Alessandro Campi
Alessandro Campi

Spirito di resistenza/ La forza degli italiani in un mondo in rivolta

di Alessandro Campi
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Lunedì 27 Marzo 2023, 00:10

Dicono alcuni in queste ore: “Eccoli i soliti italiani: conformisti e senza coraggio”.
Mentre ovunque in Europa crescono il malcontento e la legittima rabbia dei cittadini, alle prese con crescenti difficoltà economiche e ben decisi a farsi sentire dai potenti di turno, dalle nostre parti regna una strana quiete.
In Italia niente scioperi, nessuna mobilitazione di massa, né violenze nelle strade. Ma perché non spacchiamo tutto anche noi come i cugini francesi, che ci stanno mostrando ancora una volta cosa significhi battersi per i propri diritti?

Siamo, se ne potrebbe dedurre, una democrazia malata, fragile, stanca, immatura, superficiale. Composta da uomini e donne in maggioranza incapaci di farsi sentire sulla scena pubblica, di battersi per una buona causa, timorosi del potere, abituati al massimo a lamentarsi entro le mura di casa. Ci stiamo insomma confermando la solita eccezione, in negativo, rispetto alle altre società europee, storicamente ben più vivaci e dinamiche della nostra.

Ma proviamo, per una volta, a capovolgere il noioso cliché che ci accompagna come italiani da decenni, che in parte ci siamo appiccicati addosso da soli e al quale ci siamo talmente assuefatti da considerarlo una verità storica inoppugnabile. E se fossimo, almeno stavolta, un’eccezione positiva e un caso virtuoso?
Chiediamoci, ad esempio, perché nella Penisola il conflitto politico-sociale non sia ancora esploso come in altri contesti nazionali. Mancanza di spirito civico, acquiescenza sociale, eccesso di individualismo e via elencando le solite tare del carattere italico?

Forse si può dare una risposta meno giocata sugli stereotipi antropologici e sulla psicologia dei popoli a buon mercato. Una risposta che va ricercata in una struttura profonda della società italiana - solidaristica sul piano dei valori, caratterizzata dall’associazionismo a base volontaria, integrata in una logica comunitaria di tipo territoriale - che meglio di altre sembra in grado di resistere alle lacerazioni e alle crisi.
Nonostante spesso si descriva l’Italia come una realtà segnata dagli egoismi corporativi, poco incline alla cooperazione in vista di un fine comune, nei fatti essa ancora possiede uno spirito solidale dal basso e una forza reattiva molto forti. Il che consente ai suoi abitanti di fare fronte alle difficoltà e alle contingenze negative anche quanto le risposte che vengono dalle istituzioni e dalla politica sono inadeguate, deboli o semplicemente in ritardo.

E’ uno spirito di resistenza che nasce da molti fattori.

Il peso secolare della tradizione cattolica, di per sé foriera di altruismo, attenzione al prossimo e auto-responsabilizzazione. L’influenza esercitata sulle masse dalle grandi tradizioni ideologiche popolari che hanno attraverso il Novecento italiano (anche se nel frattempo sono spariti i partiti che le incarnavano). Il ruolo svolto dalla famiglia come modello sociale (un mix di disponibilità al sacrificio personale, generosità verso i membri della propria cerchia affettiva e differimento nel tempo dei benefici derivanti dalle proprie scelte o azioni) intorno al quale l’Italia ha costruito la sua struttura economico-produttiva e la sua particolare via alla modernizzazione capitalista.

Ma mettiamoci anche le peculiarità geografico-territoriali dell’Italia, la cui popolazione si trova distribuita, ancora oggi, all’interno di un tessuto molto articolato fatto di città e comunità locali ognuna delle quali dotata di un forte senso dell’autonomia, di una radicata identità storica e, proprio per questo, di una grande forza integratrice sul piano sociale. È questa conformazione socio-territoriale diffusa che ad esempio ha consentito sinora all’Italia di assorbire senza grandi traumi i flussi migratori, che si sono appunto diluiti nella dimensione micro-comunitaria favorendo un’integrazione attiva e senza generare la nascita dei ghetti metropolitani e delle forme di marginalità spesso foriera di violenza che si trovano abitualmente in altri contesti europei.

Sono caratteristiche della società italiana talmente radicate da andare oltre le classiche distinzioni tra destra e sinistra, oltre le polemiche contingenti favorite dalla attualità storica anche quando quest’ultima assume forme drammatiche. Stiamo vivendo una fase del mondo certamente difficile. I malumori esplosi pubblicamente in molti Paesi in questi ultimi mesi, anche in quelli più sviluppati, sono tutt’altro che ingiustificati. Il fatto che in Italia la crisi economica e sociale, pure grave e profonda, non abbia ancora prodotto forme radicali di conflittualità denota l’esistenza nel suo corpo di meccanismi sociali, di forme culturali e di modelli comportamentali, individuali e collettivi, in grado di compensare gli effetti più negativi di tale crisi.
Per una volta è una buona notizia. Per flagellarci parlando sempre e soltanto dei nostri vizi e dei nostri atavici ritardi abbiamo sempre tempo.

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