La domanda è: all'Italia serve un doppione del Movimento 5 stelle? Il rischio è proprio che il nuovo Pd diventi una copia del partito di Conte. Se è questa la gara innescata dall’arrivo di Elly Schlein alla segreteria del Pd, ossia a chi è più di sinistra, è evidente che i bisogni della maggior parte dei cittadini - crescita, sviluppo, infrastrutture, Paese forte e competitivo - non sembrano contemplati o posti in cima all’agenda politica. Poi si vedrà nella pratica che cosa farà questo partito, a cui è stato aggregato ieri come presidente e magari come bilanciatore Bonaccini, e intanto però nulla pare distinguerlo sia negli obiettivi sia nel merito - stando alle dichiarazioni d’intenti della segretaria - dalla cultura di Conte. Il salario minimo da fare insieme (al netto di leggerissime sfumature); il no al job act renziano e alla legge Fornero; la riduzione dell’orario di lavoro; le teorie sulla transizione ecologica e il rifiuto delle trivellazioni e del nucleare: la coincidenza, anzi la sovrapposizione, giallo-rosé è in tutto questo e in tanto altro.
Il Pd come clone di M5S potrebbe significare l’astrattismo o il sociologismo al posto dei piedi per terra. Tutto un «abolire il patriarcato» (slogan originario di Schlein), teoremi benecomunisti (combattere il riscaldamento globale a colpi di nuove tasse), proclami sui diritti (più che richiami alla pratica dei doveri), appelli generici alla lotta contro le diseguaglianze, introduzione di nuove imposte da quella sulla plastica a quella sulle donazioni e sulle successioni. Che M5S, per lo più partito d’opinione (al netto del fatto che ha sfruttato materialmente il reddito di cittadinanza alle ultime elezioni), abbia la sua costituency nel radicalismo ci può stare.
Quanto alla guerra, il timore di sembrare meno pacifisti del concorrente può portare i dem ad ammosciare la linea pro Ucraina. Mentre c’è corrispondenza tra i due partiti sulla legalizzazione dalla cannabis e sullo ius soli. Anzi su questo Conte è più prudente della collega (si limita a parlare di ius scholae), la quale è più a sinistra di lui sul tema immigrazione (l’ex premier gialloverde è pur sempre il coautore dei decreti Salvini).
Il patto con Bonaccini diventato presidente può essere sperabilmente un modo, da parte della leadership dem, per non perdere il rapporto con i sindaci e con gli amministratori locali, ossia con quel mondo della politica costretta a fare fatti e non a inerpicarsi sulle nuvole. Dalle quali un Pd doppione di M5S sarebbe destinato a non capire le esigenze degli italiani e a diventare la prima vittima di se stesso.
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