Alberto Brambilla
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Benefici a pioggia/ L’assegno unico e i controlli mancati

di Alberto Brambilla
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Martedì 3 Agosto 2021, 00:10

«L’Assegno unico universale per i figli non è un regalo alle famiglie, è giustizia». Così dice il presidente del forum delle famiglie. Distinzione opinabile, sebbene comprensibile, ma chi paga? Inoltre, è davvero la strada giusta quella di perseverare con una specie di nuovo “stipendio di Stato”, come si fa già per il 51% dei pensionati o con il Reddito di cittadinanza, introducendo l’Assegno unico nelle modalità note? Due domande semplici, alle quali non è però facile rispondere senza rischiare di scadere nel qualunquismo; ciò però non esclude alcune riflessioni, visto che lo Stato può erogare svariati milioni di prestazioni solo grazie ai contributi versati da quella parte di cittadini che non è destinataria, se non in modestissima parte, di quelle prestazioni. Anzitutto i numeri.

1) Secondo le ultime rilevazioni, i contribuenti che dichiarano redditi da zero a 29mila euro sono quasi il 79% del totale, versano il 28% di tutta l’Irpef e saranno probabilmente i maggiori beneficiari dell’Assegno unico; di questo 79%, quasi la metà paga solo il 2,3% di tutta l’Irpef, vale a dire 5,2 miliardi di euro sul totale di 172,5 miliardi al netto di bonus e detrazioni varie.

2) Quelli che dichiarano da 29.001 euro di reddito in su, sono solo il 21% ma pagano il 71% dell’intera Irpef e non beneficeranno se non in modo marginale dell’assegno universale per i figli e di tutta la pletora di bonus e sconti; di questi, il 13% (quelli che dichiarano da 35.001 euro in su) ne paga quasi il 59% ma dell’Assegno unico prenderanno solo le briciole (meno di 400 euro l’anno).

3) Le famiglie con redditi lordi fino a 20.000 euro annui, con tre componenti e nessun risparmio in banca, avranno un Isee di 9.800 euro e percepiranno un Assegno unico tra 2.000 e 1.600 euro l’anno. Oltre a questo sussidio, potranno percepire il Reddito di cittadinanza, in più alla collettività costeranno ogni anno per le sole tre prestazioni - sanità, istruzione e assistenza - circa 8.400 euro, oltre naturalmente agli altri servizi forniti dallo Stato (sicurezza, infrastrutture, giustizia, eccetera). Va segnalato che da questo importo sono escluse le altre forme di assistenza fornite dagli enti locali e dal terzo settore perché in Italia manca una banca dati di cui invece sono dotati i Paesi più sviluppati, Germania e Stati Uniti in testa. Se queste famiglie avessero anche un risparmio di 50.000 euro, avrebbero approssimativamente un reddito ai fini Isee di 19.800 euro, e dunque percepirebbero più o meno gli stessi benefici e solo un po’ meno di Assegno unico; sommati fanno il 58% degli italiani.

4) Giusto per dare un’idea di massima, per garantire a questo 58% di connazionali le tre funzioni, quelli che il M5S definiva “ricchi” o “pensionati d’oro” con il convinto sostegno di Leu, Lega e una buona parte del Pd al governo, debbono versare allo Stato oltre 170 miliardi affinché vengano redistribuiti nelle quantità che abbiamo indicato.

Per non dire che ora c’è ci propone la “dote ai 18enni” o 10 mila euro per ogni adozione.

E dunque, chi paga lo abbiamo capito: sono i “ricchi” che dichiarano redditi da 35 mila euro in su. Quanto alla redistribuzione (oltre 20 miliardi per Reddito di cittadinanza e Assegno unico, nell’ipotesi più economica), senza meccanismi di controllo davvero efficaci (si vedano, ad esempio, i 1.500 percettori indebitamente beneficiati con il Reddito scoperti di recente dalla GdF ma che si presume siano solo la punta di un iceberg), è paradossale che ciò avvenga in una situazione in cui lo Stato per far quadrare i conti è costretto a indebitarsi. Peraltro, non c’è da stupirsi se l’Italia vanta tassi di occupazione femminile, giovanile e totali tra i più bassi d’Europa, se cresciamo meno della Grecia (il 2021 sarà probabilmente un’eccezione), se la produttività - salvo i picchi di questi mesi che però sono la risposta al blocco dello scorso anno - di fatto langue mentre siamo sul podio per gioco d’azzardo, animali da compagnia, telefonini, automobili, chirurgia estetica eccetera. E come fu per il Reddito di cittadinanza, anche per l’Assegno unico è partita la corsa con tutti gli escamotage possibili per accedere al beneficio che viene esteso a tutti, disoccupati, incapienti, percettori di Reddito e altre simili provvidenze, senza uno straccio di monitoraggio degno di questo nome e di un’organizzazione territoriale dei servizi sociali. È giusto che il governo guidato da Mario Draghi abbia quale meta prioritaria la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: se c’è una possibilità che il Paese cresca in tutte le direzioni (non soltanto in quella economica), il successo degli obiettivi posti dal Pnrr sono un passaggio obbligato. E tuttavia, di fronte ai numeri e ai raffronti che abbiamo prodotto - numeri che per definizione non consentono speculazioni pretestuose - è giunto il tempo che nel nostro Paese si faccia qualche seria riflessione sui concetti di equità fiscale e distributiva.
 

L'autore è Presidente Itinerari Previdenziali

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