Barbara Jerkov

La lettera/ Ciro Grillo, la mamma e gli insegnamenti ai nostri ragazzi

di Barbara Jerkov
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Mercoledì 21 Aprile 2021, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 00:56

Cara Parvin, da madre a madre: capisco il dolore, capisco la paura. Ma gli argomenti usati da lei e suo marito Beppe Grillo in difesa di vostro figlio indagato per stupro riportano brutalmente indietro l’orologio della nostra storia collettiva. Una sequenza di luoghi comuni e pregiudizi francamente insopportabile.

La questione ormai è nota. Grillo in un video ha difeso a spada tratta vostro figlio Ciro, 20 anni, indagato con altri tre amici per violenza sessuale su una ragazza nell’estate di due anni fa. 

La denuncia arrivata solo 8 giorni dopo, secondo suo marito, getta pesanti ombre sulla credibilità dell’accusa. «C’è un video che testimonia l’innocenza dei ragazzi, dove si vede che lei è consenziente. La data della denuncia è solo un particolare», è intervenuta anche lei, Parvin, a sostenere la stessa tesi. 

Consenziente una ragazzina ubriaca fino a svenire? Noi madri di figli maschi abbiamo un surplus di responsabilità nell’educare i cittadini del futuro: se non siamo noi a insegnare loro il rispetto per le donne, se non siamo noi a inculcare loro il concetto che una ragazza ubriaca e incosciente non è un corpo da usare a proprio piacimento ma una persona da difendere e proteggere proprio perché più indifesa, chi deve farlo?

Non è derubricando a goliardata una notte di vodka e sesso sfociata in una denuncia penale che si educa un ragazzo a considerare il sesso un aspetto essenziale della vita, sì, ma non a ogni costo.

Altrettanto essenziale è non dimenticare mai che una donna - a qualsiasi età - può dire “no” anche all’ultimo secondo e quel “no” va rispettato sempre e comunque. Non c’è giustificazione che tenga: il clima festoso, l’alcol a fiumi, l’atteggiamento ammiccante, o provocante, o consenziente perfino della donna. 

Ci sono voluti decenni di pronunce giurisprudenziali per rovesciare almeno nei tribunali la linea di chi voleva la donna oggetto di violenza sessuale troppe volte indicata come “consenziente” a causa dei suoi comportamenti prima, durante o dopo lo stupro. Ci è voluto un famoso “processo per stupro” trasmesso coraggiosamente in tv dalla Rai negli anni Settanta per entrare nelle case degli italiani e spiegare loro che non è la vittima a doversi difendere in tribunale ma i suoi violentatori. 

Perché se una donna dice “Fermati!” o, peggio, se non lo può dire perché non è in sé, e il rapporto sessuale si compie lo stesso, ecco, a suo figlio avrebbe dovuto spiegare che quello si chiama stupro.

Naturalmente saranno i giudici a stabilire se nel caso di Ciro si è trattato effettivamente di violenza oppure no. Quello che compete a noi genitori è indicare ai nostri figli un modello di comportamento. E il rispetto per l’altro, anzi le altre in questo caso, è l’unico insegnamento possibile.

Da madre a madre, penso che lei abbia perso una grande occasione.

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