Roberto Arditti

L'effetto Trump/La nuova destra dopo il tramonto del sovranismo

di Roberto Arditti
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Lunedì 21 Novembre 2022, 01:07 - Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 00:18

Vedremo con il passare dei mesi se Giorgia Meloni ed il suo governo sapranno destreggiarsi in un contesto internazionale complesso ed instabile, ma quel che è certo è il moto di curiosità per il premier italiano che un po’ tutti i potenti della terra hanno avuto in Indonesia, sede per quest’anno del vertice G20 (cui ha rinunciato Putin, a riprova del suo attuale isolamento internazionale).


Il tema va però trattato freddamente e senza facili entusiasmi, che mal si addicono alle infide acque delle relazioni politiche e diplomatiche. Ma proprio con questo approccio possiamo dire che Meloni dispone di una congiuntura potenzialmente favorevole ed anche molto interessante, che deriva essenzialmente da tre fatti recentemente accaduti nel campo della destra mondiale.


In primo luogo c’è l’uscita di scena di Boris Johnson, energico conduttore della campagna Brexit, cioè la più sonante vittoria del fronte “sovranista” dell’ultimo decennio su scala europea.
Poi c’è la sconfitta in Brasile di Bolsonaro, la cui spinta propulsiva si è rivelata assai fragile di fronte al ritorno in pista del vecchio (ma carismatico ed astuto) “compagno” Lula, la cui vittoria ha qualcosa di miracoloso considerando i diciotto mesi trascorsi in carcere tra il 2018 e il 2019.
Infine c’è la “non vittoria” di Trump alle elezioni parlamentari, che arriva dopo due sonore sconfitte del tycoon newyorkese, quella alle presidenziali del 2020 e quella Midterm del 2018. 
Ma perché questi tre fatti accaduti a migliaia di chilometri di distanza sono legati? È presto detto: essi segnano un deciso arretramento delle istanze sovraniste/populiste, sconfitte sul campo in modi diversi ma non per questo meno netti.


Ecco allora l’occasione di Giorgia Meloni farsi avanti con una certa nitidezza. Lei guida oggi il più importante governo di destra figlio di una recente vittoria elettorale (quello giapponese è in carica dal 2021), ma soprattutto è alla testa di una coalizione sì variegata, ma che arriva a governare dopo l’invasione russa dell’Ucraina, che sta riscrivendo (a tutto svantaggio di Putin e dei suoi amici) la mappa geografica del potere mondiale.
Quindi Meloni può tentare un’operazione forse un po’ temeraria ma certamente assai affascinante: scrivere il primo capitolo di una nuova storia, quella di una rinnovata destra che ripensa se stessa dopo l’ubriacatura sovranista e mette a fuoco un’autentica rivisitazione del proprio impianto programmatico.
Facciamo qualche esempio per capirci.

Una destra convintamente europea che ha ben chiara la centralità dell’interesse nazionale da spendere però sul terreno di una cooperazione internazionale (Ue, Nato) non solo utile ma semplicemente ineludibile.


Una destra non tanto chiamata a scegliere tra Stato e mercato, ma pronta a difendere utenti e cittadini in nome di servizi migliori, anziché battersi prevalentemente per gli interessi costituiti (tassisti, titolari di concessioni varie, etc.). Una destra che usa la leva pubblica per cambiare le cose e spingere sullo sviluppo, creando occasioni per chi può farcela ed aiutando chi resta indietro, magari spiegando a tutti che in pensione si dovrà andare più probabilmente “dopo” che “prima”. È scontato il successo di questa operazione? Neanche per sogno. Ma non provarci è un delitto.

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