Carlo Verdone

Carlo Verdone: «Forza Alberto Sordi, facci ridere ancora» I 100 anni della nascita dell'attore

Forza Alberto, facci ridere ancora: i 100 anni della nascita dell'attore
di Carlo Verdone
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Sabato 13 Giugno 2020, 00:33 - Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 09:31

Cento anni fa il destino - racconta Carlo Verdone - fece un grande regalo allo spettacolo italiano. Un regalo con un nome e un cognome: Alberto Sordi.
Ancora oggi, a 17 anni dalla sua scomparsa, in un periodo difficile e in cui si tende a dimenticare gran parte del nostro passato, ad annebbiare vicende e personaggi che andrebbero consegnati all’eterno ricordo, la figura di quest’uomo, fortunatamente, è sempre presente nella venerazione di ciò che è stato e di ciò che ha fatto.



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Alberto Sordi è stato per l’Italia, uscita dalla guerra, l’immagine di un Paese che torna finalmente a sorridere tramite un immenso attore che, sbarazzandosi della tecnica dell’accademia, irrompe sullo schermo con impressionante energia, assoluta anarchica follia e tempi recitativi sovversivi. La razionalità dell’attore soccombe e Sordi impone una recitazione istintiva con pause e riprese personalissime.
Ma Sordi è ben cosciente di questo e a partire dallo Sceicco Bianco e da Un Americano a Roma, comincia lentamente ad imporre la sua fortissima personalità che sente unica nel panorama del cinema italiano. Senza alcun timore della critica si fabbrica una maschera che, anno dopo anno, diventa per tutti familiare. La maschera rubiconda, pavida, invadente, megalomane, mitomane, logorroica, furbacchiona che rispecchia tanti lati dell’italiano medio. Ogni italiano viene, più o meno, rappresentato dai suoi “tic”. Ma nessun italiano riconosce sé stesso. Rivede, nelle interpretazioni di Sordi, sempre gli altri. E lo trova geniale. Sordi nel decennio degli anni ‘60 è l’assoluto re della risata. E’ il punto di riferimento per chi ama la commedia e anche io comincio a conoscerlo nei cineclub che gli dedicano retrospettive. Lo trovo insuperabile nei suoi film in bianco e nero come I Vitelloni, La Grande Guerra, Una Vita Difficile, per citarne alcuni. Finalmente nel 1981, quando la vita mi diede l’opportunità di entrare come regista, sceneggiatore ed attore nel cinema, lo conobbi. Il merito fu di Sergio Leone. Sergio aveva prodotto insieme a Poccioni e Colaiacomo della Medusa anche il mio secondo film “Bianco, Rosso e Verdone”. Il film non lo convinceva del tutto perché trovava odioso il personaggio di Furio, il marito logorroico. Era convinto che il pubblico avrebbe avuto voglia di «tagliargli la testa co’ la sega» (parole testuali). E allora per avere un riscontro sul film fece a gennaio una proiezione in anteprima dove invitò Sordi e la Vitti con il compagno Roberto Russo. Nel vedere nella sala privata due attori straordinari come loro, mi misi le mani nei capelli. Chi potevo essere io di fronte al talento di Sordi e della Vitti? Nessuno. Come inizia il film e appare il personaggio di Furio, Leone subito sbuffa e a mezza voce baritonale gli esce uno sgradevole : «Arieccolo…».

Mentre comincio realmente a pensare di aver sbagliato personaggio, ecco che Sordi e la Vitti esplodono in due risate fragorose quando Furio telefona all’ACI. Leone si sorprende e io tiro un sospiro di sollievo. Da quel momento ogni sequenza che riguarda Furio e Magda fa piegare in due dalle risate sia Alberto che Monica. E il film termina con Sordi che si rivolge a me e allargando le braccia mi dice: «Vie’ qua …». Stordito ed emozionato gli chiedo: «Le è piaciuto, Alberto?». Sordi mi abbraccia e dice: «Quel marito è geniale!». Mi volto verso Leone che allargando le braccia in segno di resa disse: «Ci avesse ragione lui… Boh».

Oggi, dopo ben quarant’anni, possiamo dire che aveva ragione Alberto.
Forse proprio da quella proiezione a casa Leone nacque l’amicizia che ci legò per diversi anni e ci portò a lavorare insieme. Di Alberto ricorderò sempre l’ inarrivabile grandezza artistica, ma quello di cui andrò più fiero è che mi ha veramente voluto bene. Come gliene ho voluto io. Ed osservare che dal 1986, in una grande nicchia del terrazzo, la sua bella orchidea dedicata alla nascita di mia figlia Giulia continua imperterrita a fiorire, me lo fa sentire sempre vicino a proteggermi e a proteggerci nei colori di una pianta piena di grazia ed eleganza.
 

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