Paolo Balduzzi
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Controlli dal basso/ La sfida Pnrr da vincere con l’aiuto degli elettori

di Paolo Balduzzi
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Venerdì 8 Ottobre 2021, 00:13

Parte il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Parte, finalmente, lo strumento destinato a cambiare il Paese. E parte, con grande saggezza, dalle città: dalla riqualificazione di centri storici e di periferie degradate, dal ridisegno della viabilità interna, dalla spinta alle nuove abitazioni e dalla rivitalizzazione di vecchi edifici pubblici. Sono questi i contenuti dei primi 159 progetti che il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha presentato ieri alla conferenza Stato-Regioni-città, opere in parte progettate da tempo ma che solo con i fondi europei del Recovery fund hanno finalmente trovato l’accelerazione necessaria a partire. 


E non si tratta di investimenti simbolici: sono infatti quasi tre i miliardi di euro destinati a queste misure. Certo, un conto è progettare; un altro è trovare le risorse; un altro ancora è completare i progetti. Se sui primi due punti possiamo al momento definirci tranquilli, è ancora sull’ultimo che rischiamo di andare in crisi. 
Il nostro Paese ci ha infatti abituato a grandi annunci seguiti da ben più modesti risultati. E se in passato lo Stato era responsabile esclusivamente di fronte ai propri elettori, che spesso hanno colpevolmente chiuso un occhio sulle sue mancanze, oggi lo è anche nei confronti degli altri Stati europei.
Alla Commissione europea, infatti, non bastano le promesse. I fondi previsti dal Recovery Plan e che finanziano il Pnrr saranno erogati a rate, a seconda della capacità dei vari Paesi di realizzare obiettivi intermedi, e poi verificati a consuntivo, sulla base di traguardi finali raggiunti. 


Si tratta di un procedimento squisitamente tecnico, cui certo Bruxelles non farà mancare un po’ di discrezionalità. Ma non possiamo sederci sugli allori di una rediviva reputazione politica; né possiamo solo affidarci alla buona volontà dei nostri funzionari e dirigenti più bravi. 
Alla realizzazione del Pnrr serve un metodo. Un metodo che ne preveda in particolare il monitoraggio e la valutazione. Sarebbe del resto una grande novità nel nostro ordinamento, dove “valutare” e “monitorare” sono attività poco diffuse; e, quando avvengono, sono mal sopportate. 
Ciò è vero, genericamente, per i lavoratori e i processi della pubblica amministrazione; ma è vero ancora di più, e in maniera emblematica, per l’attività di programmazione economica dello Stato, che ancora oggi, per esempio, non applica un vero e proprio processo di revisione della spesa integrato nel ciclo di bilancio. 
Alla luce delle procedure per il finanziamento dei Pnrr e, soprattutto, della sfida epocale che si prospetta nei prossimi mesi, risulta quindi fondamentale proprio dotarsi di strumenti di monitoraggio e valutazione dei progetti di investimento e delle politiche pubbliche, e che questi vengano applicati proprio a partire dalle proposte che verranno inserite nel Pnrr. 


Sulla carta, si tratta di una strategia già condivisa dal governo. Che infatti di commissioni, comitati, gruppi di lavoro e organi vari che si occuperanno di monitoraggio ne ha nominati tanti, forse troppi. Al solito, l’abbondanza in politica è sospetta. E il timore che certe commissioni servano più a fornire un po’ di reddito e prestigio ai loro componenti, invece che ad aumentare il benessere della società, è sempre vivo. 
È per questa ragione che, al di là delle comunque necessarie sedi ufficiali di monitoraggio e valutazione, i primi osservatori interessati dovrebbero essere proprio i cittadini, singoli oppure organizzati in associazioni e cosiddetti corpi intermedi. È l’elettorato, in altre parole, che deve impegnarsi e riprendersi, con responsabilità, quel ruolo di controllore del legislatore che, a volte, è mancato. È un ruolo necessario per il corretto funzionamento della democrazia e per garantire il necessario sviluppo economico. 


A maggior ragione quando, come nel caso dei 159 progetti, sono proprio i territori in cui i cittadini vivono e lavorano, e in cui le associazioni operano, che per primi si trasformeranno. Sono loro, cittadini e associazioni, i primi beneficiari; e, sempre loro, sono tristemente a volte anche le prime vittime. Hanno quindi tutto l’interesse, per sé e per la società intera, che gli investimenti non vengano sprecati. 
Questi soggetti sono quindi osservatori fortemente motivati, per ragioni pratiche così come per ragioni ideali. È solo questa nuova democrazia viva, diffusa, e attiva che potrà vigilare con maggiore efficacia sull’avanzamento di progetti e di investimenti; ed è solo la partecipazione dal basso che eviterà sprechi e corruzione. 
Il Pnrr non è una sfida tecnica da vincere negli uffici ministeriali.

Non è una sfida elettorale da vincere in Parlamento. È una sfida politica. E richiede l’apporto di ognuno di noi.

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