Paolo Graldi
Paolo Graldi

Le regole semplici e l’oltraggio al buonsenso

di Paolo Graldi
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Mercoledì 22 Luglio 2020, 00:02
Va a finire che torna ad abbattersi su tutto e tutti quella mannaia chiamata lockdown. Con l’ordine di stare a casa, rinchiusi come nelle tremende settimane del picco della pandemia. Per intanto mascherine obbligatorie per tutti, dentro e fuori, nei locali ed all’aperto. Tanto più che l’argomento che non si trovano o costino troppo si è ormai dissolto.
Una brusca frenata sulla fase 3, interpretata come liberi tutti. Lo temono alla task force della Protezione Civile, lo minacciano gli esperti del ministero della Salute, stanno per deciderlo i vertici di alcune Regioni, Lazio compresa, come è stato anticipato su queste colonne. 

La movida insensata e straripante complice del Civid-19: questo è il problema. Abbracci e baci e niente mascherine, distanza di sicurezza ignorata, troppe convenienti complicità di esercenti sordi ai richiami. Tutti allegramente e stupidamente a considerare il contagio altro da sé, comunque non pericoloso, anzi da sfidare con l’immunità della giovane età. 
Liberi tutti: in un concerto di affettuosità che ignora, anzi si fa beffa, delle campagne di sensibilizzazione, nell’inascoltato tambureggiate delle raccomandazioni sui media. Un capitolo a parte va aperto sulle manifestazioni di piazza, comizi con tanto di selfie con i fans, dove le mascherine latitano e le distanze di sicurezza si dissolvono negli abbracci.

«Mascherine, mascherine, mascherine», ripetono ormai quasi stancamente le autorità. Il riaccendersi di focolai nelle zone elette degli assembramenti fa temere il peggio. Così, mentre si discetta tra virologi ed epidemiologi sulla possibilità di una nuova ondata in autunno, all’arrivo di raffreddori e influenze di stagione, ecco affacciarsi il rischio in piena estate di lampi epidemici difficili da contenere e assorbire. 
Niente da fare, le raccomandazioni prima e le ordinanze poi sono scivolate come acqua sul marmo: la movida da Trastevere a Ponte Milvio, ma anche al mercato Esquilino (chiuso per tre giorni) e sulla riviera da Fregene fino al Circeo, per spingersi sull’isola di Ponza e più in là nella piazzetta di Capri: breve elenco di luoghi a rischio dove il virus non si vede ma rischia di diffondersi, minaccioso, pervasivo, pronto a mietere vittime. 

La polizia, locale e di Stato, sia detto col massimo rispetto, può far poco. Certo, con una massiccia presenza di uomini attivi e risoluti fa sentire il peso dei controlli, diffonde il senso di una deterrenza severa, ma si è visto che non basta. E neppure le multe e le chiusure degli esercizi coinvolti, a quel che sembra.
C’è perfino di peggio. L’oltraggio al buonsenso. A Trastevere c’è chi ha sputato sui citofoni interpretando il macabro ruolo dell’untore. A questo pericolo incombente si aggiunga quello, provato e ugualmente temibile, delle trasgressioni singole: Bangladesh, Iran e India i Paesi da dove sono arrivati cittadini malati, contagiosi ovviamente, qualcuno inconsapevole e altri colpevolmente temerari ad aggirarsi in luoghi pubblici affollati con la febbre e tutti i sintomi del male. 

Isolati i malati conclamati dalle frontiere ospedaliere diviene tuttavia complesso e perfino velleitario pensare di poter rintracciare tutti i contatti per ricostruire la ragnatela dei contatti anche fugaci. 
Il virus, in tal modo, non trova barriere ma complici, ospiti generosi quanto stupidi vettori. È qui, su questo punto, che la responsabilità non può soltanto attribuirsi alle leggi, ai consigli, alle ordinanze. E’ l’individuo che deve rispondere per sé e per gli altri. 

L’idea vagheggiata da qualche anima bella che la lunga quarantena patita autorizzi adesso trasgressioni e giochi di gruppo è insensata, al limite della demenza. 
Perché sacrifica a gesti eclatanti e di sfida bullesca il bene e la salute di tutti. Se un cittadino è malato di diabete saranno i farmaci e le diete a decidere sull’andamento della sua malattia. Se va male, colpa sua. 
Non è lo stesso con il Covid-19. Bisogna rendersene urgentemente conto. Tutti, senza eccezioni. Non è pensabile dover ricorrere a nuove clausure, imporre zone rosse, per poi lamentarne i danni fisici ed eonomici e chiedere magari d’esserne risarciti. 

Non c’è niente di esagerato nella richiesta di rispetto delle regole, che poi sono poche ed elementari. L’impatto della pandemia nel mondo dovrebbe poter bastare, da sola, a imporre a ciascuno le barriere necessarie, indispensabili alla protezione di tutti. Ciascuno faccia la sua parte, l’abbraccio collettivo può attendere. 
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