Angelo De Mattia
​Angelo De Mattia

Il nodo migranti/ Un nuovo corso per salvare Tunisi dal default

di ​Angelo De Mattia
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Giovedì 30 Marzo 2023, 00:02

Per il Fondo monetario internazionale la concessione del progettato prestito alla Tunisia potrebbe essere un voltar pagina rispetto al comportamento tenuto in occasione della crisi finanziaria in Europa, in particolare nei riguardi della Grecia. Allora il Fondo, che con la partecipazione di 190 Paesi ha per finalità il concorso al contrasto degli squilibri nelle bilance dei pagamenti, era parte della famigerata Troika (insieme alla Commissione Ue e alla Bce) che, per concedere i necessari finanziamenti, impose misure di straordinaria durezza. 
Tanto da far ammettere, ma solo a consuntivo, all’allora presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, che si vergognava per quel che era stato fatto con le pesantissime conseguenze sulla vita della popolazione ellenica: una pagina nera che dovrebbe essere d’insegnamento. Nella Troika, pur essendo il Fondo parte attiva, l’allora direttrice generale Christine Lagarde non esitava dall’esterno a criticare la Bce, imputandole una linea di eccessivo rigore. Insomma, già allora al governo e all’opposizione.

La lunga storia del Fondo, per la verità, non suscita aspettative di sorti magnifiche e progressive, se solo si pensa, oltre a quel che è avvenuto in Europa, alle ricette fallimentari imposte in Paesi dell’America Latina, ricordando anche le famose “lettere d’intenti” inviate, come condizione per intervenire, ai governi italiani a partire dagli anni Settanta del secolo scorso che si sosteneva essere state in larga parte scritte dagli stessi governi per avere una copertura da parte del Fondo sulle scelte di politica economica. 

Prestigiosi economisti, a cominciare da Joseph Stiglitz, sono particolarmente critici nei confronti del Fmi. Una sua sostanziale riforma, per farne una sorta di banca centrale globale preposta al controllo della liquidità internazionale, come negli originari intenti di una parte dei promotori nel 1945 a seguito degli Accordi di Bretton Woods, viene da tempo prospettata, ma poi non se ne fa mai nulla.
Il prestito alla Tunisia di 1,9 miliardi di dollari per prevenire il dissesto economico e l’insolvenza nonché bloccare la crisi di liquidità, pur essendo stato promesso dallo stesso Fmi, ora è stato congelato per dubbi sull’osservanza delle condizioni del finanziamento e per commenti che la Banca mondiale, che pure potrebbe intervenire, ha giudicato “razzisti”. 
Intanto nel Paese si diffonde la corruzione e aumenta il numero di coloro che sono in procinto di emigrare, al punto che diverse centinaia di migliaia di tunisini potrebbero imboccare a breve la via del mare anche con mezzi insicuri per raggiungere soprattutto le coste italiane.

Sicché alla necessità di contrastare la crisi economica ora si aggiunge l’esigenza di cooperare con l’Unione per evitare flussi di migrazioni che renderebbero difficile l’accoglienza. Detta in sintesi, non è teorico il rischio di destabilizzazione economica, sociale e pure politica, dell’intera area. 

Poste le irrinunciabili garanzie da parte del governo tunisino sui diritti umani e sull’anti-corruzione, nonché sui rapporti con il sindacato, le condizioni per l’intervento del Fmi debbono ispirarsi a flessibilità: sarebbe una forzatura calare integralmente in quella realtà la classica ricetta austera che, come si è detto, finora è stata tutt’altro che segnata da successi. Ma bisogna comunque agire d’urgenza e soprattutto deve partecipare all’iniziativa anche l’altro componente della Troika, ovvero la Commissione europea, che oltre a un suo diretto apporto finanziario dovrebbe concorrere ad assicurare sul rispetto da parte di Tunisi delle condizioni e dei controlli da ispirare, come si è detto, a ragionevolezza, adeguatezza e a flessibilità.

E’ fuori luogo pretendere un cambio radicale in breve tempo, ma è doveroso pretendere impegni e riscontri concreti di un nuovo percorso, innanzitutto nel campo economico e sociale. E ciò è anche un passaggio per cominciare a saggiare la rispondenza di Paesi come la Tunisia a un Piano per questa parte dell’area mediterranea che è cruciale per molte ragioni.

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