Maria Latella

Rissa al Pincio, nei giorni del Covid il vuoto “dentro” dei nostri ragazzi

Risse in piazza nei giorni del covid il vuoto dentro dei nostri ragazzi
di Maria Latella
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Lunedì 7 Dicembre 2020, 00:14 - Ultimo aggiornamento: 08:39

Sabato pomeriggio a Parigi e a Roma alcuni ragazzi si sono picchiati e alcuni ragazzi si sono scontrati con la polizia. Ho il dubbio che in entrambi i casi, per molti di loro, la molla fosse la stessa: voglia di vivere in gruppo un momento adrenalinico e se possibile sfogare la rabbia contestando l’autorità.

La gigantesca rissa al Pincio

Ma a Parigi il motivo c’era: far cancellare l’articolo 24 della legge sulla sécurité global che impedisce di riprendere gli agenti di polizia. Sulla terrazza del Pincio il fatto scatenante invece non s’è capito e se si troverà sarà del genere derubricato alla voce “futili motivi”. Traduzione: noia. A Parigi tra i manifestanti di mezz’età c’erano tantissimi giovani, e tra loro ragazzi italiani che a Roma non avrebbero mai partecipato a un corteo, mai lasciato l’aperitivo a ponte Milvio per protestare e scandire slogan. Perché? Perché il vuoto italiano è più profondo e antico.

I modelli diffusi tra molti sedicenni, ai Parioli come in periferia, sono i rapper, gli influencer o, peggio, i piccoli boss dello spaccio. 

 


A Parigi la polizia è contestata in nome della democrazia, per il pestaggio ingiustificato di un produttore musicale. In Italia le forze dell’ordine, perfino il vigile urbano, sono attaccati perché pretendono il rispetto della regola che impone la mascherina anti Covid.

 
Insomma: l’adolescenza è l’età della contrapposizione all’autorità. Ma c’è pretesto e pretesto. L’adolescenza è la stagione in cui si cercano emozioni, sfide, rischio. Il tempo in cui non si hanno gli strumenti per dominare la paura del vuoto, l’infinita distesa di ore in cui nessuno ti chiede di fare niente e tu non hai niente da fare. In Italia, i ragazzi non vanno a scuola da un anno e se vivono in periferia non hanno programmi per fare sport all’aperto o pomeriggi in qualche modo organizzati. Spesso, in famiglia, (e vale per qualsiasi quartiere, agiato o svantaggiato) si dimenticano di chiedere a che ora rientri, fammi vedere i compiti, che cosa hai fatto oggi, a che ora metti la sveglia anche se domani è domenica. 


Essere il genitore di un figlio adolescente è faticoso. In Italia lo è ancora di più perché da decenni ci siamo dimenticati come si accompagna la più difficile fase. Per dirla con il filosofo francese Paul Nizan “Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”. Tutte le adolescenze si somigliano, quelle delle nostre città si confrontano con vuoti più profondi che altrove. Lo ribadisco in modo semplicistico: i ragazzi che sabato a Parigi hanno partecipato al corteo contro la legge 24, a Roma avrebbero avuto come opzione e come momento adrenalinico la rissa al Pincio o l’assembramento da aperitivo all’Eur.
Si dirà: anche in Italia ci sono state manifestazioni, pacifiche o violente, le ultime a Torino e Milano con vetrine spaccate come a Parigi: stai forse proponendo come alternativa alla rissa per futili motivi, il corteo con scambi di sassi e lacrimogeni? No, non ho alternative, risposte e tantomeno soluzioni. Ma so che non possiamo ogni volta fare un sermone e poi voltare la testa dall’altra parte. Ci sarà un motivo se le comunità di recupero per tossicodipendenti ormai sono piene di ragazzini che devono disintossicarsi da cannabis, psicofarmaci, oppioidi, ma soprattutto devono apprendere cos’è quella cosa misteriosa che un tempo si chiamava disciplina. La comunità, il rehab, sta sostituendo il servizio militare obbligatorio.


Ci sarà un motivo se gli psichiatri segnalano l’aumento del consumo di psicofarmaci tra quindicenni che li ottengono grazie a ricette false e a farmacisti davvero troppo distratti. Dopo un anno di pandemia (e di scuola a distanza) gli esperti denunciano con allarme un aumento dei casi di depressione tra i ragazzi. E ogni settimana si segnala una rissa gigante. Una volta in Umbria, una volta a Roma, la prossima chi sa dove sarà. Possibile che si continui a considerare “episodi a sé” quelli che invece sono segnali complessivi di un malessere profondo? La politica a tutti i livelli si riempie la bocca del Next Generation Ue. Tutti pensano ai soldi e intanto stiamo condannando al vuoto i ragazzi nati dopo il 2000. Tanti vuoti. Di senso del futuro. Di competenze scolastiche. E, anche, di che cosa significhi avere dei diritti ed essere responsabili dei doveri.

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