Alessandro Campi
Alessandro Campi

La via del web/ La politica e i percorsi alternativi per il consenso

di Alessandro Campi
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Venerdì 25 Giugno 2021, 00:04

Tutti li cercano. Tutti li vogliono. Tutti però rischiano di restarne prima soggiogati, poi prigionieri, infine vittime. Stiamo parlando degli influencer, il nuovo oggetto del desiderio di una politica evidentemente allo sbando e senza più idee. Laddove i “tutti” sono ovviamente i politici: non solo candidati in cerca di un facile consenso, ma anche uomini di governo e amministratori di lungo corso. Che non sapendo più come comunicare in proprio in modo convincente, pensano di poterlo fare sfruttando l’altrui capacità di farlo.

Il consenso, appunto. Soprattutto in democrazia dovrebbe essere un mezzo: prendi i voti per essere eletto, per ottenere una carica e per fare poi qualcosa di utile non a te stesso ma alla collettività. Invece sembra diventano un fine in sé: si prendono i voti, si viene eletti, si ottiene una poltrona e pazienza se poi non si fa niente di quanto promesso o di quanto necessario. 
Parliamo di un consenso che, proprio perché lo si vuole immediato e facile, sganciato da qualunque programma, sostenuto solo dalla simpatia e dalla popolarità, rischia di avere basi assai effimere e di essere facilmente reversibile, soprattutto se arriva attraverso quelle macchine cattura-cuoricini rappresentate dagli influencer. Che hanno sì tanti seguaci, in alcuni casi milioni e milioni, ma ammazza quanto spesso sono amabilmente superficiali, carinamente dozzinali, caleidoscopicamente trancianti, insomma semplificatori simpaticamente terribili, capaci effettivamente di trasmetterti per osmosi un po’ del loro sintomatico carisma, ma interessati soprattutto ad accrescere il loro personalissimo e privatissimo seguito. Anche perché – nessuno si offenda tra coloro che fanno questo rispettabilissimo e nuovissimo mestiere – più like arrivano, più cresce il conto in banca. E sia detto senza biasimo e senza invidia.


Il problema infatti non sono loro, che esprimono – esteticamente, culturalmente e tecnologicamente – lo spirito del tempo. Il problema sono i politici che si piegano allo spirito del tempo avendo rinunciato chi a comprenderlo chi a farci criticamente i conti chi a cavalcarlo per non esserne cavalcato. E che pensano – come deve aver pensato a Roma uno dei candidati alle amministrative – che una diretta Twitch o Instagram o Facebook con Damiamo detto “Er Faina” (no, non ironizzerò su questo nome) possa aprirti la via di una crescente popolarità e spianarti la strada al successo senza troppo sudore. Il che forse è anche vero, ma poi – se tutto si riduce a questo – la paghi tu e, soprattutto, la paghiamo noi.
C’è il problema, si dice, di parlare ai giovani. E visto che i giovani seguono gli influencer, devi utilizzare questi ultimi per arrivare ai primi. Vuoi che i ragazzi frequentino i musei? Fagli vedere che li frequenta anche Chiara Ferragni e vedrai le file davanti ai botteghini! L’esperimento in questione è stato effettivamente realizzato e pare abbia funzionato. Non si può che essere felici se ci si avvicina all’arte anche se con la stessa passione con cui, sempre perché indossati dalla Ferragni a pagamento, si desiderano le sue ciabatte con calzettone.

L’arte confusa con la merce fa un po’ arricciare il naso, ma senza l’animus mercantile e bottegaio di committenti e artisti avremmo avuto lo stesso il nostro Rinascimento? Non facciamo dunque quelli troppo sofisticati.


Ma qui non stiamo parlando di come sintonizzare il mondo politico tradizionale col linguaggio e gli stilemi comunicativi delle nuove generazioni. Stiamo parlando di una politica che, nell’illusione di utilizzare il mondo degli influencer per ampliare la propria platea elettorale, si vede ormai sempre più scalzata da questi ultimi nei dibattiti e nel rapporto con l’opinione pubblica. Il politico X dice una cosa – argomentata o grossolana che sia – e nessuno se lo fila. Sullo stesso argomento si pronuncia Fedez, sappiamo spesso con quale delicatezza di linguaggio e quale finezza di pensiero, e se ne parla per tre giorni per ogni dove. E’ uno slittamento nei ruoli che diverte chi considera la politica un’attività ormai residuale e a perdere, buona per i buoni a nulla, ma che invece dovrebbe preoccupare chi la considera l’unico strumento di cui disponiamo per provare a garantire alle comunità umane quelle bazzecole che ancora chiamiamo libertà, equità sociale, giustizia, benessere, ecc. 
Si potrebbe obiettare che Weber definiva il potere, anche quello politico, l’arte di influenzare il prossimo. E dunque gli influencer, che fanno esattamente questo, sarebbero politica allo stato puro, la trasfigurazione post-moderna di una pratica sociale antica basata appunto sulla capacità, che sempre pochi hanno avuto nella storia, di persuadere e convincere le masse. Ma questi nuovi meneurs del foules, nati per promuovere canzoni, abbigliamento intimo, stili di consumo, insomma roba da comprare dopo averne indotto il desiderio in modo subliminale, possiamo anche considerarli collettivamente utili quando si ergono, come ormai sempre più spesso fanno proprio grazie al vuoto di credibilità e pensiero che affligge la politica, a coscienza critica del mondo, a pedagoghi, a predicatori del bene contro il male, a difensori dei deboli contro i soprusi? 
Insomma, per tornare a bomba, ormai ogni politico, non potendo atteggiarsi lui stesso ad influencer, quelli che ci provano o risultano patetici o ne sono usciti con le ossa rotte, prova ad averne uno amico che gli tiri la volata. In realtà non si capisce se ciò avvenga perché si pensa di poterli furbescamente piegare alla propria causa o semplicemente perché ormai li si teme nel loro nuovo ruolo sociale e dunque meglio assecondarli. Come che sia, si dovrebbe ormai essere compreso, esempi alla mano, che nel New World digitale chi di social ferisce (e con essi magari fiorisce), di social prima o poi perisce. E se dunque la rincorsa all’influencer amico o complice è la nuova strada imboccata dalla politica per rigenerarsi e provare a piacere a quelli che la disprezzano o se ne tengono lontani, beh, si sappia che così si sta scavando definitivamente la fossa. 

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