Alessandro Campi
Alessandro Campi

Crescere insieme/L’occasione del Giubileo che avvicina il Paese

Crescere insieme/L’occasione del Giubileo che avvicina il Paese
di Alessandro Campi
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Martedì 25 Maggio 2021, 00:09 - Ultimo aggiornamento: 01:51

La contesa romano-milanese, che dura ininterrotta da quando l’Italia s’è unificata, non è stata solo un passatempo goliardico condito di amenità estetico-antropologiche e di reciproci pregiudizi (ora innocenti, ora offensivi). Ci sono state anche serie ragioni d’ordine politico, sociale, culturale ed economico che hanno sorretto il dualismo tra la capitale morale e la capitale reale, tra il cuore economico-produttivo e quello politico-amministrativo del Bel Paese. Fattori tutti ben conosciuti e che non vale la pena ripetere e riprendere.

 
Conviene piuttosto chiedersi, col senno di poi e mentre si è alle prese con una crisi che non ha precedenti nella nostra storia, quanto questa contrapposizione, certamente reale ma spesso alimentata ad arte, abbia fatto male alla nazione tutta e se tra Milano e Roma non sia il caso – ferme le rispettive specificità, ivi comprese quelle temperamentali – di avviare una stagione nuova, nel segno della cooperazione e di una maggiore condivisione di obiettivi e traguardi comuni. Nell’interesse non solo di milanesi e romani, va da sé, ma degli italiani tutti.
Vanno in questa direzione, ad esempio, le recenti e non del tutto scontate dichiarazioni del Presidente di Confindustria, il lombardissimo, per nascita e storia professionale, Carlo Bonomi. Che ad un Paese disabituatosi a guardare al domani e a programmare il proprio futuro ha ricordato come tra il 2025 e il 2033 Roma (e con essa l’Italia) sarà protagonista di due grandi ricorrenze religiose: il Giubileo ordinario e il bimillenario della crocifissione e resurrezione di Gesù. Due scadenze in vista delle quali gli industriali italiani, attraverso appunto il loro massimo rappresentante istituzionale, hanno lanciato l’idea di un piano straordinario «che non riguardi solo turismo e ricettività, ma anche porti, aeroporti, intermodalità logistica, iniziative straordinarie dell’industria culturale e creativa, pianificazione dei flussi internazionali dal breve al lungo periodo, sostenibilità dei servizi pubblici a fronte degli afflussi straordinari».


Parliamo insomma di un grandioso piano di investimenti che partendo da Roma Capitale finirebbe per beneficiare, secondo questa proposta, l’Italia intera. E che andrebbe ad affiancarsi e sommarsi ai progetti previsti dal piano di rilancio e ripartenza che il governo Draghi sta incardinando per i prossimi anni. Anzi, nel caso del Giubileo, per ragioni temporali quest’ultimo – proprio per la sua rilevanza internazionale – dovrebbe rappresentare la cornice simbolico-strategica all’interno della quale inserire, a giudizio di Bonomi, gli interventi previsti dal Pnrr.
Per la Capitale, sarebbe l’occasione per avviare e portare a compimento una serie di opere infrastrutturali, anche nel settore dei servizi, che da troppo tempo aspettano di essere progettate. Che potrebbero essere utilizzate per il Giubileo e poi, nel 2033, per un evento che si prevede infinitamente più partecipato dai popoli cattolici di tutto il mondo. Insomma, una sorta di “costruisco uno e copro due (eventi)” che rappresenta un’ottima occasione per rilanciare l’economia di Roma e d’Italia.


Il lettore super-credente, a questo punto, avrà già storto la bocca e invocato una punizione divina per chi osa mescolare la sacralità dei due appuntamenti con l’aspetto più pratico della questione.

Si potrebbe rispondere, un po’ sbrigativamente, che le vie della secolarizzazione sono infinite e che l’occhio laico ha tutto il diritto di guardare alla storia sacra con rispetto ma senza slanci fideistici. La Chiesa dopotutto è stata lei per prima, nella sua vicenda bimillenaria, maestra di realismo e pragmatismo, anche nelle materie economiche. Ma c’è dell’altro, perché piaccia o non piaccia, un avvenimento che sposta milioni di fedeli impone la realizzazione di opere maestose e, soprattutto, in grado di reggere l’impatto di una tale forza d’urto.

 
Uno storico-teologo dell’economia ancora poco letto in Italia, Michael Novak, cattolico e liberale, era solito sostenere che il capitalismo – come attività razionale finalizzata al profitto – fosse nato, non dallo spirito protestante e riformato, ma nell’Alto medioevo cattolico, segnatamente nei monasteri cistercensi, organizzati già allora come aziende industriali ante-litteram. Insomma, fede romano-cattolico-apostolica e sviluppo economico, anche quello che può nascere dai grandi appuntamenti religiosi che muovono le masse, possono tranquillamente andare d’accordo. Il problema semmai, guardando in proiezione la geopolitica dell’attuale pontefice, è quanto la Chiesa del prossimo futuro terrà ancora il suo baricentro spirituale e simbolico su Roma.


Ma forse stiamo divagando. Il punto vero delle parole di Bonomi è infatti un altro: l’affermazione, sul filo del buon senso imprenditoriale, che se Roma cresce, l’Italia cresce con essa. Anche Milano (ma al dunque anche Catanzaro). Rispetto agli antagonismi/localismi del passato, sembra un modo di ragionare nuovo e inedito, probabilmente dettato dal punto zero – in termini di capacità d’innovazione – al quale l’Italia è arrivata al termine di una lunga corsa all’indietro. Che essendo iniziata da un ventennio abbondante non ha nemmeno responsabili politici con cui prendersela, visto che il proprio contributo al disastro in questo lungo periodo lo hanno dato i partiti di tutti i colori.

 
Oggi c’è l’occasione per invertire la rotta. Anzi, causa la pandemia, la necessità. Da qui l’invito degli industriali, rivolto innanzitutto al premier Draghi, in subordine a tutti i partiti presenti in Parlamento, affinché sempre più si ragioni sul futuro dell’Italia considerando quest’ultima un sistema articolato e integrato, non una sommatoria incomponibile di interessi territoriali tra loro confliggenti. Si è visto nella gestione della crisi sanitaria a quali risultati negativi conducano una visione distorta dell’autonomismo regionale e un eccesso di municipalismo.


Roma dunque come simbolo e volano dello sviluppo nazionale. Roma e Milano come assi portanti di una strategia comune finalizzata al rilancio sociale e produttivo dell’Italia. Presto nelle due città si andrà al voto e sarà importante avere due Primi cittadini che s’intendano e siano disposti a collaborare tra loro e col governo nazionale. A proposito. I candidati del centrosinistra per le due città li conosciamo. Quelli del centrodestra?

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