Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

Il nodo dei tassi/ I propositi della Bce se l’economia si riprende

di Angelo De Mattia
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Giovedì 5 Gennaio 2023, 00:05

ìL’immagine del Direttivo della Bce nel 2008 quando, Jean-Claude Trichet presidente, decise un controproducente aumento dei tassi che bloccò il rilancio dell’economia mentre infuriava la crisi dei mutui “sub-prime”, sembra ora stagliarsi sulla preparazione delle decisioni dell’organo, che si riunirà il 2 febbraio, in materia di tassi e di bilancio dell’Istituto.  Il contesto in netta evoluzione suggerirebbe quanto meno una sospensione della prevista misura di aumento dei tassi di riferimento di 50 punti base, nonché una riflessione sulla preannunciata riduzione del reinvestimento - in media per 15 miliardi circa mensili - del rimborso del capitale relativo ai titoli del programma di acquisti a suo tempo varato. 


La presidente Christine Lagarde, anche nei giorni scorsi, ha confermato la linea restrittiva della politica monetaria. Oltre un anno fa la Bce non fu capace di prevedere il carattere non transitorio dell’inflazione e continuò con una impostazione accomodante del governo della moneta.  Ora rischia di cadere nell’eccesso opposto, senza adeguatamente riflettere su tre fondamentali fattori: la diminuzione in molti Paesi dell’area - anche in Germania - dell’inflazione, la riduzione del prezzo del gas che ancora non si riverbera sul costo delle bollette, dati i meccanismi del calcolo, ma a breve si stima esplicherà i suoi effetti, e, da ultimo ma non certo per importanza, i concreti rischi di recessione nell’Unione previsti dal Fondo monetario internazionale. 


Questo quadro potrebbe essere premonitore di una stagflazione: agire sulla seconda - l’inflazione - trascurando la prima, la stagnazione, o ritenere che la seconda automaticamente si riverberi in un rilancio dell’economia è fare come un medico che somministri dosi da cavallo di antibiotici, senza accorgersi che il paziente è sfinito per l’iper-dosaggio e può defungere. Non si dimentichino gli impatti sulla crescita della guerra contro l’Ucraina e dei ritornanti contagi, sia pure ridimensionati, del Covid. L’ulteriore aumento dei tassi d’interesse unito alla riduzione del bilancio dell’Istituto centrale rafforza l’effetto-annuncio della restrizione monetaria e si riflette in maniera pesante su famiglie e imprese, proprio adesso quando si tenta di risollevarsi; impatta, innanzitutto, in Paesi come l’Italia, in maniera pesante sul costo del finanziamento del debito pubblico mentre non può dirsi essere stata varata una legge di bilancio allegra, come riconosciuto pure dalla Commissione Ue: una legge che può essere valutata per diversi aspetti, ma non per uno squilibrio della finanza pubblica. E ciò al di là di quanto scrive il Financial Times, a proposito della sostenibilità del debito, con un’analisi affrettata e ampiamente controvertibile.


L’incremento del costo del denaro può essere favorevole per le banche che così migliorano il margine d’interesse, ma la stretta all’economia è per esse una conseguenza negativa che sorpassa di molto il tenue vantaggio del miglioramento della redditività, mentre le famiglie vedranno, appunto, crescere ancora i tassi dei mutui e delle altre operazioni e l’impresa potrà essere costretta a rivedere i propri programmi.

E’ significativo che proprio per questi possibili esiti il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, chieda che non si passi, da parte della Bce, a un nuova restrizione, con ciò dimostrando chiaramente di non lasciarsi attrarre dal possibile miglioramento, per gli istituti, del suddetto margine.


Il ruolo del banchiere centrale è quello di saper agire su tutti i pedali dell’autovettura, come diceva Guido Carli. Ciò non significa affatto rinunciare all’assolvimento del mandato per il mantenimento della stabilità dei prezzi al fine di ricondurre l’inflazione, nel medio termine, al 2%: ma occorrono abilità, graduazione, bilanciamenti e vista lunga. Non per nulla si parla dell’arte del banchiere centrale.  Alcune delle critiche formulate nei confronti della Bce dal ministro Guido Crosetto, al di là di qualche espressione adoperata, non sono sottovalutabili, anzi chiamano a un confronto serio: lo dice chi scrive che non può essere tacciato di “ captatio benevolentiae”. Sono gli insegnamenti della politica monetaria condotta dalla Banca d’Italia con i Governatori in carica quando l’Istituto aveva le piene attribuzioni in materia - e soprattutto con Antonio Fazio - che dovrebbero essere tenuti presenti.


Certo, nella Bce occorre fare i conti con i “falchi” del Direttivo che, invece, si apprestano a riconfermare, se non a rafforzare, la linea restrittiva. Ma è il ruolo di sintesi e di propulsione della Lagarde - la quale non è un notaio - che deve emergere, se non vuole essere ricordata, a somiglianza del caso del 2008, quale colei che ha adottato una linea che ha provocato pesanti conseguenze. Ella non ha una carica per contare “ falchi” e “colombe”: diversamente, basterebbe un computer. Anche se le previsioni, a cui la Lagarde ha fatto riferimento, segnalassero, come da lei sostenuto, un’inflazione alta per questo mese e il successivo - ovviamente con ampio beneficio d’inventario - a febbraio si tratterà di definire il percorso per i successivi mesi: una pausa che riguardi i tassi e, se non altro, la misura e i tempi della riduzione del bilancio sarebbe doverosa, insieme con un raccordo con le politiche economiche dell’area e dei singoli Paesi. 


Si dovrebbe dire, ammesso che la presidente condivida una tale sospensione, che qui si “parrà” la sua “nobiltade”, sempreché di quest’ultima possa a ragione parlarsi e anche se la scelta - principe sarebbe una revisione completa del programma di governo della moneta, insieme con l’essenziale miglioramento della comunicazione ora a un livello insostenibile.
 

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