Marina Valensise
​Marina Valensise

Quella solitudine che espone al rischio dell’ultimo incontro

di ​Marina Valensise
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Venerdì 2 Giugno 2023, 00:18

Come uno stillicidio quotidiano, ogni santo giorno ha il suo femminicidio, con il suo strascico di disperazione e sensi di colpa da parte di tutti noi, che ancora una volta non siamo riusciti a far nulla per impedirlo. Non bastava il caso di Giulia Tramontano, ventinovenne di Senago incinta di sette mesi, data per scomparsa poi ritrovata cadavere, uccisa dal compagno reo confesso, tal Alessandro Impagnatiello, che dopo una lite in casa l’ha accoltellata e poi ha tentato di dare fuoco al corpo. Di oggi la notizia di un altro dramma passionale, che è costato la vita a un ispettore superiore di polizia di 58 anni, Pierpaola Romano, presa a pistolettate nell’androne del suo palazzo al quartiere Torraccia, vicino a San Basilio, da un uomo che diceva di amarla, Massimiliano Carpineti, suo collega di servizio alla Camera dei Deputati, il quale ha percorso qualche centinaio di metri a bordo della sua Matiz bianca per poi uccidersi con la stessa calibro 9, la pistola d’ordinanza, con cui le aveva sparato. 


Certo i casi sono diversi per contesto, ambiente, età, ma sembrano legati dal filo dell’estrema solitudine d’amore. Il primo caso sarebbe un delitto premeditato. La storia tristissima del ménage à trois tra il presunto bravo ragazzo, che nessuno avrebbe mai preso per un assassino, e che aveva addirittura denunciato la scomparsa della sua concubina, dopo averla accoltellata. Impagnatiello era stato pure contattato da “Chi l’ha visto” e alla redattrice del programma tv che gli domandava: «Potresti aiutarci a capire. Non vuoi ritrovare Giulia?», ha risposto laconico: «Non ho voglia di parlare, ho già le mie cose nella testa. Grazie mille. Chiudo». Orrore che si somma all’orrore. 


Adesso infatti si è scoperto che, a cadavere caldo, dopo essersi “liberato” di Giulia, il ragazzo ha cercato di incontrare l’amante, una collega di lavoro, una giovanissima italo-inglese, barista come lui all’Armani Bamboo bar, locale alla moda con vista mozzafiato sui grattacieli di Milano.

Da tempo intratteneva con lei una relazione parallela finita in un aborto, quando la ragazza si era liberata della gravidanza indesiderata. In più, la giovane aveva conosciuto l’altra, Giulia, la fidanzata ufficiale, che lui faceva passare per disturbata mentale. E insieme le due ragazze avevano chiarito il doppio gioco di lui e i comuni maltrattamenti psicologici subiti. Chiarificazione quanto mai fatale, visto che la verità costringerà il malfattore all’angolo spingendolo al delitto.


Diverso il contesto, ma identica la violenza nel femminicidio romano. Anche qui si tratta di un dramma passionale che scoppia tra due agenti di polizia, entrambi in servizio alla Camera. Anche qui si profila l’ombra sinistra di una relazione impossibile. Sposata con un collega, ispettore del commissariato Sant’Ippolito con cui aveva un figlio di 22 anni, anch’egli in servizio ma nel nord Italia, la vittima secondo alcune indiscrezioni aveva una relazione extraconiugale con l’uomo che l’ha uccisa per poi suicidarsi. 


Resta il dolore per queste morti, troppe, continue, che non riusciamo proprio a impedire, per quanti sforzi facciano legislatore, magistrati, forze dell’ordine, sociologi. «Un’altra tragica vicenda di femminicidio», ha concluso, provata, la pm di Milano Letizia Mannella che indaga su quello di Giulia Tramontano, «che a noi donne insegna che non dobbiamo mai andare ad un ultimo incontro di spiegazione».

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