Alessandro Campi
Alessandro Campi

Oltre il voto/La “questione sociale” che Macron deve azzerare

Oltre il voto/La “questione sociale” che Macron deve azzerare
di Alessandro Campi
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Martedì 26 Aprile 2022, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 21:33

Passata la grande paura per l’estrema destra all’Eliseo, in gran parte enfatizzata dai media secondo un copione consolidato ma efficace («attenti al lupo populista»), viene ora per Macron la parte più difficile.
Confermato nel ruolo di presidente, il primo rieletto dai tempi di Chirac, deve ora cercare di garantirsi una maggioranza sufficientemente omogenea all’Assemblea nazionale (con le legislative del prossimo giugno). Deve soprattutto convincere i francesi che ha deluso o ai quali non è mai piaciuto.


Macron non ha dietro di sé un partito strutturato e radicato. Il suo “En Marche” è nato come un movimento d’opinione, con una forte impronta personalistica, con una base socio-culturale trasversale e sin troppo eterogenea, e tale sostanzialmente è rimasto. Nel 2017 ha potuto sfruttare l’effetto novità: l’uomo nuovo contro i partiti tradizionali travolti dagli scandali e dalle faide interne.
Stavolta dovrà vedersela con le disillusioni di molti elettori e con due formazioni – il Rassemblement national di Marine Le Pen e La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon – che hanno una base militante e attivistica molto motivata e molto presente nel Paese e che, soprattutto, sono in cerca di una clamorosa rivincita. 


Entrambi i partiti, infatti, non a caso parlano delle prossime legislative come di un “terzo turno” delle presidenziali. Vogliono azzoppare Macron e condizionarne l’azione di governo. La Le Pen cercherà di federare la destra: da quella radicale che alle presidenziali ha votato Zemmour ai gollisti di tendenza sociale e conservatrice che non vogliono limitarsi a fare da stampella al presidente rieletto. Mélenchon cercherà a sua volta di riunire intorno a sé e al suo partito un vasto fronte di sinistra: dai comunisti agli ambientalisti a quel che rimane del mondo socialista.
Dinnanzi a questa sfida quali forze Macron riuscirà a raccogliere intorno a sé oltre quelle che lo hanno già sostenuto nella corsa per l’Eliseo? Per vincere non si può sempre fare appello allo spirito repubblicano o all’unione delle forze contro i barbari alle porte. Serve una proposta politica forte. La sua visione del futuro della nazione – una Francia ecologista, come l’ha definita – è davvero poca cosa.

Capiremo insomma a fine giugno qual è la sua forza politica reale. Dentro i confini della Francia e di conseguenza in Europa. 


Resta in ogni il caso il problema di un cambio drastico delle sue politiche rispetto al precedente quinquennio. Le tensioni sociali che hanno squassato la Francia negli ultimi anni sono state congelate – prima dalla pandemia, ora dalla guerra – ma sono pronte a riesplodere. Franco-francesi contro francesi di prima e seconda immigrazione. Francia urbana contro Francia rurale. Francia laica contro Francia cattolica. Francia europeista contro Francia nazionalista. Sono molte le linee di divisione e scontro che Macron dovrà cercare di ricomporre. 
Aggiungiamoci il divario, che anche in Francia si è fatto molto forte, tra élite e popolo: le prime (da quelle economiche a quelle culturali) rappresentate proprio da Macron, il secondo un monopolio propagandistico dei suoi avversari. Un divario che però non è un’invenzione dei populisti, che si sono limitati a cavalcarlo e a sfruttarlo, ma un problema reale di tutte le grandi democrazie e che si traduce, fuori da ogni retorica, nel fatto che porzioni sempre più grandi di cittadini si sentono sempre più esclusi dai processi decisionali che li riguardano. Senza contare il crescere, anche nelle nazioni un tempo opulente, del disagio economico, della povertà, delle ineguaglianze e della marginalità sociale. 


Lo stesso Macron ha riconosciuto che la rabbia contro di lui di molti francesi – compresi quelli che lo hanno votato solo per sbarrare la strada alla destra estrema – ha un fondamento. Esiste dunque una “questione sociale” che con la pandemia e ora con gli effetti economici recessivi prodotti dalla guerra rischia di aggravarsi. I partiti tradizionali (dai socialisti ai gollisti) l’hanno elusa per anni e non a caso sono stati spazzati via. I populisti (di destra e di sinistra) se la sono intestata ottenendo grandi consensi ma senza offrire ricette politiche credibili per risolverla. 
Cosa farà ora Macron? «Nessuno sarà lasciato indietro»: sono le parole che ha pronunciato a caldo dopo la vittoria. Un impegno programmatico per dare una direzione nuova alla sua presidenza o un banale espediente oratorio?

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