Pio D'Emilia
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Il Giappone e il mito delle acque termali

Il Giappone e il mito delle acque termali
di Pio D'Emilia
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Lunedì 21 Dicembre 2020, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 11:40

Parecchi anni fa ci portai un mio collega americano. Viveva da parecchi anni in Giappone, ma non c’era mai stato. All’inizio era un po’ perplesso: gli americani si sa sono un po’ pudibondi, e l’idea di farsi il bagno con altre persone sconosciute, donne e uomini, per di più nudi, lo metteva in imbarazzo. Ma bastarono pochi minuti nel gigantesco rotenburo (vasca all’aperto) di Takaragawa, “il fiume prezioso” nella provincia di Gunma (circa 2 ore di macchina da Tokyo), circondati dalla neve e sorseggiando un buon sakè, per fargli cambiare idea. Dopo poche settimane mi chiamò per dirmi che aveva lasciato il suo lavoro per scrivere una guida sulle onsen, le mitiche acque termali giapponesi. Decisione azzeccata: il suo libro, primo del genere in lingua inglese, ebbe e continua ad avere un successo strepitoso, permettendo al mio amico di campare di rendita e continuare a perlustrare il Paese in cerca di “pozze” sperdute. Alcune le abbiamo scoperte insieme, ed un paio ce le siamo tenute per noi. Non vogliamo che vengano invase da orde di “barbari” stranieri, come i giapponesi, a volte non senza qualche ragione, continuano a considerarci.


C’è chi mi accusa di parlare solo degli aspetti negativi del Giappone. Premesso che dei numerosi lati positivi, facilmente individuabili, parlano in molti e che denunciare gli aspetti negativi, spesso più nascosti, non è segno di odio bensì di grande amore (se così non fosse non ci vivrei da oltre 40 anni: è proprio perché amo il Giappone che ne critico certi aspetti, che ne danneggiano l’immagine internazionale e la vita degli stessi giapponesi), stavolta voglio parlarvi delle mitiche onsen, letteralmente, “sorgenti di acqua calda”.

Ce ne sono parecchie migliaia, sparse per tutto l’arcipelago. Le guide ufficiali ne contano circa 3 mila, ma in realtà sono più del doppio. Di ogni genere, composizione, dimensione, temperatura dell’acqua. Si va dai 40 gradi (che per i giapponesi significa acqua “tiepida”) a oltre 50 gradi: chi non è abituato fa un po’ fatica, all’inizio, ma se si riesce ad entrare di colpo, restando poi immobili per qualche minuto si...sopravvive. Ci sono quelle gigantesche – come quella sopracitata di Takaragawa, (https://www.takaragawa.com/e_daytrip.html), oggi purtroppo meta di orde di turisti stranieri che con la loro rumorosa maleducazione ne hanno irrimediabilmente stravolto l’incantevole atmosfera – con bagni all’aperto, divisi per genere o misti (ultimamente i bagni misti, konyoku, stanno scomparendo, e i pochi rimasti impongono alle donne di coprirsi con un asciugamano) di varie dimensioni – o quelle di Sukayu, nel Tohoku, https://www.en-aomori.com/hotspring-008.html , altrettando gigantesche (la vasca principale è soprannominata senninburo, “il bagno per mille persone”) meno frequentate dai turisti e alle quali d’inverno si può accedere direttamente con gli sci, al termine di un lungo ed entusiasmante fuoripista sul Monte Hakkoda. 


Ciascuna delle 47 prefetture del Giappone, dalla gelida Hokkaido alla quasi tropicale Kyushu hanno le loro onsen, ognuna con la sua particolarità, caratteristiche, attrazioni e strutture annesse. La maggior parte sono di proprietà, o comunque gestite in concessione, dai ryokan privati, sorta di alberghi/locande locali dove si dorme “per terra” (in realtà su comodi futon, a loro volta sistemati sopra le salutari stuoie di tatami) e dove in genere vengono serviti due pasti, la prima colazione e la cena, abbondanti e sempre comprendenti qualche leccornia locale. Meno leccorniose, per noi “barbari occidentali” sono le prime colazioni, in genere a base di pesce secco o affumicato, natto (baccelli di soia fermentata, deci

samente una sfida, anche per gli indigeni…) e riso bianco. Ovviamente nei posti più “civilizzati” (leggi: contaminati) si trova anche il caffè, succhi di frutta, pane e marmellata etc.
Se avete tempo e voglia – e magari un amico locale che vi dà una mano ad organizzarvi (anche se il Giappone, contrariamente a quanto si possa immaginare, è un Paese dove ci si muove con grande facilità, sia con i mezzi pubblici che noleggiando una macchina) – cercate però di andare in una onsen nascosta, sia vicino a mare che sperduta tra i monti. Ce n’è una, al nord, nella prefettura di Aomori, che si chiama Aoni:  un po’ difficile raggiungerla, specie se non si ha una macchina, ma l’esperienza è davvero unica. Le vasche, una decina, costeggiamo le rive di due fiumi. Uno di acqua bollente, al oltre 50 gradi, l’altro gelido. Cuore e coraggio permettendo, saltellare tra l’uno e l’altro è davvero fantastico.

Soprattutto d’inverno, sommersi dalla neve, sapendo che poi vi aspetta una succulenta cena e ottimo sakè (vino di riso) locale. Ah, dimenticavo; non c’è energia elettrica. Quindi il tutto si svolge al lume di candela. Un’idea per il mondo che... tornerà.

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