Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

I conti di Totti e la riservatezza che è mancata

di Angelo De Mattia
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Martedì 10 Gennaio 2023, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 11 Gennaio, 23:20

Il caso Totti, se così si può chiamare, ripropone il tema del rilievo dei “vaghi sospetti” che vengono segnalati in adempimento degli obblighi della normativa antiriciclaggio. Agli inizi degli anni Novanta, quando fu adottata la normativa (poi modificata e integrata da direttive comunitarie), l’obiettivo era individuare - attraverso il percorso del denaro - eventuali reati più gravi del mero “lavaggio” dei proventi di operazioni illecite. Sicché, al grido di «moneta olet», si optò per due tipi di misure. A quell’epoca ricordo che anche in Banca d’Italia si discusse molto sull’ammissibilità dei limiti all’utilizzo di banconote a corso legale, che hanno potere liberatorio e solutorio: guardando all’oggi, corsi e ricorsi storici. Si trattò di far leva sia sulla identificazione e registrazione, da parte degli istituti di credito, delle operazioni bancarie d’importo superiore a 20 milioni, sia sulla segnalazione alle autorità competenti delle operazioni cosiddette anomale, evitando di scegliere solo l’uno o solo l’altro di questo tipo di misure.


Era sin da allora chiaro, però, che queste segnalazioni non riguardavano assolutamente ipotesi di reato o comunque sospetti che automaticamente comportassero l’avvio di indagini dell’autorità giudiziaria. Anzi, si dava per scontato che poi i sospetti, ritenuti tali anche sulla base di casistiche e vademecum, potessero alla fine risultare infondati in non pochi casi, senza che la persona coinvolta avesse a subirne le conseguenze sotto il profilo dell’immagine e della reputazione. Fondamentale, a tal fine, era ed è la riservatezza totale da parte dell’intera catena delle segnalazioni: dai soggetti che vi sono tenuti all’Unità di informazione finanziaria che le valuta e decide se inoltrarle agli organi competenti per eventuali indagini, fino a questi ultimi. Sono fondamentali il rispetto e la tutela della privacy di chi ha posto in essere l’operazione segnalata; ma tale assoluta riservatezza è anche necessaria per l’eventualità che il seguito dovesse essere l’approdo a indagini giudiziarie. 


Da allora sono aumentati i soggetti che intervengono in questo campo e sono cresciuti poteri e responsabilità: all’antiriciclaggio si è unita l’azione di contrasto del finanziamento del terrorismo.

Il lavaggio di denaro sporco è visto come reato presupposto di altri, quali per esempio l’evasione fiscale o reati di mafia. Delle segnalazioni di operazioni sospette si conosce che crescono a decine di migliaia, ma di nessuna di esse finora, fermi restando l’obbligo dell’anonimato, si sa se e quali indagini della magistratura abbia motivato e il loro esito. Sia chiaro: i giornali che pubblicano le notizie su queste segnalazioni svolgono il loro compito. Ma è la perforazione della riservatezza che non deve avvenire.

Lo si richiede, a ragione, per le indagini della magistratura nel caso delle intercettazioni, tanto che si propongono nuove norme al riguardo mentre se ne contesta la pubblicazione. Ma ciò vale a maggior ragione per le segnalazioni bancarie, la cui pubblicità è suscettibile di esporre al pubblico ludibrio pure persone che non hanno commesso alcun illecito e che sono in grado di dare le spiegazioni occorrenti sull’operazione che hanno compiuto. In questo campo, si sbaglia non solo quando sfuggono irregolarità e comportamenti anomali, ma anche quando, volens nolens, si scambiano per irregolari comportamenti che non lo sono. E ciò per di più avviene in un procedimento che non è guidato dalla terzietà di un giudice.


Ora le norme ci sono, anche se sarebbero necessarie integrazioni e rafforzamenti. L’auspicio è che la vicenda Totti - che auguriamo finisca nel migliore dei modi per l’interessato - sia motivo di ulteriori riflessioni e quindi di adeguate iniziative anche sul piano normativo.
 

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