Cesare Mirabelli

Danni trascurati/ Il caso sfratti, la proroga che vanifica le sentenze

di Cesare Mirabelli
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Giovedì 31 Dicembre 2020, 00:02

La proroga della sospensione dei provvedimenti di rilascio degli immobili fino al 30 giugno del prossimo anno riapre la discussione non solamente sulla opportunità di questa misura, che è scelta nella quale si esprime la discrezionalità politica del Parlamento , ma anche sulla legittimità costituzionale di un ripetuto differimento della esecuzione degli sfratti. Difatti ne risulta compresso il diritto del proprietario, che non può riottenere la disponibilità dell’immobile anche se ne ha giusto titolo, non ha percepito e non percepisce il canone di locazione, ed è tenuto al pagamento delle imposte che gravano sull’immobile. In passato è stato giustificato un differimento legato a situazioni di tensione abitativa, considerando che va in qualche modo protetto anche il diritto ad un alloggio.

Nell’attuale situazione la sospensione della esecuzione dei provvedimenti di rilascio riguarda anche gli immobili con destinazione diversa dall’uso abitativo, in prevalenza locati per attività commerciali. Se ne può comprendere il motivo, in un contesto di difficoltà economica generale, ma il sostegno che in tal modo si intende offrire a chi si trova in una situazione di difficoltà, viene posto a carico di altri, che possono trovarsi in eguale e talvolta maggiore difficoltà, giacché la proprietà di un immobile non è di per sé indice di ricchezza e può costituire l’unica fonte di reddito che deriva dalla locazione, oppure il riacquisto della disponibilità dell’immobile può rispondere alla necessità dell’uso abitativo personale.

Ricordare queste non infrequenti situazioni rende evidente come la sospensione generalizzata della esecuzione degli sfratti, senza che sia possibile una valutazione delle necessità del proprietario di ottenere la disponibilità dell’immobile, fa sorgere forti dubbi sulla ragionevolezza di una disciplina che non prevede alcun bilanciamento tra le esigenze contrapposte del proprietario e del conduttore. Inoltre la larga elargizione di “ristori” di vario tipo, che è stata disposta per una ampia serie di situazioni di ritenuta difficoltà economica determinata dalle misure imposte per fronteggiare la diffusione dell’epidemia, rende evidente che nessuna analoga considerazione si è fatta per riconoscere qualche pur limitato beneficio per chi, dopo avere ottenuto in giudizio un titolo esecutivo di rilascio dell’immobile, ne vede imperativamente sospesa l’esecuzione continuando a rimanere privo del canone convenuto con il contratto di locazione.

Se tutto questo può riguardare l’equilibrio nella tutela del diritto di proprietà, che la Costituzione garantisce, un altro aspetto viene a toccare la effettività della giurisdizione.

La sospensione dell’esecuzione riguarda provvedimenti di rilascio per mancato pagamento del canone di locazione. Il presupposto è dunque che vi sia stato un procedimento per convalida di sfratto, insomma che vi sia stato un giudice e un giudizio nel quale proprietario e conduttore dell’immobile abbiano potuto svolgere in contraddittorio le loro difese. Ottenuta la convalida dello sfratto, in mancanza dello spontaneo e dovuto adempimento da parte del conduttore, si apre un altro procedimento per l’esecuzione del rilascio dell’immobile, compreso ancora una volta nell’ambito della disciplina del processo civile. Non sembra proprio bizzarro ritenere che anche questo, e si direbbe tutto questo, sia compreso nel principio per il quale, come prevede la Costituzione, la legge assicura la ragionevole durata di ogni processo. Si direbbe che la durata vada dalla domanda rivolta al giudice, fino alla realizzazione del diritto tutelato mediante atti disciplinati dalle regole processuali.

C’è allora da chiedersi se sospendere la esecuzione di procedure di rilascio, e reiterare a catena queste sospensioni, non sia in contrasto con la ragionevole durata del processo. Una attenzione che è richiesta per tutti i procedimenti esecutivi, per il rischio che la ragionevole durata del processo, se venisse circoscritta e racchiusa esclusivamente nel giudizio di merito, sarebbe del tutto vanificata dalla conquista di una sentenza o di altro titolo esecutivo, in realtà privo di concreto e tempestivo effetto.

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