Angelo De Mattia
​Angelo De Mattia

Progetti pilota/ Dove porta la settimana lavorativa di 4 giorni

di ​Angelo De Mattia
4 Minuti di Lettura
Giovedì 2 Marzo 2023, 00:06

Non è fuori luogo, in un momento di gravi difficoltà e davanti all’ennesima tragedia del mare, riflettere sull’orario di lavoro e sulle prime proposte per una settimana di quattro giorni lavorativi articolabili da lunedì a venerdì, a patto che di un tale progetto si rilevino non solo gli effetti per gli occupati, ma pure gli impatti più generali sull’economia e sul lavoro. Intesa Sanpaolo - accanto a imprese che sperimentano altre forme di flessibilità - fa da battistrada con il lancio della settimana di quattro giorni, ciascuno di nove ore di lavoro, a parità di salario, e accompagna il lancio con uno smart working per un tempo limitato: il negoziato con i sindacati è in corso. Va ricordato che furono proprio le banche, oltre mezzo secolo fa, a introdurre il sabato non lavorativo e l’orario continuato: una decisione che costituiva una della attrazioni per conquistare “il posto in banca” e che, a poco a poco, venne imitata in altri settori, fino a una generalizzazione che comportò una radicale riorganizzazione delle attività economiche, sociali e delle stesse abitudini del tempo libero nonché familiari.


Una sperimentazione nel Regno Unito della settimana cortissima praticata da 61 imprese, ha dato un esito positivo sotto il profilo sia della partecipazione dei lavoratori, psicologicamente stimolati dall’innovazione, sia della produttività che non è diminuita, anzi sarebbe lievemente aumentata.  E’ un test importante, ma molto circoscritto, per cui saranno necessarie altre e più estese prove con il pieno coinvolgimento dei lavoratori prima di emettere un giudizio definitivo. Risuonano ancora slogan del passato del tipo “lavorare meno, lavorare tutti” oppure “più tempo per la vita” rispetto al “tempo del lavoro”, a cui si opponevano, con una visione quasi malthusiana, i sostenitori della crescita dell’economia come l’unica via per aumentare l’occupazione.


Certo, si dovrà tenere conto anche delle resistenze che provengono dal mondo dell’industria, soprattutto in un Paese come il nostro sostenuto da un tessuto di piccole e piccolissime imprese che hanno cicli produttivi - e ciò vale anche per alcune grandi aziende - non facilmente conciliabili con tempi di lavorazione differenti. E la riorganizzazione talvolta è talmente costosa da risultare proibitiva.

Anche se oggi, rispetto a cinquant’anni fa, è forse possibile una sintesi diversa: grazie agli enormi progressi nell’organizzazione del lavoro, ai benefici della digitalizzazione e, in un futuro ravvicinato, dell’intelligenza artificiale, il contesto è infatti cambiato, sia pure con le sue luci e le sue ombre.


Una estensione per ora nel settore bancario dell’innovazione proposta da Intesa può comportare da un lato l’ulteriore miglioramento delle prestazioni grazie alla maggiore soddisfazione degli occupati, che potranno coltivare più interessi personali e familiari; dall’altro, una diversa organizzazione centrale e della rete di sportelli, una possibile riduzione dei costi, un aumento delle attività e persino della clientela. Quando si prospetta l’esigenza di modificare il “modello di business”, un’innovazione quale quella in questione potrebbe costituire un’importante integrazione. Naturalmente, resta fondamentale il rapporto con la clientela, non solo da remoto, ma anche con la presenza fisica, in particolare per i clienti di alcune fasce di età; anzi, quest’ultimo tipo di relazione dovrebbe costituire uno dei terreni della concorrenza tra banche. Tutto ciò è solo un aspetto delle riforme che, in questo caso con tempi non certo immediati, riguardano il lavoro.

Restano fondamentali le revisioni sia in materia di cuneo fiscale e contributivo, sia della contrattualistica e del contrasto al precariato che, salendo per i rami, chiama in causa la politica economica nazionale e, per aspetti limitati, anche quella europea. In ogni caso, una sperimentazione della settimana cortissima andrebbe incoraggiata dalla mano pubblica, anche con incentivi per l’effetto-domino che ne può scaturire sugli stili di vita, sul tempo libero, sulla stessa produttività totale dei fattori. Ma, naturalmente, ciò presuppone un accordo organico tra le parti sociali, datoriali e dei lavoratori, iniziando da specifici settori. Ripercorrere la storia del sabato non lavorativo potrà dare un importante insegnamento, nella premessa che i fatti hanno dimostrato che si è trattato di un’innovazione non qualificabile come corporativa, se non altro per i positivi effetti a catena registrati.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA