Marina Valensise
Marina Valensise

Generazione Z/ Se i giovani non capiscono un testo scritto

di Marina Valensise
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Venerdì 20 Maggio 2022, 00:14

Stiamo tanto a citare gli inglesi, e Winston Churchill più di ogni altro, eppure restiamo ben lontani dalla loro saggezza. Ecco qui. «The farther backward you can look, the farther forward you can see», diceva il premier di Sua Maestà che sconfisse Hitler e vinse la seconda guerra mondiale: «Più indietro puoi guardare, più lontano puoi vedere». Peccato che a noi italiani tale prospettiva sia preclusa. Sì, preclusa, participio passato del verbo precludere, e cioè chiudere l’accesso a un luogo, e dunque impedita, negata, sbarrata. A lanciare l’allarme è l’avvocato e filantropo Claudio Tesauro, presidente di Save the Children Italia. 

Aprendo i lavori di un incontro di quattro giorni di riflessione sulle proposte a sostegno dell’infanzia e dell’adolescenza, l’avvocato Tesauro ha parlato di «dispersione scolastica implicita», per dire l’incapacità in cui si trova un quindicenne di comprendere il significato di un testo scritto. Le cifre che ha sfornato sono preoccupanti, quando ha dichiarato che tale incapacità colpisce oggi il 51 per cento dei quindicenni italiani.
Un vero dramma, non solo per loro, ma per le generazioni a venire, e una colpa grave per gli educatori, i genitori, i maestri e tutti coloro che sono in un modo o in un altro responsabili dello sviluppo e della formazione dei più giovani. 

I bambini piccoli andrebbero tutelati. Sono la parte più vulnerabile della società. Così come puniamo severamente i reati penali di cui possono essere vittima, dovremmo curare senza indulgenza la loro capacità di apprendimento e tutelarla come un bene primario. Dalla capacità di comprendere il significato di un testo scritto dipende il successo della vita professionale, e non solo, dei nostri giovani, ma la tenuta stessa della società futura. Vi immaginate la catastrofe? Il conduttore di uno scuolabus che non capisce cosa c’è scritto nelle istruzioni per un’emergenza? L’addetto alla sicurezza di un asilo che non sa che fare in caso di incendio, di terremoto o altro perché non ha accesso a un testo scritto.

E non parliamo solo di situazioni di emergenza. In una società evoluta come la nostra, fondata sulla scrittura prima che sull’oralità e sull’audiovisivo, è l’ordinario a imporre a tutti l’obbligo di sapere leggere e scrivere.

La denuncia di Tesauro è senza sconti: «Esiste in Italia una crudele ingiustizia generazionale, perché la crisi ha colpito proprio i bambini. Non solo più di un milione e 300 mila bambini vivono oggi in povertà assoluta (e la cifra corrisponde a un picco negli ultimi 15 anni), ma un bambino in Italia oggi ha il doppio delle probabilità di vivere in povertà assoluta rispetto a un adulto, e il triplo delle probabilità rispetto a chi ha più di 65 anni». 
A questo dato costernante, se ne aggiunge un altro ancora più insopportabile. «Oggi più di due milioni di giovani, tra i 15 e i 29 anni, ovvero un giovane su cinque, è fuori da ogni percorso di scuola, formazione, lavoro». I più penalizzati, come al solito, sono i ragazzi meridionali. «In Sicilia, Campania e Calabria per due giovani occupati ce ne sono altri tre che non studiano, non lavorano, non si formano». 

Prima che sia troppo tardi, prima che l’emergenza educativa diventi emergenza sociale (e criminale), urge ricorrere ai ripari. Allora perché non puntare sull’emulazione? Perché non attivare i più capaci a fungere da modello per i meno capaci, a mobilitarsi direttamente per invertire la rotta e scongiurare il peggio? Discuterne è già un piccolo passo in avanti. E, d’altra parte, la solidarietà nazionale e intergenerazionale non ha bisogno di scenari più tragici.

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