Pio D'Emilia
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Covid, ecco la sanità pubblica che funziona

di Pio D'Emilia
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Martedì 22 Settembre 2020, 13:52 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 18:19

Un ruolo fondamentale nella gestione dell’attuale pandemia – 30 milioni di contagi, un milione di morti, e non è ancora finita – ce l’hanno ovviamente i vari sistemi sanitari. Basta vedere come stanno andando le cose negli Usa, dove nonostante la “storica” riforma di Obama un vero e proprio sistema di assistenza sanitaria pubblica non c’è. Una buona occasione, dunque, per farsi “un giro” tra quelli a noi più lontani, ma di fatto tra i più efficienti: Corea del Sud e Giappone. Entrambi questi Paesi – i cui cittadini, assieme a noi italiani, sono tra i più longevi al mondo - dispongono di un’assistenza sanitaria pubblica ed “universale”, estesa dunque a tutti i cittadini (e ai residenti stranieri), che prevede, come da noi, la copertura da parte dello stato di una percentuale variabile delle spese mediche (attorno al 70%) e un ticket, anche questo variabile a seconda delle prestazioni e delle fasce di reddito.

Secondo l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il sistema sanitario coreano è considerato, per accesso, prestazioni e risultati, tra i primi al mondo: talmente avanzato ed economicamente conveniente (grazie al diffuso riconoscimento di molte assicurazioni internazionali) che sino a prima della pandemia era – come Cuba – una delle mete del cosiddetto “turismo sanitario”. Molti stranieri, e non solo provenienti dal continente asiatico, preferivano affrontare un lungo viaggio e le varie difficoltà logistiche, tra cui la lingua, pur di farsi curare negli ospedali coreani. Ma quello che è forse più interessante rilevare, rispetto a queste due “eccellenze”, sono le differenze rispetto al nostro sistema, che pur – udite udite, perché molti non lo sanno – è complessivamente considerato dall’Oms il secondo al mondo, dopo la Francia. La prima, determinante differenza è l’assoluta centralità dell’ospedale. In Giappone (e Corea) quando si sta male, si va in ospedale (o nelle varie, numerosissime e quasi tutte convenzionate) cliniche private. La prima fase, quella che prevede l’intervento del “medico di famiglia” (che da noi spesso oramai si risolve con un consulto telefonico seguito da prescrizione di medicinali ed impegnative per accertamenti diagnostici, spesso inutili) non esiste.

Il nonno sta male? Il bambino ha mal di gola? Non ci si attacca al telefono: si carica il malato in macchina o in taxi e si va in ospedale. E se si tratta davvero di emergenza, si chiama il 119: il numero dei vigili del fuoco. Sono loro infatti a gestire il servizio ambulanze che è pressoché immediato, 24 ore su 24, e soprattutto sempre e comunque gratuito. In Giappone gli ospedali sono oltre 8000, in Corea del Sud (che ha meno della metà della popolazione del Giappone) circa 4000, e invece di diminuire, aumentano. In Italia, che ha più o meno la stessa popolazione della Corea (60 milioni contro circa 50) sono oramai meno di 1000, e continuano a chiudere. Il numero di posti letto la dice tutta: Giappone e Corea sono ai primi due posti al mondo, rispettivamente con 13,2 e 12,5 letti ogni mille abitanti. Noi, con appena 3,26 letti, figuriamo al 26° posto. Vi chiederete, ma se un bambino ha 40 di febbre lo portano fuori, comunque? Che orrore, mai nella vita, direbbe una mamma italiana. Ebbene sì, in Giappone si fa: lo si imbacucca per bene e lo si porta in ospedale, dove nel giro di poche ore, e dopo vari ed eventuali accertamenti diagnostici (tutti effettuati sulmomento) viene visitato. E al ritorno non dovete neanche passare in farmacia: le medicine vengono date direttamente in ospedale, nelle dosi esatte prescritte dal medico, in bustine dove c’è scritto solo il principio attivo, il dosaggio ed eventuali indicazioni specifiche. Niente sprechi, blister e boccette che si accumulano (e scadono), e soprattutto niente “fai da te”. Impossibile, in Giappone, acquistare non solo un antibiotico, ma perfino l’aspirina. Occorre regolare prescrizione. E allora, tanto vale andare in ospedale, dove è tutto più semplice e veloce. Forse è per questo che il grado di soddisfazione espresso dai cittadini rispetto al proprio sistema sanitario in Giappone è del 61%,in Corea dell’80% e in Italia… del 19% (per il sistema pubblico: per quello privato sale al 35%, ma non tutti possono permetterselo). 

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