando di portarlo a conseguenze che sarebbero catastrofiche.


Del resto, le guerre del XXI secolo sono sempre più caratterizzate da un utilizzo intensivo dei media (soprattutto social) volto a manipolare la realtà per piegarla in funzione della narrativa che si vuole trasmettere. Alla propaganda governativa, che nel corso della storia c’è sempre stata – evolvendosi - attraverso le forme e i mezzi disponibili in ogni epoca, si è affiancata oggi quella condotta da soggetti più o meno facilmente identificabili sui social media. Nel conflitto odierno, è ovviamente la Russia a fare un utilizzo più spregiudicato della propaganda: anzi, quasi sfacciato se pensiamo a quanto detto da Lavrov l’altro giorno ad Antalya con la negazione totale dell’invasione. Anche il governo ucraino però non rinuncia – in modo anche legittimo – a contrastare gli invasori russi tramite la propaganda. Ecco perché la retorica di Zelensky si basa spesso su termini quali “genocidio”: parola impropria perché inesatta a rappresentare la situazione attuale, ma che è finalizzata a suscitare la reazione contro Mosca attraverso una mobilitazione internazionale che tocca le corde emozionali oltre che quelle del diritto internazionale.


Che fare, dunque, a fronte di una situazione sempre più ingarbugliata? Questa “operazione militare speciale” (come la definiscono Putin e Lavrov) si sta trasformando da una guerra lampo a una di logoramento, con le truppe russe che stanno lentamente accerchiando le principali città ucraine cercando di fiaccarne ogni tentativo di resistenza. Più continuano i combattimenti, maggiore è il rischio di esacerbare le parti in causa con il pericolo – non così remoto – di un’escalation militare che potrebbe avere effetti devastanti per il mondo intero e con sollevamenti interni delle popolazioni portati all’estremo. Anche la Cina è sempre più preoccupata, e proprio nelle ultime ore Xi Jinping ha rivolto un appello affinché si possa trovare terreno comune per stabilire una tregua.
L’apertura di Pechino è sicuramente positiva; tuttavia, Europa e Stati Uniti non devono fare l’errore di lasciare alla Cina il ruolo di “arbitro” di questa vicenda.

L’atteggiamento fermo e risoluto dimostrato fino ad ora verso la Russia ha pagato, dato che le sanzioni stanno colpendo pesantemente l’economia di Mosca. Ora però bisogna insistere in direzione di una mediazione, che non può non essere affidata agli europei non fosse altro per la prossimità geografica e per gli interessi strategici in gioco che dovranno essere attentamente bilanciati con quelli della Russia, magari affidandoci a ex primi ministri dei paesi maggiormente coinvolti ed inviando osservatori sul campo con copertura internazionale.


Nel contempo, il progetto di istituire una Difesa comune europea dovrebbe progredire rapidamente. In questo senso, vanno accolti positivamente i risultati del Consiglio europeo informale di Versailles volti ad accelerare questo percorso cercando di rendere operativo un embrione di “esercito” comune Ue già a partire dal 2023. E, nell’ambito di questo progetto, anche l’Italia dovrebbe fare la sua parte cercando di orientare in maniera più chiara e stabile i nostri obiettivi di politica estera. In tal proposito, l’istituzione di un Consiglio per la Sicurezza Nazionale modellato sull’esperienza statunitense potrebbe essere la carta vincente. Tale organismo, che risponderebbe direttamente al Presidente del Consiglio, raggrupperebbe tutte le competenze in termini di sicurezza e difesa provenienti dai vari ministeri, contribuendo ad un’azione più coerente, rapida e flessibile. In questo modo, la Farnesina non perderebbe il proprio ruolo di indirizzo e gestione della politica estera, ma lo eserciterebbe in un quadro di maggiore coordinamento con gli altri ministeri così da contribuire più efficacemente al perseguimento del nostro interesse nazionale e condividendo gli strumenti della diplomazia con quelli della difesa , dell’intelligence, della economia, della salute.
Siamo di fronte ad un momento storico cruciale, ed è in questi momenti che si prendono decisioni radicali. Europa e Italia devono cogliere l’opportunità per un cambio di passo anche sulle questioni della sicurezza e della difesa: anche da qui passa il percorso per contare finalmente di più sullo scenario internazionale.

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