Paolo Pombeni
Paolo Pombeni

Logiche di parte/ La politica e la funzione democratica del confronto

di Paolo Pombeni
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Martedì 9 Maggio 2023, 00:15

Sembra quasi che la legge della politica si esprima attualmente nella formula: produzione di comunicazione a mezzo di comunicazione. L’attenzione da parte dei protagonisti della politica e dei partiti si rivolge a creare situazioni “emblematiche”, se un po’ ambigue va anche meglio, così si discuterà più della forma che della sostanza. 
Il circuito rischia di essere perverso perché ci si rincorre fra chi si propone sul palcoscenico e chi quel palcoscenico lo organizza e lo commenta, in un intrecciarsi che è un continuo ping pong fra le parti. Quelli che vogliono essere cinici realisti ricordano che la politica è sempre stata così: sceneggiata, gioco teatrale, perché serve per catturare il consenso. Si tralascia che accanto a questo modo di essere c’è stato a lungo un parallelo sviluppo di sedi di confronto in cui si cercava di discutere di temi e di nodi.

Eppure se c’è una fase in cui sarebbe vitale tornare in quel contesto è proprio quella presente. A parole tutti concordano che il mondo sta cambiando, che c’è la globalizzazione, che i figli sono destinati a stare peggio dei loro genitori, e magari si spingono a prevedere apocalissi. Come governare questo passaggio, evitando l’oppio degli slogan che risolvono tutto a parole, è un tema che sembra poco appassionante.
Se guardiamo la situazione dal nostro osservatorio italiano non fatichiamo a renderci conto dell’impasse. 

Siamo in presenza di una situazione internazionale in ebollizione, c’è in Ucraina una guerra scatenata per appetiti imperiali razionalmente incomprensibili, l’Africa ribolle fra insorgenze di vario genere e crisi economiche gravissime, l’Europa fatica a trovare leadership dietro cui organizzarsi, gli Usa sono in fase di ridefinizione, la Cina è più che mai un enigma. 
Le analisi a cui affidarci per fronteggiare questo scenario sono le vecchie utopie sul disarmo generalizzato, sul no alla guerra anche quando è semplicemente una difesa dalle aggressioni, sulla pace che potrebbe regnare se solo ciascuno lo volesse?

La nostra situazione interna è complicata. Abbiamo evitato per il momento una recessione post pandemia, le statistiche economiche sono confortanti, ma il sistema non riesce a produrre il famoso “benessere per tutti”, anzi si amplia la fascia di quello che in sintesi viene definito “lavoro povero”. La via per affrontare i problemi in campo è lo sventolio di bandierine contrapposte? 
Abbiamo urgente bisogno di adeguare il nostro sistema di istruzione sia sul versante della preparazione a capire un contesto che richiede competenze specifiche sia su quello, non meno fondamentale, della socializzazione alla convivenza solidale.
Il tema dell’abitare non è meno drammatico con scarsità di offerta a prezzi sostenibili, con necessità di sistemare un patrimonio abitativo che per una buona quota presenta problemi di ammodernamento e manutenzione. Vogliamo parlare del tema della pubblica amministrazione, statale, regionale o locale che sia, che ha presentato crepe anche notevoli sottoposta allo stress test della messa a terra del Pnrr?
A tutti i problemi in campo si può pensare di rispondere con la “manifestazione”, sia essa annuncio da parte di chi potrebbe forse decidere o agitazione da parte di chi preferisce ad un ruolo di confronto quello di profeti di sventura?
Non stiamo pensando ad un incontro irenico fra parti contrapposte, ad un velleitario affratellarsi che sarebbe anch’esso utopia, ma più semplicemente alla ripresa forte dei meccanismi costituzionali che un sistema democratico mette a nostra disposizione. 
C’è un quadro di poteri che possono interagire bilanciandosi, di sedi dove ci si può confrontare per trovare buone soluzioni senza pensare a quelle perfette che non appartengono a questo mondo, di agenzie sociali rappresentative di mondi del lavoro e della produzione e di mondi della riflessione e della ricerca.

Varrebbe la pena di quantomeno interrogarsi sul perché questo quadro si sia scolorito e questi meccanismi inceppati.

Si presta a nostro modestissimo avviso poca attenzione al fatto che con la rincorsa all’esibizione le forze politiche alla fine incappano sempre più spesso in sviste e in soluzioni che non reggono. 
È da rilevare che la situazione si è fatta troppo ricca di tensioni tanto sul piano interno quanto su quello internazionale per non invitare, vorremmo quasi dire per costringere, ad un diverso modo di gestire l’azione politica. Non è che non esista qualche segnale positivo, ma va incoraggiato di più e fatto sviluppare in modo adeguato.

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