Ruben Razzante
Ruben Razzante

Nuove normative / Il (giusto) prezzo delle notizie sul web

di Ruben Razzante
4 Minuti di Lettura
Venerdì 13 Gennaio 2023, 00:18

L’anno appena concluso è stato ricco di eventi epocali, spesso drammatici, che sono stati raccontati dal mondo dell’informazione professionale con scrupolo ed equilibrio, nel primario interesse dell’opinione pubblica. La rilevanza sociale di quegli avvenimenti, nella stragrande maggioranza dei casi, è stata opportunamente valorizzata dal corretto esercizio del diritto-dovere di informare, nel rispetto dei principi di pluralismo e completezza della narrazione. Nel flusso costante di notizie di pubblica utilità un ruolo cruciale lo hanno avuto i media tradizionali, capaci di assicurare un prezioso mix tra cronaca e approfondimento, con un’attenzione speciale alla verifica delle fonti e al rispetto dei diritti dei protagonisti dei fatti.
Nell’ecosistema digitale questo patrimonio di professionalità e di puntuale osservanza delle norme deontologiche deve rimanere un valore da cui ripartire per potenziare i contenuti informativi preservando la centralità della persona. Per capitalizzare il tesoro di competenze dell’informazione professionale è indispensabile orientare in quella direzione anche il business dei colossi della Rete, che rimangono amplificatori preziosissimi del lavoro dei giornalisti e dei contenuti dei loro resoconti.
Il 2023 dovrà essere l’anno delle nuove responsabilità per i giganti del web, che da maggio saranno chiamati a rispettare il Digital services act (Dsa), il secondo pilastro del pacchetto regolatorio dell’Unione europea (insieme al Digital markets act - Dma) che mira a innovare le norme dell’economia digitale e obbliga le piattaforme on-line ad adottare misure per proteggere gli utenti da contenuti e beni illegali. In generale tutte le grandi aziende tecnologiche dovranno essere più trasparenti sulle loro attività e prevenire la diffusione della disinformazione e degli altri virus che contaminano lo spazio virtuale rendendolo più insicuro.
Dunque Google e gli altri giganti del web e dei social dovranno dimostrare di avere a cuore la valorizzazione di contenuti di qualità e di voler contribuire in maniera più incisiva alla rimozione di contenuti tossici e lesivi della dignità e degli altri diritti delle persone. Rimane invece ancora in un limbo il regime di tassazione di quei colossi, che sfruttano la possibilità di fatturare e pagare le tasse in luoghi nei quali la disciplina fiscale è più favorevole. Su questo versante sarebbe auspicabile un’iniezione di equità legislativa che coniughi libertà d’impresa e sovranità fiscale dei singoli Stati.
L’ambito in cui le sinergie tra Over the top (Ott) e imprese editoriali potranno dispiegare le maggiori potenzialità è quello dell’attuazione della disciplina in materia di copyright, introdotta dalla direttiva europea 2019/790 recepita in Italia con decreto legislativo 8 novembre 2021, n.177. C’è grande attesa per la versione definitiva del regolamento attuativo che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) sta per varare e che conterrà i parametri applicativi dell’equo compenso, vale a dire della determinazione delle somme che i big della Rete dovranno versare agli editori per l’utilizzo on-line dei contenuti giornalistici.
Il confronto tra gli attori della filiera di produzione e distribuzione di quei contenuti, anche attraverso il percorso istituzionale delle audizioni, è stato intenso e costruttivo e ha consentito di trovare una sintesi virtuosa tra chi quotidianamente assicura ai cittadini un’informazione professionale e chi contribuisce ad amplificarne la diffusione e ad ampliarne la fruizione in Rete.
Il traffico generato nello spazio virtuale dai click sugli articoli di una testata realizza un meccanismo a somma positiva che deve trovare adeguate compensazioni tra chi sostiene i costi di produzione (imprese editoriali) e chi beneficia, anche in termini di introiti pubblicitari, della distribuzione di resoconti giornalistici e approfondimenti (piattaforme web e social).
Il filo sottile che lega le diverse anime del mercato editoriale dev’essere quello della valorizzazione dell’informazione di qualità, a partire dal principio, intimamente meritocratico, della sua remunerazione. L’editoria professionale, quella alimentata dalla competenza e dalla coerenza deontologica dei giornalisti, va sostenuta anche economicamente perché assicura ai cittadini il sacrosanto diritto di ricevere un’informazione corretta e documentata. 
Chi sostiene il proprio business non producendo contenuti ma utilizzando quelli prodotti da chi per mestiere racconta e commenta la realtà deve contribuire con adeguate risorse finanziarie e in modo sistematico a questo circuito di condivisione.
Il pluralismo delle fonti informative nutre la democrazia e va difeso in quanto componente essenziale del patrimonio culturale del Paese, attraverso il convinto sostegno agli operatori dell’informazione, chiamati a difendere quotidianamente l’affidabilità e la credibilità del proprio lavoro da ogni rischio di sua svalutazione, oltre che dalle indebite ingerenze di altri poteri.


*Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano 
e alla Lumsa di Roma

© RIPRODUZIONE RISERVATA