Mario Ajello
Mario Ajello

Oltre i lockdown/ Ecco quello che l’Europa non ha fatto per la ricerca

di Mario Ajello
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Martedì 16 Marzo 2021, 00:14

Si nota nella coscienza collettiva, in qualcuno di noi in certi romani, in una parte degli italiani, un senso di stanchezza, di disillusione, di crescente fastidio per il ritorno delle chiusure forti, per la nuova stretta da zona rossa. E non aiutano a vivere meglio questa fase, che parrebbe assomigliare al lockdown di un anno fa ma non è così, le vicende legate al vaccino AstraZeneca che ieri è stato sospeso in via precauzionale.

È come se non si vedesse la luce in fondo al tunnel, e invece la luce c’è. Questa luce siamo noi, insieme alla scienza e alla buona politica. È naturale essere stanchi. È comprensibile che non ne possiamo più. È ovvio, per esempio, che il ritorno alla Dad crea profonde difficoltà ai ragazzi e alle famiglie. 

E abbiamo vissuto tanti lutti e continuiamo a stare dentro a una tragedia nazionale ed epocale che ci tormenta e sembra fatta apposta per fiaccare la nostra resistenza o resilienza, come si ama dire adesso. Ma proprio questo dobbiamo impedire: non ci è consentito arrendersi né cedere alla rilassatezza amara e perdente né abbandonarsi al fatalismo né farsi assalire dai dubbi del tipo: ma servirà questa ennesima stretta visto che un anno dopo siamo al punto di prima? 

La battaglia è arrivata a un tornante decisivo e occorre imboccarlo con coraggio e lungimiranza. In più ci sono i vaccini che fanno la vera differenza e guai a non continuare a credere in questa che è l’unica arma disponibile. Lo aveva capito nel ‘700 Voltaire, che restò ammirato dalla forza dell’immunologia in Inghilterra e non si capacitava degli europei che criticavano la campagna vaccinale contro il vaiolo Oltremanica (si veda il nuovo libro di Ian McEwan, “Invito alla meraviglia. Per un incontro ravvicinato con la scienza”, Einaudi). E dobbiamo dubitarne noi, italiani da nuovo millennio? 

Altro che sconfittismo. Mai come adesso serve fiducia nelle nostre capacità di sopportazione da popolo maturo e consapevole delle sue qualità. Tra le quali c’è quella di essere tenace, come abbiamo dimostrato finora. Nell’ultimo miglio di questa corsa alla salvezza, è necessario dunque il doping della convinzione. Se ci facciamo prendere dal virus del relativismo - ovvero la credenza secondo la quale gli sforzi che abbiamo fatto finora hanno avuto un effetto molto relativo, quello di non liberarci dal Covid, e allora non chiedetecene altri - non ne usciremo mai. 

O finiremo per subire di nuovo il lockdown duro e puro di un anno fa, quando ci parlavamo soltanto dai balconi. Almeno, allora, sventolavamo il tricolore. Se oggi sventoliamo la bandiera bianca o semi-bianca, vince - per abbandono del nostro campo - la nuova peste nera. 
In questo contesto, fa impressione e procura un’inquietudine vera l’attentato in cui è stato bruciato l’altra notte il portone dell’Istituto Superiore della Sanità.

Vicenda si spera isolatissima ma che s’inserisce, come benzina sul fuoco, come speculazione criminale ai danni di un Paese bisognoso di unità e di pace, in un clima già molto complicato.

Dare prova di estrema condivisione civica, senza sbavature, senza furberie, degli ultimi provvedimenti anti-Covid è la maniera migliore per stare all’altezza della sfida in corso. Sì, ancora uno sforzo occorre. E fa ben sperare - i romani ne tengano conto - il fatto che tra le regioni che già hanno imboccato la strada della discesa delle curve del contagio ci sono quelle sottoposte a misure più stringenti nell’ultima settimana: Umbria, Molise, Alto Adige, Trentino. Insomma, chiudere serve.

Sconsigliabili, e poco congrui, i lamenti sulla seconda Pasqua blindata. Se il rigore dei comportamenti vincerà sulla tentazione del mollare, anche la Pasqua potrà essere migliore. Dipende, appunto, da noi. Oltretutto c’è una condizione, finora mai vista, che dovrebbe favorire la convinzione di tutti a dare di più. E cioè che per miracolo (il miracolo Draghi?) le forze politiche, impegnate in beghe da cortile nell’ultimo anno anche sulla pandemia, adesso sembrano pacificate. Ma c’è il rischio che non lo saranno a lungo, se il virus continua a crescere. 

Per una volta tanto che l’inutile rumore delle risse di Palazzo si attenua, i cittadini potrebbero approfittarne per concentrarsi meglio e per trovare in se stessi quella forza supplementare per battere, tra iniezioni anti-Covid e iniezioni di rettitudine nella condotta personale e collettiva, il morbo.

Questo tipo di fermezza diventerebbe un deterrente per la politica a ripristinare i suoi peggiori istinti, che sono dannosi per tutti e che potrebbero inficiare anche il dopo.
 

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