Mario Ajello
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Si vota a ottobre/ I tempi lunghi e l’occasione per scegliere i nomi migliori

di Mario Ajello
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Venerdì 5 Marzo 2021, 00:26

Il rinvio ad ottobre delle elezioni comunali, a cominciare da quelle per il Campidoglio, è obbligato, vista l’emergenza Covid. Ma può giovare. Sia alla destra, sia alla sinistra, sia alla Raggi. Le prime due guadagnano tempo per trovare ciò che ancora manca loro. Ossia un candidato all’altezza della sfida Capitale, la persona giusta che - se dovesse vincere nelle urne - potrà essere sindaco in un momento in cui, con Roma da ridisegnare e da mettere al centro di tutto a livello nazionale e internazionale, il numero uno del Campidoglio andrà ad avere un’importanza strategica e margini di azione eccezionali. 

Roma nei prossimi anni sarà ancora più di sempre la vetrina del brand Italia. Basti pensare a eventi simbolo a lunga gittata, come la possibilità dell’Expo 2035, ma molto prima al Giubileo del 2025, che è dietro l’angolo. E su cui occorrerà lavorare da subitissimo, se si pensa che l’Anno Santo del 2000 - gestione Rutelli - ebbe bisogno di 5 anni di preparazione per riuscire ad essere quello che sarebbe stato: un successo. 

Allora tutto cominciò con una grande riunione pubblica, nel ‘95, in cui il sindaco Rutelli dal palco rivolse al premier Dini questa battuta: «Vogliamo fare la Linea C della metropolitana. Ma se lei ci dà subito i finanziamenti, la ribattezziamo da C a D, come Dini, in suo onore».

Altri tempi, certo. Ma quel Giubileo ebbe a disposizione e spese 3500 miliardi di lire (per 850 cantieri conclusi in tempo), pari a un miliardo e 750 milioni di euro di oggi. Non furono tanti quei soldi. Mentre costituisce una somma assai ingente quella che, tra Giubileo 2020 più i fondi del Recovery Plan (nell’ultima bozza del governo Conte erano 9 miliardi ma saranno di più e la Raggi intanto ne chiede 25), arriverà a Roma in questi anni. L’importante sarà spenderla bene e saperla spendere, visto che anche parte del bilancio ordinario resta fermo nelle casse.

La chance Capitale è insomma la partita politica e patriottica sulla quale non si può sbagliare. Né nelle persone e nelle squadre che governeranno l’Urbe, né nei progetti che la riguardano, né nella visione che deve ispirare il futuro della città. Da questo punto di vista, il rinvio del voto può giovare anche alla Raggi, perché le dà più tempo per continuare la sua “strategia dei fatti”, il suo iper-pragmatismo da fine mandato che sembra premiarla negli ultimi sondaggi e con il quale spera di convincere i romani a votarla di nuovo. 

Doveva cominciare prima questa fase operativa della sindaca, ma il ritardo con cui è partita può essere recuperato con il tempo in più che deriva dal rinvio. Anche se non per vincere - ma può accadere di tutto - almeno per condizionare dall’opposizione chi starà al Campidoglio.

E nel caso di vittoria della sinistra, un’opposizione capace di frenare vecchie tentazioni, antiche logiche, solite cordate di poteri che vengono da lontano e che ancora minacciano di pesare, potrà valere molto a difesa dei cittadini. 

Quel che si spera sia acquisito profondamente da tutte le forze in campo, quando a ottobre si sfideranno, è il valore dell’efficienza pratica. Basti pensare a come cinque anni fa parlavano i 5Stelle e a come l’altroieri in commissione Bilancio alla Camera ha parlato la sindaca in favore della proroga del decreto Semplificazioni e della modifica del codice degli appalti: «Uno degli effetti positivi di quel decreto è sotto gli occhi di tutti qui a Roma: l’apertura di centinaia di cantieri».

A destra - quale che sia il candidato: Abodi, Bertolaso o un terzo nome che da qui all’estate si può trovare - vale la stessa storia. Che è quella della consapevolezza dell’enormità della sfida Capitale, della scelta di una squadra giusta perché in 100 e non in 1 si governa questa metropoli e del principio dell’autorevolezza. Perché non basta chiedere, e avere più soldi e più poteri per la Capitale, ma serve mettere in campo una visione, mostrare capacità organizzativa e avere una attitudine particolare. Quella di saper coordinare tutti gli attori esistenti nella Capitale: istituzionali, industriali, professionali, culturali, delle categorie. 

L’Anno Santo del 2000, e il rilancio di Roma in quella fase, avvenne grazie alla capacità del sindaco e commissario giubilare di mettere insieme - per la trasformazione della città e per dotarla di infrastrutture, strade, autostrade, stazioni, nuovi edifici, nuovi musei - Anas, Ferrovie dello Stato, Aeroporti di Roma, enti dei trasporti locali, società portuali, università, banche. 

Una partita così, tra Giubileo, Recovery, digitalizzazione, sburocratizzazione, rivoluzione urbanistica e della mobilità, richiede una classe dirigente preparatissima e ambiziosissima. Attrarre investimenti, progetti, business. Puntare sul turismo premium superando il mordi e fuggi vigente finora e diventando leader mondiale in questo campo. Liberarsi dalla condizione di avere i doveri spettanti a una Capitale, senza detenere né lo status né i finanziamenti delle altre metropoli europee. Così Roma va messa al più presto in una posizione di vantaggio nella sfida per lo sviluppo globale che si aprirà dopo l’incubo pandemia, e che sarà anche una competizione dura tra città-Stato. 

Qualche mese in più da qui alle elezioni può servire per chiarirsi le idee, se non fossero già sufficientemente chiare. Se invece continua la melina della destra e quella della sinistra, i romani se ne accorgeranno.

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