Luca Diotallevi
Luca Diotallevi

Rete da costruire/ Le città-medie che servono a Roma Capitale

di Luca Diotallevi
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Venerdì 9 Aprile 2021, 00:08

Per affermare definitivamente la “Questione Italia Centrale” – sulla quale si è cominciato ad osservare un diffuso consenso – occorre evitare, se possibile sin dall’inizio, che essa si trasformi in un “luogo comune” (senza un significato preciso) o in una “questione-contenitore” (buona al massimo per strappare qualche mancia). 

Serve che si identifichi un “problema-guida” e con esso un determinato punto di vista sulla questone Italia Centrale (QIC). Questa è la condizione perché la “questione” si trasformi in una agenda di problemi condivisa e perché intorno a questa agenda si generi una competizione fruttuosa di idee diverse ed interessi diversi. Proviamo allora ad esplicitare il problema-guida presente nella proposta lanciata da queste colonne. 
Se le città-medie del centro-Italia riescono a fare rete, connettendo la potenzialità global di Roma e il dinamico ma sottile “corridoio adriatico”, la QIC può trovare un inizio di risposta. Sarebbe sciocco presentare questa ipotesi come una certezza. Lo sarebbe però anche non discuterla seriamente, magari proponendo delle alternative. Il carattere strategico del fattore urbano (per la crescita e per lo sviluppo) viene esaltato non già da smisurate periferie, ma da uno scambio tra realtà urbane di diversa pezzatura e vocazione collegate tra loro e con un polo global. In Italia, basta guardare al rapporto tra Milano e la sua regione reale: molta Lombardia, ma anche un bel po’ di Veneto e porzioni di Emilia e Piemonte.

Il fatto nuovo è che alla continua rivoluzione tecnologica (che aumenta capacità e velocità di ogni genere di infrastruttura) si è unito l’aggiustamento sociale che sta maturando in regime di lotta al Covid. L’effetto cumulato sembra rendere ancora un po’ più vantaggioso il modello global city + città medie. È come se il valore relativo di queste ultime fosse ulteriormente cresciuto. Messe in rete, le città medie, senza reduplicare il grande centro ma interagendo con esso più intensamente, moltiplicano e diffondono la qualità civile ed economica che solo l’urbano garantisce e di questo riducono alcuni dei costi che oltre una certa soglia esso comporta.
Nell’Italia Centrale ci sono oggi più di ieri le condizioni per tentare questa strada, e le ragioni sistemiche per farlo (locali, nazionali ed ultra nazionali). I fini di questo tentativo convergono sugli scopi del Next generation UE e queste risorse lo rendono possibile quanto mai prima d’ora. Se si vuole provare, è il momento di farlo. Basta un esempio per mostrare come quello della rete di città medie possa funzionare da problema-guida per la QIC, sia cioè in grado di dare ordine agli altri pur importanti aspetti della QIC e di fungere da criterio per la selezione tra visioni alternative. Nella prospettiva di questo problema-guida siamo costretti a sgomberare il campo da ipotesi come quella delle macro-regioni. Lo sviluppo di una rete di città medie, indifferente ad ogni sorta di confini amministrativi, è coerente con una idea di società a “baricentro basso”, con il modello delle “società aperte” e non con quello rigido, centralista, iperorganizzato e fordista.

Non è coerente con la logica della programmazione, ma con quella dell’incremento delle opportunità. È coerente con la forma della piazza, non con quella della torre (Ferguson). Parla la lingua del XXI secolo non quella del XIX.

Il problema-guida non solo scarta alcune soluzioni (come quella delle macro-regioni), ma mette operativamente in ordine gli altri problemi. Qualche altro esempio. Infrastrutture, intermodalità, diverse mobilità (urbana ed extraurbana), rigenerazione urbana, forme nuove di lavoro (smart e co-working) si decompartimentalizzano ed assumono un primato indiscutibile. Per ritessere l’Italia Centrale serve più velocità e movimentazioni, comunicazioni e commutazioni che non si arrestino alle periferie, ma avvengono nei centri. Le nuove tecnologie oggi lo consentono e nell’Italia Centrale ci sono le condizioni per farlo. E se per farlo leggiamo il tessuto sociale reale, ci accorgiamo di cose che altrimenti sfuggirebbero: ad esempio che per mettere in rete il Centro Italia e per fargli svolgere la sua funzione di “ponte” tra Nord e Sud (dell’Italia e dell’Europa) le connessioni Est-Ovest (es. Roma/Ancona e Firenze/Pescara) sono ancora più importanti di quelle Nord-Sud. 

La ricerca e la conoscenza sono oggi più che mai fattori di crescita economica e su questo l’Italia Centrale è rimasta molto indietro. Va riannodato il legame città-università (sacrificato a quello università-ministero ed in qualche caso università-Regione). Fare rete di città medie significa anche fare rete degli atenei dell’Italia Centrale: evitare doppioni, fare economie di scala, incentivare specializzazioni, agevolare scambi e collaborazioni (le Marche, come già Bologna e la Romagna, si sono mosse in questa direzione). L’alternativa è quella di una sostanziale desertificazione universitaria di questa porzione del Paese. Se invece viene intrapresa questa strada, una nuova stagione di crescita delle relazioni tra industria ed università diventa possibile anche in quest’area del Paese, nella quale, ad esempio, si concentra una parte importante del settore farmaceutico (strategico e trainante per la ricerca). Discorso analogo potrebbe essere fatto per l’industria culturale che ha in Roma e in Firenze capitali globali, ma anche eccellenze assolute in non poche città medie dell’Italia Centrale. 

Un ultimo esempio. Se vogliamo una rete di città medie, dobbiamo affrontare con coraggio il nodo dei micro-comuni e quello dei rapporti città/Regioni. Servono ulteriori strumenti legislativi (a “geometria variabile”) e nuovi incentivi per agglomerazioni amministrative di Comuni e per consentire negoziazioni di prestazioni tra amministrazioni regionali e comunità cittadine, e per la creazione di agenzie in partenariato pubblico-privato per politiche relative a beni collettivi che alimentano la competitività.
La “Questione Italia Centrale” ha a che fare con la ricostruzione del Paese e della Unione Europea. Se si vuole provare ad affrontarla, è il momento per farlo. Partire dal problema-guida della rete di città medie è forse il modo giusto per cominciare a farlo.

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