Paolo Graldi
​Paolo Graldi

Sdegno globale/ Se la protesta scandalizza anche i turisti

di ​Paolo Graldi
3 Minuti di Lettura
Lunedì 22 Maggio 2023, 00:07

Questa è la novità, un pesante salto all’ingiù per gli attivisti di Ultima generazione: turisti e passanti li hanno presi a male parole, insultati, beffeggiati e poco c’è mancato che si arrivasse alle mani. Di domenica, col pienone di visitatori, hanno attaccato con il loro carbone nero il bersaglio grosso dell’interesse turistico della Capitale: Fontana di Trevi. Con la solita tecnica, ormai collaudata, una decina di loro, motivati da una arroganza tenacissima, sono entrati nella grande vasca. Non come Anita Ekberg e Marcello Mastroianni guidati da Federico Fellini in quella indimenticabile scena d’amore e gioiosa follia nel film “La dolce vita”. No, loro, i teppisti dell’ecologico, hanno buttato nell’acqua la loro vernice e presto quel nero di seppia ha cambiato il volto del monumento più visitato.

A differenza che in altre, ormai numerose occasioni, la gente ha reagito, si è indignata, infuriata, anziché giocare il comodo ruolo di spettatore magari un po’ divertito per quel blitz antagonista che costringe poliziotti e vigili urbani a buttarsi per impedire che lo scempio prosegua e per trascinare all’asciutto i guerrieri anti-fossile. Così era successo alla Barcaccia del Bernini in piazza di Spagna, e durante l’assalto al portone del Senato della Repubblica: loro a sparare vernici e gli spettatori tra l’incredulo e il divertito a godersi la scenetta. Ieri è scattato un segnale di rivolta, di ripulsa.

Lo sdegno si è fatto voce forte, severa. È segno che il metodo fa scandalo ma non colpisce l’obiettivo, cioè sensibilizzare l’opinione pubblica sui disastri ambientali non abbastanza contrastati dall’azione della politica. Lo stesso discorso vale per le catene umane che bloccano d’improvviso, meglio se in ora di punta, il traffico sulla Tangenziale, con migliaia di cittadini che corrono al lavoro, ai mille impegni quotidiani.
Poi, ultima ma non ultima, c’è, fortissima, una questione di immagine. I luoghi icona del nostro patrimonio artistico devono essere tenuti e mantenuti come sacri, inviolabili, perché racchiudono in sé tutta la forza di attrazione della Capitale, Caput Mundi, appunto.

Che cosa può ricavarne come idea il turista straniero di fronte a un simile fatto e il lettore che vede le sequenze sui media delle bravate ormai sistematiche di questo gruppetto?

Non è edificante pensare che questi piccoli, malaugurati eventi deflagrano e sprigionano danni assai severi, compreso quello di poter sostenere che gli addetti, le forze dell’ordine, non si rivelano mai all’altezza di una attività preventiva, capace non solo di perseguire i responsabili ma anche di prevenire, con adeguata attività investigativa, che questi episodi si verifichino.

Guai se, con il susseguirsi degli assalti di questi terroristi bianchi, docili nell’arrendersi a misfatto compiuto ma testardamente determinati a riprovarci alla prima occasione.

Il decreto-legge che inasprisce le sanzioni e porta fino a 60 mila euro la multa più salata non convincono i recidivi a cambiare rotta.

Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, dice basta a queste aggressioni e rivela che per quel breve e assurdo gesto bisognerà svuotare Fontana di Trevi e che per rimetterla a posto serviranno 350 mila litri d’acqua.
Bisognerà poi controllare che il carbone vegetale non abbia intaccato il marmo, poroso ed esposto al rischio di danni incancellabili.

E allora? Serve una diversa strategia. I nostri apparati investigativi sono perfettamente in grado di prevedere e prevenire questi assalti, del resto indirizzati verso obiettivi altrettanto prevedibili.
La banale invincibilità di “Ultima generazione”, oltre ai piccoli disastri che combina, offrirà l’idea buffa e beffarda che, di fatto, tutto quello che ci indigna è inevitabile.
E questo davvero non può passare. Neppure la protesta più sacrosanta contiene il diritto di calpestare regole e buon senso.

Le cartoline spedite ieri da Fontana di Trevi portano nel mondo un’immagine che ci addolora e che non vogliamo accettare. Alla prossima? Speriamo proprio di no.

© RIPRODUZIONE RISERVATA