Beniamino Caravita

Le mosse dei partiti/ Il ritorno del Centro come modello di governo

di Beniamino Caravita
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Venerdì 11 Giugno 2021, 00:06

Le grandi democrazie occidentali liberali e sociali si governano tendenzialmente al centro, e ciò vale a prescindere dal sistema elettorale e dalla stessa forma di governo. Si governano al centro (e dal centro) del sistema politico, perché sono società con una ampia fascia di ceto medio, che costituisce l’ossatura e la struttura dirigente di questi sistemi. Per questi settori della società non sono accettabili avventure o estremismi, che avrebbero costi sociali, prima ancora che economici, troppo elevati. Questo vale, però, solo tendenzialmente. Lo schema può essere smentito anche nelle democrazie quando il corpo sociale senta minacciato e aggredito il suo benessere: guerre, crisi economiche, crisi di identità possono spingere anche le nostre società verso forme estremistiche, nei loro diversi modelli e atteggiamenti. 

E in questa direzione ben possono essere utilizzati strumenti di comunicazione, specie quando qualcuno è in grado di utilizzarli, manipolandoli, prima che tutti se ne approprino compiutamente. E’ una vicenda che abbiamo sperimentato anche recentemente. Ma, passata la paura, calmata la tempesta, reale o emotiva che sia, il pendolo torna al centro. E, in politica, chi lo capisce prima, vince. Questa, allora, è la chiave per leggere gli assestamenti che avvengono in Italia nel sistema dei partiti intorno al nuovo motore immobile che governa l’uscita dalla crisi pandemica. 

La nuova ridislocazione vede due partiti in competizione, il Pd e la Lega, che muovendo da versanti diversi cercano sia di mantenere la loro dimensione di massa, sia di conquistare il centro: il Pd – che addirittura si colpevolizza, accusandosi di essere diventato il partito troppo centrista delle Ztl - ritiene di dover inseguire un elettorato che sarebbe andato verso i 5Stelle e potrebbe tornare “a casa”, in una sinistra più coraggiosa; la Lega persegue una strategia in qualche modo opposta, quasi accettando di lasciare scoperto il versante più di destra di un possibile elettorato e cercando lo sfondamento al centro, non solo attraverso la strategia della federazione del centrodestra o del partito unico con Forza Italia, ma soprattutto cercando di non perdere, anzi di acquisire, fasce di elettorato moderato, valorizzando la propria capacità di governo. 

Fratelli d’Italia si trincera dietro la parola d’ordine della coerenza politica, ma dovrà capire che i margini del successo elettorale a destra sono probabilmente terminati ed elaborare un modello di alleanze, non solo politiche, ma anche sociali, da perseguire.

Eguale – ma forse maggiore – problema di ridefinizione sussiste per i 5Stelle. Finita l’inebriatura data da un improvviso potere, dovranno capire se darsi una coloritura centrista con qualche venatura ambientalista o se continuare a perseguire quelle vecchie parole d’ordine (la lotta contro la casta, il principio dell’uno vale uno, una truffaldina concezione di democrazia diretta) che tanti danni hanno fatto in questi dieci anni: qualunque strada perseguano, non sembrano destinati a rinverdire i successi degli anni ’10. 

La questione finale riguarda ciò che si muove al centro: Forza Italia, al di là di transeunti sommovimenti parlamentari, sembra aver perso la sua capacità di aggregazione di massa, ma conta ancora su un significativo pacchetto di consensi che le permette di mantenere un ruolo da pivot sia per ancorare al centro una destra non sempre dimostratasi affidabile, sia per tentare una aggregazione politica saldamente posizionata al centro. 
I “cespugli” (da Azione a Italia viva, dai radicali ai verdi) scontano il limite di non essere, almeno per il momento, in grado di recuperare una dimensione di consenso che permetta ad essi (o ad uno di essi) di costituire l’aggregatore del centro: a meno di uno sfondamento di Calenda a Roma, che potrebbe costituire la partenza per una nuova ridefinizione centripeta del sistema politico.

Queste considerazioni spiegano anche le difficoltà con cui i partiti hanno affrontato e stanno affrontando le alleanze e la selezione dei candidati per le prossime elezioni comunali di ottobre (in cui sono in ballo sei capoluoghi di Regione - Torino, Milano, Trieste, Bologna, Roma, Napoli - altri 15 capoluoghi di provincia e complessivamente oltre 1300 comuni): è proprio in quella occasione – anche grazie al sistema elettorale, in vigore nei Comuni più grandi, a doppio turno, che permette di correggere i posizionamenti originari e di verificare i risultati delle alleanze – che, al di là delle effimere valutazioni dei sondaggi, si inizierà a capire qualcosa di più dell’evoluzione del sistema politico italiano e delle possibili conseguenze su sistema elettorale e forma di governo.

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