Michel Martone
Michel Martone

Verso il voto/Il lavoro agile che i partiti hanno ignorato

di Michel Martone
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Domenica 18 Settembre 2022, 00:05

Purtroppo, ad una settimana dal voto, è facile constatare come nel corso di questa strana campagna elettorale si sia parlato molto di salari ma molto meno della qualità e del senso del lavoro di domani, come se non si fosse appena conclusa una pandemia che ha radicalmente minato le antiche certezze inducendo milioni di persone a mettere in discussione il proprio modo di lavorare. Come dimostra il fenomeno della cosiddetto great resignation ovvero le grandi dimissioni di massa che svelano il malessere una generazione che, perso di vista il futuro, non trova più senso nell’impegno presente per un lavoro troppo spesso a termine e malpagato. Le statistiche, nazionali ed internazionali, non lasciano dubbi.

Secondo le rilevazioni del Us Bureau of Labor Statistics solo nel giugno 2022 circa 4 milioni di persone negli Stati Uniti hanno lasciato il lavoro, mentre in Italia, secondo i dati appena pubblicati dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps, solo nei primi 6 mesi del 2022 oltre un milione di lavoratori ha lasciato la propria occupazione per dedicarsi a qualcosa di diverso: alla creazione di una start-up, a un’attività di consulenza, alla ricerca di un’occupazione che consenta di lavorare da remoto, insomma ad un cambio di lavoro che porti anche ad un cambio di vita, magari per ripopolare i borghi o tornare nel mezzogiorno dove il costo della vita è più sostenibile.


Segno che il problema oggi non è più solo la precarietà o la scarsità delle retribuzioni, ma il senso stesso del lavoro ed il suo rapporto con la vita privata, perché tanti lavoratori hanno capito che, se non si può costruire un futuro degno di questo nome, non ha senso invecchiare facendo lavori ripetitivi che ben presto potranno essere svolti dai robot. Si tratta di un fenomeno ampio, variegato e dalle molteplici cause che mostra come dopo la pandemia un numero crescente di persone che ha imparato a rispondere dei propri risultati non voglia più prestare la propria attività secondo le impersonali modalità del lavoro novecentesco e ora si interroghi sul senso di una vita al lavoro.


Domande difficili che riguardano tutti noi e avrebbero potuto animare la campagna elettorale, ma che invece sono state eluse da tutte le forze politiche, che non hanno avuto il coraggio di prendere posizione neanche su un tema attuale come quello dello smart working mentre nelle case come sui luoghi di lavoro sempre più persone si chiedono quali caratteristiche debba assumere il nuovo modello di lavoro ibrido post pandemico, quanti giorni si dovranno passare in presenza e quanti si potranno trascorrere a casa, quale sia l’effettiva portata del diritto alla disconnessione, se si abbia diritto ad un contributo per le maggiori spese dovute alla crisi energetica, quale sia la portata del potere di controllo del datore di lavoro, quali siano le possibili misure di contrasto al disagio psicologico di chi lavora isolato, come sia possibile recuperare la socialità anche in un modello di lavoro a distanza, come sia possibile evitare che lo smart working si traduca in una nuova forma di discriminazione di genere e quali misure adottare per evitare un calo della produttività.

Se è infatti evidente che il lavoro da remoto non può essere la panacea di tutti i mali e che in molti casi, terminata la pandemia, è ormai necessario tornare a lavorare in presenza, è altrettanto evidente che in molti altri casi è possibile adottare un nuovo modello di lavoro ibrido che può rappresentare un’efficace risposta per quanti sono pronti ad abbandonare il lavoro.


In altri termini si poteva e si può essere favorevoli o contrari a queste nuove forme di lavoro ibrido, ma sarebbe stato importante discuterne in questi mesi di campagna elettorale, perché i tanti lavoratori che hanno imparato ad usare le nuove tecnologie e a lavorare da remoto non capiscono più perché sia necessario passare tanto tempo in mezzo al traffico per tornare a trascorrere otto ore sui luoghi di lavoro sotto l’occhiuto controllo del superiore gerarchico quando gli stessi risultati si possono rendere da casa prendendosi cura della propria famiglia, risparmiando sui costi della benzina e senza inquinare l’ambiente.

Probabilmente, parlandone nei dibattiti politici, non si sarebbero trovate le risposte, perché si tratta di problemi dalla portata epocale, ma almeno si sarebbe dato un miglior contributo all’affluenza alle urne, perché con questi problemi ci confrontiamo ogni giorno.

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