Pio d Emilia
Pio d’Emilia

Più attenzione con i social, insultare fa male al cervello

di Pio d’Emilia
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Martedì 24 Novembre 2020, 16:05

«Ma hai visto come si è conciato quello?». «Alla sua età piuttosto che andare in palestra dovrebbe stare a casa a fare la calza». «Ma la senti, quella puzza d'aglio, ma come si fa...». E questo è niente. Dalle battute che si fanno/facevano al bar, tra gruppi di amici, passeggiando per strada, siamo passati agli insulti, e minacce, via social.
Mai come in questo periodo parlare male degli altri, offendere ed insultare sembra essere così diffuso e popolare. Pare addirittura che insultare faccia bene: scaricare la rabbia aiuta perché stimola la produzione della dopamina, il neurotrasmettitore del piacere, che si attiva ogniqualvolta facciamo qualcosa, appunto, di piacevole mangiare, attività sessuale inducendoci a ripeterlo. L'ho sentito sostenere di recente in un talk show nostrano, non ricordo bene da chi e che titolo avesse per sostenerlo. Ma è proprio così? O è invece il contrario? Dal Giappone arriva una teoria completamente opposta. Insultare fa male. A chi insulta, non a chi che spesso neanche se ne accorge gli insulti sono diretti.


Mentre sui grandi giornali ed i network televisivi nazionali è difficile trovare notizie e/o spunti fuori dal coro, in Giappone ci pensano i settimanali, alcuni dei quali hanno tirature da brivido (oltre 5 milioni di copie) a darci le vere notizie, e a offrirci interpretazioni diverse della cosiddetta realtà. Una di queste riviste, Josei Seven (oltre 2 milioni di copie) ha pubblicato un interessante articolo sull'impatto, e non solo sociale, come vedremo, del cosiddetto waruguchi, termine con il quale si definisce la brutta, quanto ahimè universalmente diffusa, abitudine a parlar male degli altri. Che sembra faccia male. Ma non agli altri, ai destinatari degli insulti (che spesso non ne sono neanche consapevoli), bensì a noi stessi.


Una sorta di boomerang, sostiene lo psichiatra Shion Abusawa, secondo il quale lo stress prodotto da un insulto ricevuto ma spesso non percepito è addirittura minore rispetto a quello lanciato. L'amidgala, la parte del cervello che gestisce le emozioni, compresa la paura non fa infatti differenza tra minaccia in entrata o in uscita: e l'insulto inviato, specie quello rivolto ad alta voce, è alla fine molto più dannoso di quello che ci hanno rivolto, ma che in realtà non abbiamo neanche percepito.

Vuoi perché non l'abbiamo ascoltato, vuoi, come più spesso accade oggi, non l'abbiamo letto.


Certo, definire idiota o imbecille qualcuno ti fa sentire sia pur relativamente più intelligente, mentre accusare gli altri di essere corrotti e mascalzoni ci fa sentire più onesti ed integerrimi. Ed è vero lo dimostrano vari test che insultare con convinzione e trasporto aumenti la produzione di dopamina, così come qualsiasi altra attività piacevole. Ma attenzione, perché come ricorda il dottor Kabasawa dobbiamo fare i conti anche con l'amigdala, una delle zone più primitive del cervello. Una zona che ha solo due posizioni: on e off.


Quando sente un urlo, un grido, sia esso proveniente dall'esterno o dall'interno, si attiva, molto prima che intervenga la più sofisticata corteccia prefrontale, parte del cervello che riconosce, analizza accadimenti e situazioni, determinando poi l'appropriata reazione. In altre parole, prima ancora che possa essere valutata una eventuale minaccia, l'amigdala provoca uno stato di tensione, financo paura e dunque stress nel momento in cui sente l'urlo, l'insulto, la rabbia in qualche modo manifestata.

Non basta: lo stato di allerta lanciato dall'amigdala a sua volta impone alla più lenta, ma indispensabile, corteccia prefrontale di intervenire, e decidere il tipo di reazione. Ma l'intervento della corteccia prefrontale non è gratuito, inesauribile: ha un suo costo, primo fra tutti quello di invecchiare prima, di rallentarla. Sono i vuoti di memoria, le amnesie anche parziali e momentanee. Fino ad arrivare a forme più gravi come la demenza. Meno vi arrabbiate, meno insultate e criticate gli altri, meglio e più a lungo vivrete. Un buon motivo per tenere a freno la lingua, o, di questi tempi, i polpastrelli.

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